Si fida più Dio di noi che noi di Lui
Il Signore confida nell’efficacia della Sua Parola pur conoscendo la nostra impermeabilità alla Sua voce e la nostra poca fiducia in Lui.
Omelia per martedì 20 febbraio 2024
Letture: Is 55,10-11; Sal 33 (34); Mt 6,7-15
Anche le due pagine proposte oggi dal Lezionario si “specchiano” l’una nell’altra.
Nella prima lettura, ascoltiamo il celeberrimo passo di Isaia sull’efficacia della Parola di Dio, che – come la pioggia e la neve – non ritorna a Lui senza aver ottenuto effetto.
Il brano di vangelo ci dona l’insegnamento di Gesù sulla preghiera e, in particolare, la preghiera del Padre Nostro.
Dal cielo alla terra e ritorno
Dico che le due pagine si “specchiano”, perché entrambe parlano di cielo, di terra, e di parole:
- nella prima lettura è la Parola di Dio che scende dal cielo verso la terra e torna al cielo solo dopo aver operato i prodigi divini;
- nel vangelo è la parola dell’uomo che sale dalla terra al cielo sotto forma di preghiera e supplica, per tornare alla terra sotto forma di doni concessi da Dio.
Dio si fida di noi
Ho messo un titolo provocatorio a questa breve riflessione, perché mi pare di poter dire che Dio si fida ciecamente dell’efficacia della Sua Parola…
Vi chiederete se ho dubbi in proposito: ovviamente no! Non credo che il Creatore che ha detto «sia la luce» e così via1 non sia capace di fare altrettanto anche oggi…
Ma il paragone con la pioggia e la neve che irrigano, fecondano e fanno germogliare la terra, mi fa pensare a quante volte il nostro cuore non sia terra buona e accogliente verso la Parola di Dio, ma sia ricoperto da una sorta di cellofan impermeabile…
In tal senso, è davvero ammirevole la fiducia di Dio nei nostri confronti, perché si ostina a far scendere la pioggia e la neve della Sua Parola su cuori ostinatamente idrorepellenti, con la stessa fiducia del seminatore che sparge la semente in modo abbondante anche sui terreni meno adatti.2
Noi non ci fidiamo di Dio
Parallelamente, nel brano che include l’insegnamento del Padre Nostro trovo la conferma del fatto che noi, invece, ci fidiamo veramente poco di Dio. Lo si capisce dalle parole di Gesù:
«Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole».
Chi diventa logorroico, mostra chiaramente di fidarsi più della propria loquacità che non della bontà e intelligenza di chi lo ascolta.
Siamo così poco confidenti in Dio da pensare di doverlo informare dettagliatamente e convincere riguardo alle nostre necessità, ma Gesù ci rassicura:
«il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate».
Abbiamo la coda di paglia
La conclusione del brano, che fa parte integrante con l’ultima richiesta del Padre Nostro, mostra il motivo recondito del nostro non fidarci di Dio.
Preghiamo con poca fiducia perché abbiamo la coda di paglia, ovvero, sappiamo bene di fare un sacco di richieste al Signore senza però voler onorare quanto Lui chiede a noi:
«Se voi perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe».
Questa richiesta finale non è “dazio” che Dio ci impone per ottenere i Suoi benefici, ma la condizione necessaria perché i Suoi doni (in particolare la Sua misericordia) non siano sprecati o accaparrati egoisticamente, ma possano essere condivisi e portare frutti di fraternità.
Imparare a credere
Perciò, è evidente che, prima di imparare a pregare, dobbiamo imparare a fidarci di Dio almeno un decimo di quanto Egli si fida di noi.
Pregare è vivere il rapporto con Lui non come una sorta di furba “contrattazione” (in cui cercare di ottenere gratis quanto più possibile), ma entrare in quell’intimità dove possiamo capire, imparare e imitare la Sua generosità e fiducia verso ogni uomo.
- Cfr Gen 1,3.9.11ss. ↩︎
- Cfr Mc 4,2-9. ↩︎