Portare nel corpo la morte di Gesù
Omelia per giovedì 25 luglio 2024, S. Giacomo
Portare nel proprio corpo la morte di Gesù non significa fare le vittime, ma vivere in tutto e per tutto come Cristo, fino al dono totale di sé.
Letture: 2Cor 4,7-15; Sal 125 (126); Mt 20,20-28
Due anni fa, per la riflessione nella festa di san Giacomo apostolo, ero partito dalla bella e suggestiva immagine che apre il brano della Prima Lettura:
noi abbiamo un tesoro in vasi di creta…
Allora avevo colto l’occasione per invitare me stesso e tutti quanti noi discepoli del Risorto a restare fragili, a non crederci chissà chi, perché proprio nella nostra fragilità non dissimulata appare che questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi.
I segni della morte di Gesù
Oggi voglio prendere spunto dall’espressione successiva dello stesso testo, che trovo altrettanto evocativa:
In tutto, infatti, siamo tribolati, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù…
Quell’«infatti» fa da collegamento all’immagine dei vasi di creta con cui apre il testo; perciò, serve a descrivere in modo ancor più approfondito la nostra fragilità.
L’incedere ritmico delle immagini evocate crea una tensione, un climax che rapisce l’attenzione di chi legge, lasciando quasi senza fiato.
L’approdo di questa ripida “scalinata” è il portare nel proprio corpo la morte di Gesù.
Cosa significa questa espressione?
La prima immagine che mi viene in mente è quella delle stigmate, che tanti santi hanno ricevuto in “dono” da Cristo come segno della loro totale somiglianza e unione al loro Maestro, primo fra tutti l’apostolo Paolo:
D’ora innanzi nessuno mi procuri fastidi: io porto le stigmate di Gesù sul mio corpo (Gal 6,17).
Con o senza stimmate…
Certo, dei segni così evidenti non lasciano dubbi… Ma non tutti i santi li hanno ricevuti (nemmeno san Giacomo); eppure di tutti possiamo dire che sono stati elevati agli altari per aver portato nel loro corpo la morte di Gesù, ovvero: per aver fatto di tutta la loro vita un cammino di assimilazione a Cristo, fino al dono totale di sé.
Del resto, Paolo invita tutti a portare nel proprio corpo la morte di Gesù, non solo un gruppo di “eletti”.
Lo dice anche l’apostolo Pietro:
A questo infatti siete stati chiamati, perché
anche Cristo patì per voi,
lasciandovi un esempio,
perché ne seguiate le orme… (cfr 1Pt 2,21-25)
Non piangiamoci addosso
Non vorrei, però, che queste esortazioni ci inducessero a una visione “dolorista” del cristianesimo: l’ho già detto tante volte che Dio non ci chiama alla sofferenza fine a se stessa, come fine e obbiettivo della nostra vita spirituale.
Il modello che ci viene proposto è – appunto – la morte di Gesù, cioè: il suo libero accoglimento di una sorte che non ha cercato, ma che ha trasformato in offerta estrema della propria vita come il più alto atto d’Amore:
«Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici» (Gv 15,13).
Paolo, infatti, nel testo che meditiamo in questa festa, specifica che lo scopo del portare sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù è che anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo.
Non siamo chiamati ad andare in giro come dei “poveri cristi”, ma come l’immagine del Cristo vivente!
Fare della propria vita un dono
Tutta la vita di Gesù, infatti, non solo la Sua morte in croce, è stata dono d’Amore: la Sua compassione l’ha portato a non risparmiare se stesso per insegnare, guarire gli ammalati, ridare speranza agli sfiduciati, cercare le pecore perdute e riportarle all’ovile col perdono e la misericordia.
Sono le opere di misericordia che possiamo e dobbiamo compiere anche noi.
Essere santi (a questo siamo chiamati) è far sì che anche la vita di Gesù si manifesti nella nostra carne mortale, cioè, vivere in tutto e per tutto come Cristo ha vissuto.
Non si arriva al martirio di punto in bianco, dopo una vita scialba segnata dall’indifferenza o dalla mediocrità: prima di salire sulla croce, dobbiamo diventare immagine e presenza viva di Cristo, giorno per giorno, sulle strade polverose del mondo, così che chiunque incontra noi incontri Cristo.