Non per timore, ma per amore

Per amore, non per timore
Commento alle letture di giovedì 7 luglio 2022

Letture: Os 11,1-4.8-9; Sal 79 (80); Mt 10,7-15

Leggendo i testi che la Liturgia ci dona in questa giornata, mi è venuta in mente subito una giaculatoria del mio caro san Filippo Neri:

«Fammi la grazia, Gesù mio, perché non abbia da amarti per timore, ma per amore!»

E anche il motto episcopale del mio caro e compianto vescovo Roberto Amadei (tratto dalla Regola di san Benedetto):

Plus amari, quam timeri («Meglio essere amato che temuto»).

Catene d’Amore

Queste reminiscenze mi sono state suscitate da tutto il tenore della prima lettura (dove il profeta Osea dà voce ai sentimenti più profondi del cuore di Dio), ma in particolare da questi versetti:

«li traevo con legami di bontà,
con vincoli d’amore…»

Il Signore non ci lega a Sé con la forza, con la prepotenza, col timore (o – peggio – il terrore) di Lui, ma con legami di bontà, e “catene d’Amore”: sono teneri “lacci” invisibili, che si possono allentare subito se non vogliamo lasciarci amare.

Non vuole che Lo ascoltiamo e che rispettiamo le Sue Leggi per paura della Sua punizione, ma perché ci sentiamo attirare da tutta l’intensità e la dolcezza del Suo Amore per noi.

L’Amore rende liberi

L’Amore di Dio non è una catena, non costringe, perché è vero Amore.

Non ha nulla a che fare con quel “sentimento” malato che chiamiamo “amore” ma che purtroppo sparge notizie di cronaca nera tutti i giorni nel nostri TG (femminicidi originati dal non saper accettare una separazione o la non corrispondenza dell’amore da parte del partner).

L’Amore, se è veramente tale, rende liberi, come cantava Sting:

If you love somebody set them free («se ami qualcuno rendilo libero»)

Dio ci ama con amore di madre

Proprio come accade per un bambino, che si “innamora” della sua mamma e la “divinizza” solo ed esclusivamente a motivo di tutto l’affetto, l’amore e la dolcezza che riceve da lei fin dal primo istante della sua vita:

«Quando Israele era fanciullo,
io l’ho amato
ero per loro
come chi solleva un bimbo alla sua guancia,
mi chinavo su di lui
per dargli da mangiare»
.

Dio ci guida come un padre

Oltre alle immagini dell’amore materno, ci sono anche quelle della figura paterna, che dona sicurezza, insegnando con pazienza al figlio a “muovere i primi passi” nella grande avventura della vita:

«A Èfraim io insegnavo a camminare
tenendolo per mano»
.

Commosso “fino all’osso”

Tutti questi atteggiamenti di amore e di cura sono l’espressione plastica di un Amore infinito che viene da dentro e «contorce le viscere più profonde» del cuore di Dio:

«Il mio cuore si commuove dentro di me,
il mio intimo freme di compassione»
.

Le «viscere che si contorcono» sono un’immagine frequente non solo nell’Antico Testamento, ma anche nei vangeli per descrivere la compassione di Gesù.

È anche l’espressione più forte usata dal Signore per tratteggiare il volto e il cuore del Padre celeste, che contempleremo anche la prossima domenica ascoltando la parabola del buon Samaritano.

Dio non rimane indifferente, perché freme di compassione per i Suoi figli.

La grande differenza

Quanto dobbiamo convertire l’immagine di Dio che portiamo nel cuore!

Il nostro è sempre un “dio antropomorfo”, ovvero: un uomo dotato di superpoteri, immortale, invincibile, onnipotente, onnisciente, ma soprattutto… prepotente, cattivo e vendicativo.

Gesù ha dedicato tutto il Suo ministero pubblico e la Sua predicazione a cercare di disarcionare questa falsa immagine di Dio che ci portiamo dentro.

Ci servano e ci aiutino anche le splendide parole con le quali chiude il brano di Osea ascoltato oggi:

«Non darò sfogo all’ardore della mia ira,
non tornerò a distruggere Èfraim,
perché sono Dio e non uomo;
sono il Santo in mezzo a te
e non verrò da te nella mia ira»
.

«Sono Dio, e non uomo»: attacchiamole alla testiera del nostro letto queste parole, così che ce ne ricordiamo ogni giorno, appena alzati!

Amore gratuito

È solo quando si è compreso l’Amore infinito di Dio che si può diventare apostoli e andare in missione secondo lo stile indicato da Gesù (che sentivamo nel vangelo di domenica scorsa e sentiamo nel vangelo di oggi secondo la versione di Matteo):

«Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché chi lavora ha diritto al suo nutrimento».

Si fa il bene per amore del bene e non per obbligo (o – peggio – con fini di guadagno), perché così siamo stati amati da Dio: gratis!

Cos’è il vero timore di Dio?

Abbiamo imparato fin da piccoli che la paura di Dio non ci salva. Parlando del Sacramento della Riconciliazione, il Catechismo insegna – infatti – che l’attrizione

nasce dalla considerazione della bruttura del peccato o dal timore della dannazione eterna e delle altre pene la cui minaccia incombe sul peccatore (contrizione da timore);

e – per quanto la coscienza venga scossa, e possa aver inizio un’evoluzione interiore – essa

sarà portata a compimento, sotto l’azione della grazia, dall’assoluzione sacramentale. Da sola, tuttavia, la contrizione imperfetta non ottiene il perdono dei peccati gravi, ma dispone a riceverlo nel sacramento della Penitenza.

(Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1453)

La paura della dannazione eterna, della punizione divina, non salva nessuno: è solo il vero timore di Dio che ci salva.

Il Santo Timor di Dio (che è uno dei Sette Doni dello Spirito Santo) non è la paura o il terrore di Dio, ma il sentimento che nasce dal rispetto, dall’accoglienza di qualcosa di grande.

È come quando un papà prende tra le braccia il figlio appena nato e ha paura di non saperlo tenere, di fargli male…

Di cosa dobbiamo aver paura?

È come quando un figlio ha paura di deludere il padre che lo sta guardando fare per la prima volta qualcosa di difficile che gli ha insegnato lui.

Dobbiamo aver paura solo di non riuscire a corrispondere all’amore immenso di Dio per noi: come quando un bambino combina una marachella e – dopo la sgridata dei genitori – soffre in cuor suo pensando: «adesso mamma e papà non mi vorranno più bene!»

Se di qualcosa si deve aver timore è di non assomigliare abbastanza a Gesù e al Suo modo di compiacere Dio Padre, tanto da essere una cosa sola con Lui.