Passare dal benessere al “ben essere”

L'idolo del benessere

Ricchezza e benessere non sono cose malvage in sé, ma se le facciamo diventare un idolo, rischiamo di dimenticare e rifiutare Chi ce ne ha fatto dono.

Commento alle letture di mercoledì 6 luglio 2022

Letture: Os 10,1-3.7-8.12; Sal 104 (105); Mt 10,1-7

Continuando a leggere il profeta Osea, troviamo anche oggi la denuncia dell’idolatria (di cui abbiamo parlato ieri), ma stavolta essa è chiaramente associata al benessere:

Vite rigogliosa era Israele,
che dava sempre il suo frutto;
ma più abbondante era il suo frutto,
più moltiplicava gli altari;
più ricca era la terra,
più belle faceva le sue stele.
Il loro cuore è falso…

L’idolo del benessere

Più l’uomo “sta bene” e più “eleva altari” a se stesso e ai propri idoli: le due cose sono legate a doppio filo.

E uno di questi idoli è senz’altro il benessere, la ricchezza, l’abbondanza, il profitto, l’accumulo di cose… ancora una volta dimenticando da Chi queste provengano:

Che cosa possiedi che tu non l’abbia ricevuto? E se l’hai ricevuto, perché te ne vanti come se non l’avessi ricevuto? (1Cor 4,7)

Fare della ricchezza e dell’abbondanza un idolo – però – ha un risvolto tragico: si adora il regalo anziché amare Chi te l’ha fatto.

Quante volte capita di vedere ragazzi che “adorano” il telefonino ricevuto come regalo per la Cresima e – proprio perché ne fanno il centro della loro vita e delle loro attenzioni – nemmeno dimostrano riconoscenza verso i genitori o i padrini che gliel’hanno donato?

Questo dovrebbe essere giù un monito sulla scelta dei regali che facciamo ai nostri figli… ma qui si aprirebbe un altro discorso.

Amare il regalo più del donatore

Non è solo un atteggiamento dei ragazzi: lo è anche negli adulti, purtroppo: nelle coppie, per esempio, quando si “valuta” l’amore del proprio partner in base al costo e alla ricercatezza dei regali che mi fa…

L’umanità è una sposa che dirige tutta l’attenzione sui “regali” ricevuti dal suo Sposo, dimenticando lo Sposo stesso che glieli ha donati.

C’è una pagina molto bella (per quanto drammatica), nel capitolo 16 del libro del profeta Ezechiele, che descrive questa dinamica perversa:

Ti vestii di ricami… Ti adornai di gioielli. Ti misi braccialetti ai polsi e una collana al collo… orecchini agli orecchi e una splendida corona sul tuo capo. Così fosti adorna d’oro e d’argento… Ti avevo reso uno splendore…

Tu però, infatuata per la tua bellezza e approfittando della tua fama, ti sei prostituita, concedendo i tuoi favori a ogni passante… Con i tuoi splendidi gioielli d’oro e d’argento, che io ti avevo dato, facesti immagini d’uomo, con cui ti sei prostituita… A quelle immagini offristi il mio olio e i miei profumi…

I doni ricevuti – se idolatrati – distolgono il cuore da Dio.

Ricchezza e benessere non sono un male in sé, ma solo quando rendono schiavo il cuore, prendendo il posto di tutto e tutti, e facendoci dimenticare Dio.

La vigna del Signore

Nel primo versetto ascoltato oggi, Israele è paragonato a una vite rigogliosa: è un’altra immagine cara ai profeti, usata anch’essa (come quella coniugale) per indicare il rapporto d’amore tra Dio e il Suo popolo:

Voglio cantare per il mio diletto
il mio cantico d’amore per la sua vigna.
Il mio diletto possedeva una vigna
sopra un fertile colle.
Egli l’aveva dissodata e sgombrata dai sassi
e vi aveva piantato viti pregiate…

Un rapporto complicato e – ancora una volta – asimmetrico:

Egli aspettò che producesse uva;
essa produsse, invece, acini acerbi.
Ebbene, la vigna del Signore degli eserciti
è la casa d’Israele
Egli si aspettava giustizia
ed ecco spargimento di sangue,
attendeva rettitudine
ed ecco grida di oppressi (cfr Is 5,1-7)

L’immagine verrà ripresa da Gesù (sotto altra angolatura) nella celebre parabola dei vignaioli omicidi (cfr Mt 21,33-41), ma per sottolineare ancora una volta l’atteggiamento perverso dell’uomo che si fa accecare dal benessere e addirittura si rivolta contro Chi ne è l’origine.

È tempo di cercare il Signore

La prima lettura termina con un’affermazione che potremmo prendere come la “medicina” contro l’atteggiamento perverso di idolatrare il benessere e dalla ricchezza:

è tempo di cercare il Signore.

Detta così, potrebbe sembrare un’affermazione piuttosto vuota e generica, come quando – da bambini – promettevamo «d’ora in poi sarò più bravo»; ma il testo suggerisce chiaramente cosa significhi e in cosa consista questa esortazione:

Seminate per voi secondo giustizia
e mieterete secondo bontà;
dissodatevi un campo nuovo…

Ancora una volta sono citate immagini agresti (seminare e mietere) per indicare la vita e il lavoro dell’uomo: sostanzialmente Dio chiede all’uomo di non idolatrare più il proprio lavoro e il frutto che ne ricaverà.

Dissodare un campo nuovo rappresenta la conversione: il cominciare una nuova vita, con un cuore che sia “terra vergine”, dove coltivare finalmente frutti di bontà e giustizia.

Insomma, si tratta di passare dal benessere al “ben essere”, ovvero: dallo “stare bene” al comportarsi bene, rettamente, secondo giustizia.

Il vero “benessere”, ciò che ci fa stare davvero bene, è fare del bene.