“Regolare” la propria vita. Festa di San Benedetto

Regolare la vita

Per mettere ordine nella propria vita occorre darsi una “Regola” che ci aiuti a non disperdere forze ed energie. È questa l’eredità preziosa di san Benedetto.

Omelia per la festa di san Benedetto

Letture: Pr 2,1-9; Sal 33 (34); Mt 19,27-29

Credo che il motivo per il quale la Liturgia ha scelto come testo della prima lettura un passo del Libro dei Proverbi di Salomone, sia la sua affinità con la famosa Regola stilata da san Benedetto da Norcia nel 534.

Essa esordisce – infatti – così:

Ascolta, figlio mio, gli insegnamenti del maestro e apri docilmente il tuo cuore; accogli volentieri i consigli ispirati dal suo amore paterno e mettili in pratica con impegno,

in modo che tu possa tornare attraverso la solerzia dell’obbedienza a Colui dal quale ti sei allontanato per l’ignavia della disobbedienza.

(San Benedetto, Regola, Prologo 1-2)

Accogliere i consigli

Si nota subito l’affinità col linguaggio del testo sapienziale che ci è proposto oggi:

Figlio mio, se tu accoglierai le mie parole
e custodirai in te i miei precetti,
tendendo il tuo orecchio alla sapienza,
inclinando il tuo cuore alla prudenza,
se appunto invocherai l’intelligenza
e rivolgerai la tua voce alla prudenza…
allora comprenderai il timore del Signore
e troverai la conoscenza di Dio…

In entrambi i casi il soggetto è un padre che si rivolge al figlio chiedendogli di ascoltare e accogliere i suoi consigli.

Altri testi del medesimo libro avrebbero svolto altrettanto bene (se non meglio) il richiamo alla Regola benedettina, come ad esempio:

Ascolta, figlio mio, l’istruzione di tuo padre
e non disprezzare l’insegnamento di tua madre
(Pr 1,8)


Ascoltate, o figli, l’istruzione di un padre
e fate attenzione a sviluppare l’intelligenza
(Pr 4,1)


Ascolta, figlio mio, e accogli le mie parole
e si moltiplicheranno gli anni della tua vita
(Pr 4,10).


Ascolta, figlio mio, e sii saggio
e indirizza il tuo cuore sulla via retta
(Pr 23,19).

Padre Benedetto

La Regola ha questo tono perché l’Abate in un monastero è il padre spirituale dei monaci: il suo nome deriva, infatti, dal termine aramaico Abbà.

San Benedetto, però, non è stato solo il primo abate del monastero di Montecassino e il patriarca del monachesimo occidentale, ma possiamo (e dobbiamo) considerarlo padre di una tradizione religiosa e culturale a cui tutta l’Europa è debitrice.

Ecco perché Paolo VI, proclamandolo solennemente Patrono d’Europa, scriveva così:

egli cementò quell’unità spirituale in Europa in forza della quale popoli divisi sul piano linguistico, etnico e culturale avvertirono di costituire l’unico popolo di Dio; unità che, grazie allo sforzo costante di quei monaci che si misero al seguito di sì insigne maestro, divenne la caratteristica distintiva del Medio Evo.

(Paolo VI, Lettera Apostolica Pacis Nuntius)

L’eredità benedettina

Nel solco di San Benedetto sorsero nel continente europeo e nelle isole centri di preghiera, di cultura, di promozione umana, di ospitalità per i poveri e i pellegrini. Due secoli dopo la sua morte, erano già più di mille i monasteri benedettini!

A San Benedetto sono stati attribuiti molti miracoli, ma il “miracolo” più efficace e duraturo è senz’altro la composizione della Regola.

Essa è un manuale, un codice di preghiera per la vita monastica, ma non solo: intere generazioni anche di cristiani laici si sono ispirate a questo modello di vita. Molte delle indicazioni assunte per riordinare la vita del clero secolare sono state desunte e “copiate” dal modello benedettino (la recita del Breviario, ad esempio), secondo il famoso binomio «ora et labora»:

L’ozio è nemico dell’anima, perciò i monaci devono dedicarsi al lavoro in determinate ore e in altre, pure prestabilite, allo studio della parola di Dio.

(San Benedetto, Regola XLVIII,1)

Ora et labora

Preghiera e lavoro non sono in contrapposizione ma stabiliscono un rapporto simbiotico. Senza preghiera, non è possibile l’incontro con Dio. Ma la vita monastica – definita da san Benedetto «una scuola del servizio del Signore» (cfr Regola, Prologo 45) – non può prescindere dall’impegno concreto.

Il lavoro è un’estensione della preghiera:

il Signore attende che, giorno per giorno, rispondiamo con i fatti alle sue sante esortazioni.

(San Benedetto, Regola, Prologo 35)

Una regola per la nostra vita

Come dicevo poco sopra, molti cristiani di tutti i tempi e di tutte le vocazioni hanno trovato nel modello benedettino un’inspirazione.

Possiamo trovarla anche noi? Direi di sì, anzi: dobbiamo!

Ognuno di noi dovrebbe scrivere la sua personale Regola di Vita (adatta ovviamente alla sua vocazione, ai suoi impegni famigliari e lavorativi etc.): semplice, in pochi punti schematici ed essenziali, ma assolutamente necessari.

Ad esempio:

  • Quanto tempo e a che ora prego ogni giorno?
  • Quanto tempo e quando mi dedicherò ad ascoltare i miei figli?
  • Quanto tempo dedicherò al mio lavoro?
  • Quanto tempo dedicherò al riposo?
  • Quanto tempo dedicherò alla mia salute?
  • Quanto tempo guarderò la TV?
  • Quanto tempo starò al cellulare o al PC?

Se non lo facciamo, le cose più tiranniche e dispotiche (smartphone, PC, TV) “fagociteranno” tutto il resto, inesorabilmente.

Perché una vita è “sregolata”?

Viviamo in un mondo caotico, sregolato, dove – purtroppo – l’eccezione è la “regola”… perciò è inutile stupirsi se tanta gente arriva a non trovare più un senso per la propria vita.

Quante persone vengono a confessarmi che arrivano a fine giornata vuote, confuse, scoraggiate…

La maggior parte delle volte la causa è proprio una vita senza regole, disordinata, dettata solo del “reagire” a quello che succede momento per momento… e quando non succede niente non si sa cosa fare!

Ma questo è un “lasciarsi vivere”, un essere schiavi degli eventi, delle mode, del ritmo ondivago della società contemporanea.

Dobbiamo darci una regola, tutti: io che sono prete, un padre o una madre di famiglia, uno studente, un professionista… e per noi credenti il primo punto da fissare nella nostra personale Regola di Vita sono i tempi certi della preghiera.

Anche a questo riguardo, quante persone mi confessano:

«non mi ricordo di pregare… me lo propongo ma poi arrivo a sera che sono così stanco da addormentarmi senza aver pregato…»

Se non programmiamo l’orario (e magari anche lo spazio) preciso della nostra preghiera, stiamo pur certi che non pregheremo, mai!

Prima di tutto… prega!

Programmare di lavorare non ne abbiamo un granché bisogno, direi (soprattutto noi bergamaschi), ma di pregare assolutamente sì.

Per questo anche io – come Papa Francesco – ho deciso da diversi anni – che il primo punto della mia Regola di Vita è di alzarmi prestissimo il mattino per pregare, perché

«se non preghi la mattina, prima di finire nel “tritacarne”, non preghi più».

(Papa Francesco, Podcast registrato ai primi di giugno)