Quaresima non è quarantena. Mercoledì delle Ceneri

Quaresima non è quarantena

Questo momento doloroso mette in quarantena anche la libertà di riunirsi a celebrare i grandi momenti della fede cristiana: chiediamo al Signore di non isolarci

Letture: Gl 2,12-18; Sal 50 (51); 2Cor 5,20-6,2; Mt 6,1-6.16-18

Non avevo mai celebrato la Santa Messa da solo prima di questi giorni di “serrata” totale delle chiese a causa del Coronavirus. E – se già ho provato un certo disagio ieri e l’altro ieri – non oso immaginare come mi sentirò questa sera, giorno delle Sante Ceneri.

La teologia ci insegna che quando un sacerdote celebra il Sacrificio Eucaristico è presente spiritualmente la Chiesa intera ma… ve lo dico sinceramente: ci si sente un po’ orfani, “isolati”.

Solo un’assonanza

La parola “quarantena” che sentiamo così spesso in questi giorni richiama da vicino il termine “Quaresima”, Tempo santo e di grazia che iniziamo oggi. Ma solo perché allude ad un periodo di quaranta giorni.

Se infatti la quarantena specifica la necessità di isolare per un periodo congruo le persone contagiose dal resto “sano” della comunità civile, la Quaresima – invece – invita proprio a rinsaldare i rapporti fraterni e a riaprire lo sguardo su nuovi orizzonti di solidarietà.

È vero, Gesù – nel vangelo di oggi – invita tutti a realizzare nel segreto i tre grandi “pilastri” di questo tempo di penitenza e conversione (elemosina, preghiera e digiuno).

Ma l’invito alla segretezza non è un invito alla segregazione.

Segretezza non è segregazione

La preghiera – infatti – ci mette in comunione con Dio e con i fratelli (soprattutto se essa è la preghiera stessa di Gesù, che non ci ha insegnato a pregare «Padre mio» ma «Padre nostro»).

L’elemosina è il gesto concreto della condivisione, che rende effettiva la fraternità.

Il digiuno è quell’atteggiamento di vera rinuncia a sé che ci svuota dei nostri egoismi per far spazio agli altri.

Rischio isolamento

In questo momento triste di emergenza sanitaria (che svela tutta la nostra debolezza), invece di vivere nella solidarietà del sentirci tutti fragili e bisognosi di aiuto, c’è il rischio di isolarci ancora di più, nell’isteria del «si salvi chi può!», del guardare gli altri con sospetto.

Prima erano i Cinesi… adesso son i nostri vicini di casa!

Rischiamo di metterci in quarantena da soli, invece di vivere la Quaresima.

E – peggio ancora – sembra che ciò che ci pesa di più siano le restrizioni della libertà personale di movimento, e ciò che preoccupa di più i “grandi” della politica, siano le “contromisure” per reagire e arginare il rischio di recessione economica.

Forse noi cristiani, in questo momento così concitato, dovremmo vivere altri sentimenti, e farci guidare di più dalla fede (senza nulla togliere alla scienza, ovviamente).

Il dolore che purifica

Perciò chiedo al Signore che la nostra Comunità, sottoposta al digiuno eucaristico forzato e impedita di potersi incontrare fraternamente, viva questi giorni come una salutare sofferenza, che ci farà riacquistare il sapore e la gioia di vivere ancora insieme come Chiesa.

Intanto cerchiamo di trasformare questo senso di vuoto e di mancanza in preghiera, che il Signore ci aiuti a superare i nostri egoismi, le nostre paure e i nostri sospetti che ci allontanano spesso dagli altri (e qui non mi sto riferendo al Coronavirus, ma a malattie molto più spirituali).

Io, da parte mia, soprattutto quando celebrerò da solo questa sera la Santa Messa delle Ceneri, avrò gli stessi sentimenti che ci suggerisce nella prima lettura il Profeta Gioele:

Tra il vestibolo e l’altare piangano
i sacerdoti, ministri del Signore, e dicano:
«Perdona, Signore, al tuo popolo
e non esporre la tua eredità al ludibrio
e alla derisione delle genti».
Perché si dovrebbe dire fra i popoli:
“Dov’è il loro Dio?”».