Non tramare contro il tuo prossimo
Omelia per lunedì 23 settembre 2024
La Parola di Dio ci insegna a rispettare il prossimo, chiedendoci di immedesimarci in lui, ma soprattutto di sapervi riconoscere Cristo stesso.
Letture: Pr 3,27-34; Sal 14 (15); Lc 8,16-18
Dopo averci fatto leggere quasi tutta la Prima Lettera di san Paolo ai Corinzi, da questa settimana, come Prima Lettura, il Lezionario ci propone alcuni testi tratti dai Libri Sapienziali.
Solo qualche assaggio
Da oggi fino a mercoledì ascolteremo tre brani scelti dal Libro dei Proverbi: essendo solo tre piccoli “assaggi” tolti da un Libro di ben 31 capitoli, non possiamo porci l’obiettivo della lettura integrale, nemmeno se vi facessi io tutte le introduzioni e i riassunti delle parti mancanti.
Accontentiamoci, perciò, di questi tre piccoli “bocconi” che ci dona la Liturgia.
Chi è il mio prossimo?
Oggi, gran parte del brano è centrata sul rispetto del prossimo.
Nella cultura ebraica che si rifà alla Torah il “prossimo” era solo il compagno, l’amico, il commensale, cioè un uomo appartenente al popolo ebraico (erano quindi esclusi tutti gli stranieri) con il quale si avevano precise relazioni.1
Lo si capisce bene dalle parole di Gesù nel Discorso della Montagna:
Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico… (Mt 5,43)
Nel Libro dei Proverbi, però, questa prospettiva inizia ad allargarsi verso un significato più ampio, intendendo il “prossimo” come «l’altro» in senso generale.2 È il primo passo verso l’allargamento del comando dell’amore, che culminerà nel precetto evangelico dell’amore per i nemici:
«Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano» (cfr Mt 5,43-45).
In ogni caso, dobbiamo pur sempre ricordare che noi leggiamo l’Antico Testamento da cristiani e, dunque, in una prospettiva evangelica: siamo noi a doverci fare prossimo di ogni uomo! (cfr Lc 10,25-37)
Identificarsi con l’altro
Le raccomandazioni dell’autore di questo testo sono dettate da buon senso e spirito di benevolenza, ma questi buoni sentimenti da soli non bastano: non è possibile comportarsi sempre così se non seguendo l’insegnamento di Gesù che – trasformando in positivo la regola d’oro antica – ci chiede di immedesimarci nel nostro prossimo:
«Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti» (Mt 7,12).
Nell’uomo, istintivamente, prevale sempre la ricerca del proprio interesse, l’anteporre il proprio bene a quello altrui. Così, dobbiamo ammettere di essere piuttosto tremendi nel tramare contro gli altri, e nel far passare la cosa come furbizia e scaltrezza anziché una cattiveria bella e buona.
Ma se ci mettiamo nell’ottica di Gesù, ci rendiamo subito conto che nessuno di noi desidera essere trattato male, e nemmeno esser fatto passare per fesso!
Non invidiare
Gli ultimi versetti sono un invito a non invidiare chi, invece, pur comportandosi da empio col suo prossimo, sembra andare a gonfie vele.
L’autore invita i suoi contemporanei a scardinare l’idea della retribuzione diretta e puntuale (che – in modo del tutto semplicistico – identificava ricchezze, felicità e lunga vita come segno della benedizione di Dio e – al contrario – le sventure come una maledizione).
È un invito forte anche per noi, che spesso ripetiamo
«a cosa serve essere buoni se – alla fine – gli unici che campano bene sono i prepotenti?»
Fidiamoci del Signore
La Parola di Dio ci rassicura che il Signore ha in orrore il perverso e la maledizione del Signore è sulla casa del malvagio, che dei beffardi egli si fa beffe e agli umili concede la sua benevolenza: questo anche se tale giudizio non si rivela nel tempo attuale, ma sarà chiaro e definitivo alla fine dei tempi.
Fidiamoci del Signore e confidiamo nella Sua Parola, continuando a fare il bene perché è bene e ad amare il prossimo perché in lui si “nasconde” Cristo stesso (cfr Mt 25,40).