Preparare o no l’arringa di difesa?

Preparare l'arringa di difesa

Non c’è bisogno di preparare alcun discorso se si è nella verità, perché Dio è sempre dalla nostra parte, e parla Lui a nostra difesa, perfino contro Se stesso!

Omelia per venerdì 8 luglio 2022

Letture: Os 14,2-10; Sal 50 (51); Mt 10,16-23

Tra la prima lettura e il vangelo di oggi sembra di intravvedere una differenza o contraddizione. Osea, rivolgendosi al popolo di Israele, scrive:

«Preparate le parole da dire
e tornate al Signore».

Invece, Gesù, rivolgendosi ai suoi apostoli mandati in missione, raccomanda:

«quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte».

Ovvero: non preparatevi l’arringa di difesa. Come la mettiamo?

Prepararsi o no?

Cerchiamo di capire la differenza delle due situazioni:

  • nel primo caso è il popolo che è chiamato in causa per cercare di discolparsi di tutte le proprie infedeltà “coniugali” e idolatriche nei confronti del Signore, Sposo fedele e amorevole;
  • nel secondo caso sono i missionari del Vangelo chiamati a rendere conto della loro predicazione e del messaggio di speranza che portano con sé.

La prima differenza è abbastanza chiara: da una parte c’è un colpevole con poche scuse (il popolo infedele) e dall’altra un innocente falsamente accusato (l’apostolo del Vangelo).

Dato che «ambasciator non porta pena», è chiaro che l’apostolo non deve preparare alcun discorso, essendo il suo “mittente” a doversi sobbarcare la difesa del proprio araldo.

Per gli apostoli c’è un Avvocato speciale: il Paràclito mandato dal Padre; per il popolo invece?

Difesa ad oltranza

Il popolo colpevole e senza scuse dovrebbe arrangiarsi… ma se andiamo avanti a leggere il testo di Osea ci rendiamo conto che anche lì arriva un suggerimento su come difendersi:

ditegli: «Togli ogni iniquità,
accetta ciò che è bene:
non offerta di tori immolati,
ma la lode delle nostre labbra».

È vero: il suggerimento arriva da parte del Profeta, ma – in quanto «uomo ispirato e mandato da Dio» – la provenienza divina è la stessa.

Insomma: non c’è nulla da fare! Come dicevo anche nella riflessione di ieri, Dio non riesce proprio ad arrabbiarsi contro chi gli è stato infedele e l’ha trattato senza alcuna riconoscenza, ma si impietosisce come una madre col suo bambino:

«Io li guarirò dalla loro infedeltà,
li amerò profondamente,
poiché la mia ira si è allontanata da loro».

Gli Israeliti non hanno scuse, e – con tutta probabilità – non sono nemmeno un granché pentiti (tanto che è il Profeta a dover “imboccare” il suggerimento su cosa fare e cosa dire), eppure il Signore viene loro incontro con la “medicina” del Suo Amore e della Sua misericordia.

Non lamentiamoci inutilmente

Da questi brani dovremmo imparare una cosa: quando valga la pena lamentarci e preparare “arringhe” di difesa e quando invece no.

Sicuramente non è il caso lamentarsi quando ci sentiamo “vittime” del mondo intero: in quel frangente stiamo semplicemente “leccando le ferite” del nostro orgoglio e della nostra permalosità urtata.

Non avete idea di quante persone in confessionale vengano a farmi questo tipo di “lamentazioni”:

«quello non mi ha ringraziato… a quello gli ho dato il dito e si è preso pure il braccio!

Quello ha parlato male di me…

Mia figlia mi chiama sì e no una volta ogni due mesi… mio marito non mi capisce…

Con tutto quello che ho fatto per loro!»

Qualche umiliazione fa bene

Per carità: il mondo è pieno di gente egoista, irriconoscente, approfittatrice, superficiale etc., ma non serve a nulla lamentarsi di queste cose e stare a preparare elenchi di fatti, testimonianze, meriti e crediti in nostro favore…

È inutile piangersi addosso! Non cambia nulla se non il nostro stato d’animo, che si deprime sempre più, si “raggomitola” in se stesso e diventa incapace di vivere, sorridere e fare del bene.

Anzi: dobbiamo ringraziare il Signore che ci aiuta a distogliere l’attenzione da noi stessi, a smetterla di «guardare il nostro ombelico»!

Se avessimo anche tutto il mondo che si genuflette ai nostri piedi e ci riempie di salamelecchi a cosa servirebbe? A nulla, perché di solito questo avviene non per nostri meriti o il riconoscimento di quello che siamo, ma in rapporto a quanti soldi o importanza “politica” abbiamo… cose tutte che svaniscono e passano in fretta:

«quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita?» (cfr Mt 16,26)

Getta nel Signore il tuo affanno

Se, invece, siamo perseguitati e maltrattati in ragione della nostra fede e della nostra speranza cristiana, non piangiamoci addosso in soliloqui interminabili, ma portiamo davanti al Signore ciò che angustia il nostro cuore, come insegna il Salmista:

Affida al Signore il tuo peso
ed egli ti sosterrà,
mai permetterà che il giusto vacilli
(Sal 55,23).

A queste persone dico sempre: «se anche avessi tutto il mondo contro, ricorda sempre che (purché tu faccia il bene) il Signore è dalla tua parte, ti vuole bene e ti difende! E questa è l’unica cosa che conta».

A tal proposito, l’altro giorno ho letto una bellissima testimonianza di don Fabio Rosini, direttore del Servizio per le Vocazioni della Diocesi di Roma:

Sono, fortunato perché ho un alleato incredibile. Ho Lui al mio fianco. Guardo Cristo Crocifisso e scopro che per Lui valgo più della sua vita. Qualche volta uso un’immagine facile per farmi capire. Se San Marino dichiara guerra all’Italia ci facciamo una gran risata, ma se prima San Marino si allea con gli Stati Uniti non ridiamo più… Le grandi opere si fanno insieme a Dio, con il suo sostegno, con il suo sorriso. Da soli riusciamo a fare cose piccole, cose mediocri, cose destinate a non durare.

Anche se non hai scuse

E – pensate un po’: oggi la Parola di Dio ci ha insegnato che possiamo andare a “piagnucolare” davanti al Signore anche quando abbiamo tutte le colpe verso di Lui e nessuna ragione da addurre a nostra difesa.

Lui ci ama lo stesso, per il solo fatto che torniamo a Lui con l’animo pentito di Davide che – dopo i suoi tremendi peccati (cfr 2Sam 11-12) – ha innalzato a Dio il bellissimo Salmo 51 (il Miserere) che abbiamo pregato oggi:

Pietà di me, o Dio, nel tuo amore;
nella tua grande misericordia
cancella la mia iniquità.
Lavami tutto dalla mia colpa,
dal mio peccato rendimi puro…

E qui non c’è nessun’arringa da preparare: le parole ce le ha già suggerite Lui.