Qual è la ricompensa?
Omelia per venerdì 13 settembre 2024
L’apostolo del Vangelo non cerca altra ricompensa se non la gioia e il vanto di poter annunciare Cristo, in tutta gratuità.
Letture: 1Cor 9,16-19.22-27; Sal 83 (84); Lc 6,39-42
Nella Prima Lettura, continuiamo a seguire le raccomandazioni di Paolo ai Corinzi e a farle nostre.
Ho già accennato ieri alla bellissima umiltà dell’apostolo nel “farsi da parte”, rinunciando alla propria intelligenza e libertà interiore per non scandalizzare i più deboli, perciò non mi soffermo sul passaggio centrale del farsi tutto a tutti.
E la ricompensa?
Mi piace, invece, partire dalla domanda iniziale:
Qual è dunque la mia ricompensa?
Paolo si presenta come un predicatore disinteressato del Vangelo: in quanto apostolo, avrebbe avuto tutto il diritto di farsi mantenere dalla Comunità (cfr 1Cor 9,1-14), ma vi ha rinunciato (1Cor 9,15).
Questo perché non è partito come missionario di sua iniziativa, ma per un incarico ricevuto direttamente da Cristo: questo gli dà la libertà (interiore ed esteriore) di vivere il suo ministero del tutto gratuitamente, anzi, vedendo questa possibilità come un onore e una ricompensa.
Annunciare non è un lavoro
Questo ragionamento, fatto in modo insipiente, fa pensare a quei poveri giovani che – andando in cerca di lavoro – vengono trattati come servi e presi per scemi da certi “imprenditori” che dicono loro
«dev’essere già un onore per te lavorare nel mio ristorante e fare formazione da me!»
Ma la situazione qui è davvero diversa, appunto perché annunciare il Vangelo non è un vanto, ma una necessità che si impone: essere apostolo del Vangelo non è un lavoro.
Anche se l’apostolo parla di ricompensa, lo fa pensando a una ricompensa che non ha nulla di venale e utilitaristico, secondo il senso (e la spiegazione che ho dato tempo fa) della frase di Gesù
«quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”» (Lc 17,10).
“Inutile”, in questa prospettiva, sta a indicare un operare senza la finalità di produrre un “utile” (nel senso economico e commerciale del termine).
Sacrifici ripagati
In tale prospettiva, sono belli gli esempi sportivi aggiunti a corredo dall’apostolo per completare il senso di questa ricompensa spirituale:
Non sapete che, nelle corse allo stadio, tutti corrono, ma uno solo conquista il premio? Correte anche voi in modo da conquistarlo! Però ogni atleta è disciplinato in tutto; essi lo fanno per ottenere una corona che appassisce, noi invece una che dura per sempre.
Paolo, con tutta probabilità, si serve di immagini tratte dai giochi sportivi che si svolgevano ogni primavera a Corinto: i sacrifici di un atleta per raggiungere il traguardo e il risultato sono già una ricompensa adeguata, al di là che vi sia o no un premio economico associato.
Una corona eterna
Per di più, il premio, la ricompensa che è promessa ad ogni discepolo – a differenza di quella degli atleti – è immortale ed eterna!
Che queste parole ci siano di sprone per imparare la gratuità totale nel nostro servizio al Vangelo!