Questione di priorità. 23ª Domenica del Tempo Ordinario (C)
La priorità nella vita è amare Dio, e farsi insegnare da Lui come Amare, gratuitamente. Solo Lui può farlo, perché Dio è Amore e ogni Amore vero viene da Dio.
Omelia per domenica 4 settembre 2022
Letture: Sap 9,13-18; Sal 89 (90); Fm 1,9-10.12-17; Lc 14,25-33
Una bella tegola sulla testa il vangelo di oggi, no?
Se poi andiamo a rispolverare la vecchia traduzione CEI 1974 (che era molto più fedele a testo greco originale) ci viene il mal di pancia:
«Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo».
La provocazione resta forte
Ho già spiegato brevemente tre anni fa che la costruzione sintattica dell’ebraico non conosce il comparativo di maggioranza e minoranza; perciò – per esprimere una preferenza tra due possibilità – usa i verbi “amare” e “odiare”.
Quindi, «odiare il padre, la madre…» significa «amare più del padre, della madre…» (come ben reso dalla nuova traduzione CEI 2008).
Ma la provocazione non perde la sua forza, tanto che ci fa percepire Dio come una sorta di “concorrente” o “antagonista” ai nostri affetti più cari.
Non fraintendiamo il Signore
Vedere Dio come un pretenzioso “terzo incomodo” – però – è capire l’esatto contrario di quello che Gesù ci vuole insegnare.
L’alternativa posta da Gesù non si basa sulla quantità, ma sulla qualità dell’amore.
Gesù non ci chiede di rinunciare ad amare le persone care: ci vuole – invece – aiutare a mettere ordine nella nostra vita, a stabilire le giuste “precedenze”.
Vorrei chiarirmi raccontandovi un aneddoto che senz’altro conoscete già:
Questione di priorità
Un professore di filosofia era in piedi davanti alla sua classe, prima della lezione ed aveva davanti a sé alcuni oggetti.
Quando la lezione cominciò, senza proferire parola, il professore prese un grosso vaso di vetro vuoto (affinché gli studenti potessero vederne il contenuto), e lo riempì con delle grosse pietre di 5-6 cm di diametro. Quindi chiese agli studenti se il vaso fosse pieno, ed essi annuirono.
Allora il professore prese una scatola di sassolini e li versò nel vaso scuotendolo appena. I sassolini, ovviamente, rotolarono negli spazi vuoti fra le pietre più grandi. Il professore quindi chiese ancora se il vaso ora fosse pieno, ed essi furono d’accordo.
Gli studenti cominciarono a ridere quando il professore prese una scatola di sabbia e la versò nel vaso. La sabbia riempì ogni spazio vuoto rimasto.
«Ora, – disse il professore – voglio che voi riconosciate che questa è la vostra vita. Le pietre sono le cose importanti: la famiglia, il partner, la salute, gli amici… anche se ogni altra cosa dovesse mancare e solo queste rimanere, la vostra vita sarebbe comunque piena.
I sassolini sono le altre cose che contano: il lavoro, la casa, la moto, l’auto… La sabbia rappresenta qualsiasi altra cosa, le piccole cose…
Se voi riempite il vaso prima con la sabbia o con i sassolini, non ci sarà più spazio per le pietre!
E lo stesso è per la vostra vita; se voi spendete tutto il vostro tempo ed energie per le piccole cose, non avrete mai spazio per le cose veramente importanti.
Stabilite le vostre priorità, il resto è solo sabbia».
Catturati dalle quisquiglie
Non è quanto accade sempre più spesso nelle nostre giornate?
A meno che non sia una giornata lavorativa (e – perciò – con una sua “tabella di marcia” prestabilita e da seguire per forza di cose), siamo portati a disperderci in cose inutili.
Quante volte – come prima cosa appena svegli – prendiamo in mano il cellulare e ci rendiamo conto solo dopo un bel po’ di aver perso un sacco di tempo a scorrere la timeline dei vari social, isolandoci dal mondo reale?
E – nel frattempo – ci siamo dimenticati di prendere la pastiglia, di telefonare in banca, di andare a fare la spesa, etc. …
Il nostro cuore è come quel vaso: ormai è così pieno di sabbia da non poterci far stare nient’altro, e soprattutto da non poterci più metter dentro le pietre più grosse (le cose più importanti).
Dio è la ragione delle scelte
L’aneddoto che ho citato non parla né di Dio né di vita di fede – beninteso – ma l’immagine è sufficientemente chiara per aiutarci a fare il ragionamento che ci propone Gesù.
Il Maestro ci sta dicendo che se non amiamo anzitutto Dio, non saremo capaci di amare per davvero, di fare le scelte giuste, e nel “vaso” della nostra vita non ci sarà più posto nemmeno per gli affetti più cari: se non amiamo “di più” Dio, non ameremo nemmeno il padre, la madre, la moglie, i figli…
Quel “di più” non è questione di quantità, ma di priorità: l’Amore per Dio va anteposto a tutto e tutti, perché Dio non è nemmeno la “pietra più grossa” da inserire nel vaso, ma Colui che dà la misura a tutte le cose, la regola alle nostre scelte e la ragione delle nostre “scale di valori”.
Dio è l’origine dell’Amore, la fonte della vita, il senso di ogni cosa.
Che posto ha Dio nella mia vita?
Se riempiamo la nostra vita di tante inezie (tanto da lasciar fuori le cose più importanti), è proprio perché non mettiamo Dio al primo posto, perché non abbiamo Lui come criterio delle nostre scelte.
Solo Lui ci può insegnare ad Amare col cuore, gratuitamente, senza biechi interessi o tornaconti, perché Dio è Amore (cfr 1Gv 4,8.16), e ogni Amore vero viene da Dio.
Alle tante persone che mi confessano di non trovare più un senso alla loro vita, di aver perso il gusto delle cose, di non riuscire più a vivere nemmeno gli affetti più scontati, chiedo sempre quanto tempo riservino al Signore nella loro giornata… e – matematicamente – la risposta è sempre quella: «poco o niente».
Ogni volta mi si dice che non si è riusciti ad andare a Messa o a pregare per i troppi impegni che già ci sono… Ma se nella nostra vita manca Dio, essa non sarà altro che uno spartito senza la chiave musicale all’inizio del pentagramma: tutte le note non avranno un nome, non sapremo che cosa suonare, e ci troveremo davanti ad un mucchio di lineette e pallini senza senso!
Calcoli senza numeri
Quando Gesù aggiunge l’esempio della torre da costruire e del re che va in guerra non intende certo dirci che l’amore per Dio si può quantificare con dei numeri…
Anche questi due esempi sono parabole che invitano a guardare oltre: nella vocazione all’Amore noi saremo sempre in difetto, come quel tale che lascia incompiuta la torre e quel re che va incontro ad una sicura disfatta.
Possiamo sederci a calcolare quanto vogliamo, ma i “conti” non torneranno mai, almeno finché ci ostineremo a fare affidamento sulle nostre capacità: con le nostre forze non andremo da nessuna parte!
Per questo Gesù aggiunge:
«chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo»
Non contiamo su di noi
Rinunciare ai nostri averi non significa (solamente) scegliere la povertà materiale, ma riconoscere con umiltà che noi – con le nostre sole forze – non siamo capaci di Amare Dio “di più” (come ci chiede Cristo).
Umanamente, non siamo altro che un corpo corruttibile che appesantisce l’anima, una tenda d’argilla che opprime una mente piena di preoccupazioni, come abbiamo ascoltato nella prima lettura.
Questo cammino di discepolato potremo compierlo solo se – rinunciato a tutto, perfino alla nostra vita – ci metteremo umilmente dietro a Lui:
«Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo».