Si vis pacem, para… pacem!

Dobbiamo essere «artigiani di pace»
Commento alle letture di martedì 21 giugno 2022

Ovvio che la pace non è una merce a buon mercato, ma noi credenti non possiamo rassegnarci ad omologarci a tutti gli altri. Cosa possiamo fare per la pace?

Letture: 2Re 19,9-11.14-21.31-35.36; Sal 47 (48); Mt 7,6.12-14

Non sono certo qui a fare facili trasposizioni o paragoni impossibili tra le situazioni raccontate dalla Parola di Dio e la storia attuale che stiamo vivendo, ma una cosa è certa: da credenti non possiamo non lasciarci interrogare da quello che la Parola ci insegna.

La Parola di Dio non è solo da leggere

Non possiamo non tenerne conto, e non cercare di vivere il nostro tempo con lo stesso atteggiamento di fede che le pagine della Scrittura ci regalano.

Altrimenti la Bibbia diventa “lettera morta”, un libro polveroso che apriamo ogni tanto con la distrazione di chi entri e si aggiri in una vecchia biblioteca piena di scaffali scricchiolanti…

Siamo diversi oppure omologati?

Siamo al 118° giorno di guerra e la pace sembra un miraggio sempre più lontano… perché?

Chiaramente le cose sono complicate, e non esistono facili soluzioni.

Non possiamo certo abbandonarci a nostalgiche utopie anni ’60, tipo Mettete dei fiori nei vostri cannoni (Proposta, famosa canzone dei Giganti).

Ma una cosa è certa: in questi mesi mi è capitato di sentire un sacco di cristiani credenti parlare di questa guerra alla stessa maniera di cui – per due anni – si è parlato di pandemia (ovvero: per schieramenti).

Il linguaggio e il tono è quello tipico dei talk show televisivi, che passano con innocente nonchalance dal trattare di questioni sanitarie, a questioni politiche, a crisi umanitarie e tattiche militari… così: tanto per parlare!

Grazie al cielo non siamo nella “stanza dei bottoni”: non abbiamo la possibilità di muovere le leve del potere (chissà quali danni saremmo capaci di fare!), ma tutti noi possiamo fare qualcosa per la pace.

La “saggezza” popolare

Anzitutto, visto quello che dicevo sopra, potremmo cominciare a non seguire più certe trasmissioni TV (tipo Porta a Porta), che non fanno altro che farci diventare “tifosi” dell’uno o dell’altro schieramento, e infonderci sentimenti di astio, attrito, scontro e linguaggi para-militari.

E poi dovremmo – anche qui – trovare un linguaggio e un atteggiamento diverso da quello politico e della “saggezza popolare” (mi viene orrore a chiamare “sagge” alcune locuzioni e proverbi secolari):

Si vis pacem, para bellum («se vuoi la pace, prepara la guerra»)

È una locuzione famosissima, e in questi mesi, anche all’interno dei nostri governi europei è la convinzione maggiore: per garantire la pace bisogna essere ben armati e in grado di difendersi, e quindi aumentare le spese militari, costituire un esercito europeo, aggiungere nuovi paesi alla NATO

E così (come già nei mesi scorsi) nel nostro Parlamento, proprio oggi, si litiga su nuovi invii di armi all’Ucraina.

Cosa possiamo fare per la pace?

Ma è solo una questione politica, ideologica, di strategia e ragionamenti sulla convenienza di essere neutrali oppure schierati?

Come credenti, possiamo avere una nostra idea che non sia solo una posizione politica, ma soprattutto una ragione di fede?

Cosa ci dice la Parola di Dio?

La prima lettura di oggi ci presenta la reazione inaspettata di Ezechìa, Re di Giuda. Sennàcherib (re d’Assiria) lo minaccia, lo dileggia e sbeffeggia perfino la sua fede:

«Non ti illuda il tuo Dio in cui confidi… tu sai quanto hanno fatto i re d’Assiria a tutti i territori, votandoli allo sterminio. Soltanto tu ti salveresti?»

Di fronte a tale minaccia cosa fa?

Altri re, in altre occasioni narrate nella Scrittura, reagirono nell’unico modo possibile secondo la ragione umana: militarmente (pur consci di essere in netta minoranza e di andare incontro ad una sconfitta certa).

Qui la reazione – invece – è quella della fede, dell’affidamento totale a Dio:

Ezechìa… salì al tempio del Signore… e pregò davanti al Signore: «Signore, Dio d’Israele, che siedi sui cherubini, tu solo sei Dio per tutti i regni della terra; tu hai fatto il cielo e la terra. Porgi, Signore, il tuo orecchio e ascolta; apri, Signore, i tuoi occhi e guarda. Ascolta tutte le parole che Sennàcherib ha mandato a dire per insultare il Dio vivente… ora, Signore, nostro Dio, salvaci dalla sua mano, perché sappiano tutti i regni della terra che tu solo, o Signore, sei Dio».

È una supplica, disperata per la situazione gravissima che incombe, ma segnata anche da una profonda fede in Dio come unico e vero Signore e re di tutti i regni della terra.

È una mossa disperata? Può darsi, ma è sicuramente un gesto di umiltà, che rinuncia all’arroganza del tentare di risolvere la questione in modo umano e fa affidamento solo sul Signore.

Si potrebbe fare così oggi?

Cosa sarebbe successo se Zelensky – anziché reagire militarmente e invocare l’aiuto militare di tutti gli Stati occidentali – avesse reagito come Ezechìa, e avesse chiamato a raccolta tutto il mondo per pregare per la sua nazione?

Non lo so. È chiaro che sono fantasie e sogni utopici, e che certe cose – con tutta probabilità – non capiteranno mai… ma noi cristiani abbiamo non solo la possibilità, ma anche il dovere di fare così.

Oppure continuiamo a lasciare che sia solo Papa Francesco a pregare e a chiederci di non dimenticarci di pregare per la pace in Ucraina?

E magari – sotto sotto – lo cataloghiamo come un “sognatore” di cose impossibili?

Da dove nasce la guerra?

Perché nel mondo nascono tante ingiustizie, di prepotenti sempre più assetati di potere che attaccano persone o Stati più piccoli e deboli di loro?

La risposta è abbastanza semplice: ogni guerra (anche le più “piccole”, come gli alterchi e i litigi famigliari o di condominio) nasce sempre da una situazione di ingiustizia e sperequazione.

È sempre perché qualcuno ha troppo (o più del necessario) che nasce la gelosia e l’invidia di qualcun altro.

La Russia ha invaso l’Ucraina per dimostrare agli Stati Uniti che non sono loro gli arbitri del mondo, ma c’è una superpotenza più forte… uno scontro tra titani.

Ma – anche nel nostro piccolo – quando qualcuno osteggia benessere sfrenato, ricchezza e potere attira sempre l’invidia o la gelosia di qualcun altro.

Le tensioni sociali nascono perché qualcuno ha troppo e qualcun altro non ha nemmeno il necessario.

I ladri non vanno a rubare nelle tendopoli e nelle catapecchie, ma nelle villette signorili e in appartamenti di gente che ha ben più del necessario per vivere, o vive sopra le proprie possibilità, dandosi delle arie…

Porre le basi della pace

Forse – se ci fossero meno differenze di questo tipo – ci sarebbero anche meno litigi e “guerre domestiche”.

Se spingere Russia e Ucraina alla pace non è qualcosa alla nostra portata… il vivere nella semplicità, nella sobrietà, rinunciando a tutti gli agi, i lussi, le comodità, la difesa coi denti delle “nostre cose” (e – allo stesso tempo – smettere di invidiare chi ha di più), non è – invece – una cosa fattibile?

Non sarebbe un porre le basi per la pace, almeno nei luoghi che viviamo tutti i giorni?

È vero: è una «porta stretta», come dice il vangelo di oggi, ma – se crediamo – è quella che dobbiamo imboccare, perché

«larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano».