Parole di vita. 21ª Domenica del Tempo Ordinario (B)
Omelia per domenica 25 agosto 2024
Le parole di Gesù sono spirito e vita, sono parole di Vita Eterna: non le compendiamo fino in fondo, ma non possiamo vivere senza. Accogliamole!
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Letture: Gs 24,1-2.15-17.18; Sal 33 (34); Ef 5,21-32; Gv 6,60-69
Eccoci alla resa dei conti, assieme ai Dodici; dopo la catechesi eucaristica di Gesù che ci ha impegnati per alcune settimane, siamo chiamati a prendere posizione:
«Volete andarvene anche voi?»
Credere è decidere
Come dicevo nella riflessione di tre anni fa, credere non è semplicemente un fatto mentale: la fede è una decisione da cui dipende l’esito della nostra vita; e non possiamo aspettare di capire tutto prima di deciderci a credere, anzi, come scrive don Dino Pirri,
è quando non sei più sicuro di niente che puoi finalmente cominciare a credere.1
Beninteso, la fede non è un atto irrazionale, un salto nel buio, ma l’intuizione del cuore che ti fa dire, come Pietro:
«Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna… tu sei il Santo di Dio».
Parole dure
La folla che aveva mangiato i pani aveva frainteso, pensando che con Gesù si stesse bene, a posto, per tutta la vita; ma il Maestro aveva messo subito le cose in chiaro: chi sta con Lui ha qualcosa di ben più importante a cui pensare oltre allo stomaco pieno: la Vita Eterna!
Ammettiamolo: ogni essere umano (a meno che non sia del tutto materialista) viene incuriosito e attratto da una promessa di vita che non ha fine; così, la gente che cercava Gesù si informa, chiede: «che cosa dobbiamo fare?» (cfr Gv 6,28)
Ma qui viene il difficile: non si tratta di fare qualcosa, di osservare comandamenti, comportamenti, riti, di recitare formule più o meno “magiche”… si tratta di «credere in Colui che Dio ha mandato» (cfr Gv 6,29), di accogliere tutte le Sue parole come Parole di Vita, comprese quelle che non ci aspettiamo e non riusciamo a capire.
Comprese queste, dure, durissime:
«se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita».
Accogliere, non capire
Sono parole che, per quanto abbiamo tentato di capire nella riflessione di domenica scorsa, non comprenderemo mai fino in fondo; perciò Gesù ci chiede di fidarci di Lui, di credere che ciò che ci dice è per il nostro bene, per la nostra vita.
È come quando il dottore ci prescrive una medicina: non possiamo stare a questionare per capire cosa c’è dentro, e chi l’ha inventata: dobbiamo fidarci di chi ha impiegato una vita intera a studiare rimedi per la nostra salute e seguire le sue indicazioni, docilmente.
Tra l’altro, anche la fiducia con cui assumo un farmaco o seguo una terapia complessa contribuisce non poco alla guarigione: se non ho fiducia nella cura che mi è stata consegnata e in chi me l’ha prescritta, la guarigione è molto più difficoltosa, o addirittura impossibile.
Andare con Gesù
Perciò, la decisione che siamo chiamati a prendere, oggi e ogni giorno del nostro cammino di fede, è se andare con Gesù, seguire i Suoi passi, oppure tornare indietro, come fecero allora molti dei Suoi discepoli, e come fanno in tanti, da duemila anni a questa parte.
Ma fidarci di Gesù, andare con Lui, significa mangiare la Sua carne e bere il Suo sangue, ovvero, come dicevo domenica scorsa,
diventare un tutt’uno con Lui… vivere da uomini come Lui ha vissuto da uomo… incarnarci con Lui e come Lui nella vicinanza agli ultimi…
In una parola: seguirlo fin sulla Croce, nel dono totale di sé, vivere con Cristo, per Cristo e in Cristo, perché
«Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà» (Mt 10,39).
Parole di vita o di morte
Sono parole durissime, esigenti, ma – come un farmaco amaro da mettere in bocca – sono parole di vita.
Quello che fa più tristezza ai nostri giorni, anche tra i “cristiani”, è constatare come ci si fidi di chiunque, del primo che parla in TV o sui social, di come tanti si siano rovinati la vita (o addirittura ammazzati) seguendo consigli di influencer vari, ma ci si rifiuti di credere in Gesù.
È proprio valido anche per noi il triste rimprovero che il Maestro faceva ai Suoi contemporanei:
«Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi accogliete; se un altro venisse nel proprio nome, lo accogliereste» (cfr Gv 5,31-47).
- Dino Pirri, Lo strano caso del buon Samaritano, Il Vangelo per buoni, cattivi e buonisti, BUR saggi 2022, p. 189. ↩︎