Se l’occhio è semplice non si cade nella vanagloria

se il tuo occhio è semplice...

Se l’occhio è luminoso e puntato verso il Regno dei Cieli, non si cade nell’errore della vanagloria, ma si diventa capaci di vantarsi di ciò che è dono di Dio.

Omelia per venerdì 23 giugno 2023

Letture: 2Cor 11,18.21-30; Sal 33 (24); Mt 6,19-23

Continuando ad ascoltare il testo della seconda lettera ai Corinzi iniziato ieri, siamo costretti ancora una volta a leggere meglio, per non cadere nella tentazione di giudicare Paolo un vanaglorioso.

Il motivo della follia di Paolo

Abbiamo detto ieri che l’apostolo si sfoga per il timore di vedere la Chiesa di Corinto abbandonare la fedeltà al suo Sposo e consegnarsi a un “amante”, un falso Gesù, a causa delle idee aberranti introdotte da sedicenti “superapostoli”.

È questo timore e lo zelo per la purezza del Vangelo che lo fa “parlare da folle”.

Anche nel testo di oggi fa leva sulle proprie fatiche pastorali (in un modo che lo stesso Paolo definisce stolto e folle) per ribadire ancora una volta l’infinito amore per la Chiesa e la preoccupazione dell’annuncio del Vangelo:

Chi è debole, che anch’io non lo sia? Chi riceve scandalo, che io non ne frema?

Il travaglio del parto

È questa compassione profonda e condivisione sincera della sorte della Comunità, che l’ha spinto a mettere in pericolo la sua vita:

Cinque volte dai Giudei ho ricevuto i quaranta colpi meno uno… una volta sono stato lapidato, tre volte ho fatto naufragio… Viaggi innumerevoli, pericoli di fiumi, pericoli di briganti… pericoli da parte di falsi fratelli… veglie senza numero, fame e sete, frequenti digiuni, freddo e nudità. Oltre a tutto questo, il mio assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le Chiese.

Paolo descrive le traversie i sacrifici che ha dovuto affrontare come i dolori della donna che deve partorire:

figli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore finché Cristo non sia formato in voi! (cfr Gal 4,19)

Ma, come diceva Gesù usando la stessa immagine, sa dimenticare presto la sofferenza della gestazione e del parto di fronte alla nascita, al bene spirituale e materiale delle sue Comunità (cfr Gv 16,21).

L’occhio semplice contempla i Cieli

In questo possiamo dire che l’apostolo, nel valutare se stesso, non è mosso da vanagloria, ma sa vedere le cose con l’occhio di Dio, un occhio puro e semplice, che contempla già i tesori di grazia e gloria che si accumulano non sulla terra ma in cielo, come raccomanda Gesù nel vangelo di oggi.

Per questo termina affermando:

Se è necessario vantarsi, mi vanterò della mia debolezza.

Vantarsi delle proprie debolezze

Purtroppo domani non continueremo la lettura di questa lettera perché la Liturgia ci farà celebrare la Natività si san Giovanni Battista, e da lunedì cominceremo la lettura della Genesi…

Perciò, vi consiglio di andare a leggere il capitolo 12, di cui riporto solo uno stralcio:

Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte.

Che il Signore ci conceda lo stesso occhio semplice di Paolo, capace di valutarsi in modo saggio e giusto, ciascuno secondo la misura di fede ricevuta da Dio (cfr Rm 12,3), e la stessa tenacia apostolica!