Quello che manca per conformarci a Cristo

Quello che manca per conformarci a Cristo

Ai patimenti di Cristo non manca nulla: semmai è alla nostro cammino di fede che manca ancora tanto per portare a compimento la nostra configurazione a Cristo.

Omelia per lunedì 11 settembre 2023

Letture: Col 1,24 – 2,3; Sal 61 (62); Lc 6,6-11

Vediamo se riesco a riprendere la buona abitudine del commento alla Parola di Dio anche nei giorni feriali… Magari solo una piccola mezza paginetta al giorno, senza l’onere e la pretesa della completezza; solo una suggestione su una sola frase che mi ha colpito e mi illumina il quotidiano…

Magari la sera prima, così da averla già a disposizione prima di dormire o il mattino appena alzati…

Virgole e proposizioni

La suggestione che voglio condividere dalla Parola di oggi è all’inizio della prima lettura. Si tratta del versetto 24 del primo capitolo della Lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi (che stiamo leggendo da qualche giorno).

Sono lieto del cambiamento radicale di senso operato con la nuova traduzione CEI 2008 rispetto alla precedente (CEI 1974), perché ci permette finalmente di capire un passo che prima era controverso e dava adito a interpretazioni fuorvianti.

Ve le metto a confronto così che possiate subito capire quanto cambi il significato dell’affermazione dell’apostolo:

CEI 1974CEI 2008
Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa.Ora io sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa.

L’aggiunta di due virgole e il cambiamento di una preposizione cambia totalmente il senso della frase.

Cristo non ha patito abbastanza?

La vecchia traduzione sembrava affermare che i patimenti di Cristo non fossero sufficienti a salvare il corpo della Chiesa, e che – per portarli a compimento – sarebbero mancate le sofferenze dell’apostolo.

La cosa è semplicemente assurda, sia umanamente che teologicamente.

  • Umanamente perché, quando uno soffre (come ha sofferto Gesù nella Sua Passione), non è proprio il caso di andare a “misurare” l’intensità, l’atrocità o la durata delle sue sofferenze.
  • Teologicamente perché – se così fosse – vorrebbe dire che Cristo non avrebbe compiuto tutto quanto doveva compiere della Sua missione redentrice (come invece Lui stesso afferma prima di spirare: cfr Gv 19,30).

È a noi che manca parecchio

Il senso vero dell’affermazione di Paolo, invece (come ci aiuta finalmente a capire la nuova traduzione), è che all’apostolo manca ancora parecchia strada per arrivare al livello del Maestro.

Le sofferenze che egli affronta e sopporta con letizia a favore della comunità di Colosse e di tutta la Chiesa, sono un modo per portare a compimento in lui il cammino di conformazione a Cristo, che è ciò che gli sta a cuore, come afferma in diversi passi delle sue lettere (cfr Rm 8,29; Fil 3,10; Fil 3,21).

È questo il cammino che dobbiamo fare anche noi: l’imitazione continua di Cristo in tutto e per tutto, fino alla totale conformazione a Lui.

Il senso della sofferenza

Questo però non significa cercare la sofferenza a tutti i costi, soffrire tanto per soffrire: lo ribadisco per l’ennesima volta e fino alla noia!

Il senso del nostro essere cristiani non è cercare la sofferenza fine a se stessa (anche perché quella arriva da sola, senza andarla a cercare), ma imparare a vivere le sofferenze con lo stesso animo di Cristo, facendole diventare luogo e occasione di Amore totale e gratuito, donato in favore dei fratelli.

Anche perché i «patimenti di Cristo» non indicano solo la Sua sofferenza fisica, ma tutti i Suoi sentimenti di profondo Amore e intima sofferenza per l’umanità:

Quando fu vicino, alla vista della città pianse su di essa dicendo: «Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi» (Lc 19,41-42).


«Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te: quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto!» (Lc 13,34).

Quello che ci manca

Soffrire nel profondo del cuore per l’umanità perduta, per le tragedie che ogni giorno segnano la storia (terremoti, alluvioni, guerre, naufragi di poveri disperati…): questo manca al nostro cuore e al nostro cammino di fede per avere in noi gli stessi sentimenti di Cristo (cfr Fil 2,5) e conformarci sempre più a Lui.