Non sapevano, ma si sono fidati

Non sapevano, ma si sono fidati
Omelia per lunedì 8 luglio 2024

Il papà della bambina e l’emorroissa non sapevano se Gesù li avrebbe esauditi, ma si fidarono ciecamente di Lui. Questa è la fede da imparare.

Letture: Os 2,16-18.21-22; Sal 144 (145); Mt 9,18-26

Ho già commentato abbondantemente due anni fa il brano stupendo del profeta Osea che il Lezionario ci propone come Prima Lettura… ma è una di quelle pagine che vale sempre la pena di meditare (perciò cliccate qui e andate a rileggerla).

Oggi dico due parole sul brano di vangelo.

Ancora una sinossi

Ancora una volta, come qualche giorno fa, ci è proposta una pagina di Matteo che abbiamo ascoltato e meditato recentemente nella versione di Marco.

E, anche oggi, come l’altro giorno, vi invito a mettere una a fianco all’altra le due pagine per confrontarle, perché è un vero arricchimento anche solo notare le differenze e cogliere il valore delle differenti sfumature.

Un particolare non di poco conto

Al di là della lunghezza piuttosto differente (Marco dedica 23 versetti, a differenza di Matteo che “liquida” tutto in soli 9 versetti), c’è un particolare evidente che salta subito all’occhio:

  • in Marco, il capo della sinagoga (Giàiro) si rivolge a Gesù perché la figlia dodicenne è in fin di vita, e solo verso la fine viene avvertito che è ormai morta, e non c’è più nulla da fare (cfr Mc 5,22-23.35);
  • nella versione di Matteo che ascoltiamo oggi, invece, la bambina è appena morta quando suo padre interpella Gesù (cfr Mt 9,18).

È un particolare degno di nota, direi, perché – come dicevo nell’omelia del 30 giugno scorso – se davanti a una malattia c’è la speranza (anche solo remota) di poter guarire, com’è possibile continuare ad aver fede dopo che la morte ha posto il sigillo e la parola “fine” su ogni cosa?

Attenti ai dettagli

Vedete? Non possiamo fermarci ad un confronto formale ed esteriore, magari rimproverando Matteo di aver redatto la pagina originale di Marco in modo troppo sintetico, a mo’ di “bigino“.

Matteo introduce una variazione enorme, perché quel papà, nella sua versione, ha una fede gigantesca, tanto da essere sicuro che Gesù potrà riportare in vita sua figlia:

«Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano su di lei ed ella vivrà».

L’altra differenza (piuttosto evidente) tra i racconti dei due evangelisti è che

  • in Marco l’emorroissa viene guarita in due fasi successive (in un primo momento, appena toccato il mantello di Gesù, viene guarita fisicamente, mentre – dopo che si è gettata ai piedi di Gesù per dirgli tutta la verità – viene salvata, integralmente);
  • in Matteo, invece, al tocco del mantello non avviene nulla (all’apparenza, anche se Gesù si accorge di lei), e la guarigione integrale (fisica e spirituale) avviene in un unico momento, alle parole di Gesù («Coraggio, figlia, la tua fede ti ha salvata»).

Una fede da imitare

Finita la parte di studio dei testi, volevo invitarvi, ancora una volta (ancor di più di quanto ho fatto nell’omelia del 30 giugno scorso), a prendere queste due persone come esempio di grande fede, da imitare e seguire.

Una fede ancor più eclatante nella versione di Matteo, che ci presenta un papà capace di credere convintamente nella risurrezione, e in Gesù come Signore della vita.

Non leggiamo in modo distratto questa pagina…

Non sapevano, eppure…

Il fatto è che noi spesso, sapendo già come andrà a finire, non consideriamo il fatto che, invece, il papà della bambina non sapeva se Gesù l’avrebbe esaudito, e così l’emorroissa non sapeva come sarebbe andata…

Non sapevano, non avevano la certezza che sarebbero stati esauditi nelle loro richieste. Nonostante ciò, si fidavano ciecamente di Gesù, a prescindere:

«imponi la tua mano su di lei ed ella vivrà».


«Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò salvata».

Quando la nostra fede sarà così, capace di credere a priori, pur non sapendo assolutamente come andrà a finire, saremo sulla buona strada.