Non giocare a nascondino! 5ª Domenica del Tempo Ordinario (A)

giovare a nascondino

Sembra che molti cristiani giochino a nascondersi: si vergognano di dire apertamente ciò che sono. Dobbiamo essere luce e sale perché tutti glorifichino Dio

Letture: Is 58,7-10; Sal 111 (112); 1Cor 2,1-5; Mt 5,13-16

La Liturgia domenica scorsa ci ha fatto celebrare la Festa della Presentazione del Signore, e quindi non abbiamo ascoltato l’inizio del Discorso della Montagna, con la splendida pagina delle Beatitudini.

Il brano evangelico di oggi ne è la prosecuzione lineare.

Dobbiamo quindi intendere le affermazioni di Gesù «Voi siete il sale della terra… Voi siete la luce del mondo» come il seguito e il “completamento” delle Beatitudini stesse.

La fede… nella Privacy

«Non si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro».

Sembra l’affermazione più ovvia e scontata di questa terra! Ma se Gesù l’ha detta significa che il rischio c’è, ed è concreto.

Forse non ci sarà nessuno che accenda una candela e vi metta sopra un vaso, ma qualcuno che – destinato ad illuminare col suo esempio – invece, si nasconda, quello sì.

È il caso dei cristiani di oggi (o della maggior parte).

Siamo nell’epoca della Privacy, e così anche (e soprattutto) le scelte e gli orientamenti religiosi sono coperti dalla tutela di segretezza. È giusto, a livello civile… ma per la coscienza di un credente?

Ai cristiani di oggi piace essere credenti “in incognito”, vivere la fede come un fatto personale e privato, staccato da tutto il resto, «qualcosa che riguarda solo me e Dio»…

E magari pensano di trovare una scusa nel vangelo stesso, nel brano che ascolteremo il Mercoledì delle Ceneri (tratto anch’esso dal Discorso della Montagna), che invita a fare ogni cosa nel segreto, senza farsi vedere da nessuno.

Di nascosto o alla luce del sole?

I due brani non si contraddicono, anzi: si completano.

Gesù ha insegnato a praticare preghiera, digiuno ed elemosina senza suonare la grancassa davanti a sé per farsi notare, ma nel segreto, per entrare in rapporto con Dio, nell’intimità del proprio cuore.

Ma prima – ed è il brano di oggi – ci ha chiesto di comportarci orgogliosamente da figli di Dio, così da farLo conoscere e glorificare da tutti, anche solo con la nostra presenza gioiosa nel mondo.

Ci chiede di essere luminosi e saporiti.

Una candela è qualcosa di molto umile, nella sua utilità: non è un faro da studio televisivo, che illumina le facce in modo così aggressivo che i presentatori devono coprirsi di cerume e varie creme per proteggere la pelle e nascondere le imperfezioni (che apparirebbero impietosamente).

Una candela, anche piccola, insicura e tremolante, illumina gentilmente l’ambiente e le persone. La sua luce non acceca, ma accarezza… non è forse «a lume di candela» che si consumano le cene più intime e romantiche?

E così il sale, usato con moderazione (l’arte culinaria parla sempre di «un pizzico di sale» – appunto), è invisibile ma essenziale per rendere tutto saporito, anche i dolci!

Essere, prima ancora di fare

Secondo fonti non certe (ma che riassumono bene lo stile francescano) San Francesco raccomandava ai suoi frati: «annunciate il vangelo: se è necessario, anche con le parole».

Ovvero: prima di tutto occorre vivere con la consapevolezza e la gioia di essere figli di Dio, come una lampada che sa di esistere per illuminare; come il sale che sa di esserci per insaporire. Le parole, i discorsi, le teorie, vengono solo dopo, e solo se servono.

Prima ancora di fare e operare (e senz’altro, prima di dire) il cristiano “è”.

Gesù non dice «dovete essere la luce… dovete essere il sale», ma «voi siete il sale… voi siete la luce». È Lui che ci ha resi così, perché è solo Lui «la Luce del mondo» (cfr Gv 8,12 e Gv 9,5).

Il cristiano vergognoso

Ma allora perché il cristiano di oggi si nasconde? Perché ha vergogna di mostrare la sua fede, il suo essere figlio di Dio?

Da piccolo, quando opponevo un rifiuto al fare qualcosa con l’obiezione “mi vergogno”, mia madre mi ammoniva dicendomi che «bisogna avere vergogna solo a fare del male!»

Credo che la spiegazione sia molto semplice: anche il cristiano moderno è ammalato delle stesse patologie dell’uomo contemporaneo: ha vizi privati e pubbliche virtù. Mostra agli altri solo ciò di cui si vanta (anche se magari non è sincero, o finge, per apparire diverso) e tiene nascosto ciò in cui teme di poter essere accusato di incoerenza.

Piuttosto che sentirsi dire «voi cristiani siete peggio degli altri, perché fate il contrario di quello che predicate», preferisce nascondersi e far finta di niente, come un agnostico, che non crede in nulla… nemmeno nei valori umani.

È più facile no? «Vivi e lascia vivere» si dice. Si rinuncia persino ai valori tradizionali nei quali si è cresciuti, pur di non dover fare la fatica di essere coerenti con quanto si afferma.

Il rischio di essere inutili

Ma un cristiano che si vergogna di esserlo è inutile. Forse anche dannoso.

Una lampada spenta o nascosta sotto un vaso è una presa in giro. Una manciata di sale che ha perso il suo potere di insaporire non solo non serve a nulla, ma merita la protesta, merita di «essere gettato via e calpestato dalla gente».

Quante volte sentiamo critiche rivolte ai cristiani, ai preti… A volte sono luoghi comuni, usati banalmente per giustificare la propria negligenza nel rapporto con Dio. Ma altre volte no. Rivelano la rabbia e la disillusione di tanta gente che cerca testimoni veri e invece trova solo marionette e controfigure, o – peggio – cristiani stanchi e tristi.

Per una persona che non crede o è alla ricerca della verità, uno tra i primi “segni” della presenza di Dio è la vita gioiosa e sincera di chi crede.

La conversione necessaria

Essere e vivere da cristiani è impegnativo, certo, ma è stupendo!

«Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».

Non si tratta di cercare visibilità ma l’identità, l’autenticità. La candela non si preoccupa anzitutto di illuminare: semplicemente brucia, e bruciando – consumandosi – illumina.

La prima “opera” da mostrare agli uomini perché rendano gloria a Dio è renderci conto di chi siamo, di ciò che Dio ha fatto di noi: figli suoi, di cui va fiero. Ed esserne fieri noi stessi, facendo ogni cosa «ad maiorem Dei gloriam»: «per la maggior gloria di Dio», come insegnava Sant’Ignazio di Loyola.