Pregare il Signore piangendo

Pregare piangendo

Sant’Agostino diceva che «chi canta prega due volte», ma io dico che chi piange davanti al Signore trafigge il Suo cuore compassionevole e lo “disarma”.

Omelia per martedì 9 gennaio 2024

Letture: 1Sam 1,9-20; 1Sam 2,1.4-8; Mc 1,21-28

Continuiamo la lettura del Primo Libro di Samuele iniziata ieri: il testo ci fa immedesimare in Anna, la moglie sterile di Elkanà, che porta nel cuore una grande sofferenza per la propria condizione e l’amarezza per le vessazioni ricevute dall’altra moglie Peninnà, che la affliggeva con durezza.

Non reagire al male

Anna è un grande esempio di rassegnazione positiva, perché – invece di reagire con cattiveria al male che le viene inferto ingiustamente – si rifugia nel Signore, abbandonandosi fiduciosamente in Lui.

La sua preghiera è anzitutto sfogo della sua amarezza:

Ella aveva l’animo amareggiato e si mise a pregare il Signore, piangendo dirottamente.

A Dio non chiede vendetta o giustizia verso la sua rivale, ma solo consolazione del suo dolore.

Nessuna pretesa

Quando finalmente il pianto lascia spazio alle parole, non pretende nulla di quello che ogni donna sentirebbe come “dovuto”, ma domanda umilmente, sentendosi indegna perfino di chiedere:

«Signore degli eserciti, se vorrai considerare la miseria della tua schiava e ricordarti di me…»

Inoltre, riconosce in anticipo che ogni dono che viene dal Signore è qualcosa di immeritato e non deve essere tenuto per sé gelosamente:

«…se non dimenticherai la tua schiava e darai alla tua schiava un figlio maschio, io lo offrirò al Signore per tutti i giorni della sua vita…»

Pregare piangendo

Quante volte le persone mi confidano di non saper pregare, ma – dopo aver ascoltato la loro storia e le loro sofferenze – le rassicuro che piangere davanti al Signore è la preghiera più preziosa che possiamo fare, molto più di quella fatta con parole “preconfezionate”.

Pregare piangendo è il modo più sincero di esprimere a Dio la propria debolezza e disperazione, e di confidare solo in Lui. Molti Salmi sono testimonianza di questo modo di pregare:

Abbi pietà di me, Signore, sono nell’affanno;
per il pianto si consumano i miei occhi,
la mia gola e le mie viscere
(Sal 31,10).


Cenere mangio come fosse pane,
alla mia bevanda mescolo il pianto
(Sal 102,10).

Sant’Agostino diceva che «chi canta prega due volte», ma io dico che chi piange davanti al Signore trafigge il Suo cuore compassionevole e lo “disarma”.

Il Signore ascolta

Quello di Anna, come quello dei grandi oranti della Bibbia, non è un pianto che si ripiega su di sé, ma si tramuta subito in abbandono fiducioso, perché sa che Dio non rimane indifferente davanti alla sofferenza dei Suoi figli:1

il Signore ascolta la voce del mio pianto (Sal 6,9).


Getta sul Signore il tuo affanno
ed egli ti darà sostegno,
mai permetterà che il giusto vacilli
(Sal 55,23 trad. CEI 1974).

Una scuola di preghiera

Questa pagina è una grande scuola di preghiera e di fede, perché ci aiuta a capire cosa fare quando ci troviamo nella tristezza, nella sofferenza e nel dolore, sia per le nostre fragilità, sia per la cattiveria altrui:

  • mai reagire al male con la cattiveria;
  • mai piangerci addosso;
  • sfogare la nostra tristezza nel Signore;
  • confidare sempre in Dio.

Benedire chi soffre

Anche la “giravolta” di Eli, il vecchio sacerdote del tempio di Silo ha qualcosa da insegnare, soprattutto a noi preti: mai guardare con superficialità o supponenza la sofferenza altrui, ma cercare, invece, di comprenderla e condividerla, e – una volta capita e fatta propria – farci tramite della benedizione del Signore:

«Va’ in pace e il Dio d’Israele ti conceda quello che gli hai chiesto».

  1. Cfr Es 3,7: Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze». ↩︎