Siate pronti! 19ª Domenica del Tempo Ordinario (C)

Siate pronti
Omelia per domenica 7 agosto 2022

Letture: Sap 18,6-9; Sal 32(33); Eb 11,1-2.8-19; Lc 12,32-48

«Siate pronti!»

Questa raccomandazione di Gesù mi è molto cara, e lo è diventata sempre più da quando nel lontano marzo 2003 sono diventato Scout (il motto dello scautismo, infatti, è «estote parati», che è la versione latina di «siate pronti»).

Mi piace perché esprime il senso della vita di un credente, che deve ricordare sempre, in ogni momento, di essere solo un pellegrino in questo mondo, in cammino verso un’altra destinazione, che sarà quella definitiva.

Come se non ci fosse un domani

Quante persone vivono come se non ci fosse un domani, come se questa terrena fosse l’unica esistenza… non solo atei o miscredenti, ma anche sedicenti cristiani che vanno a Messa tutte le domeniche!

Ma per un credente non è ammissibile un pensiero di questo tipo! È avvilente, anche solo da un punto di vista umano: come si fa ad immaginare che prima o poi tutto finisca, anche le cose belle che abbiamo tanto desiderato, sognato, cercato, conquistato con tante fatiche? Gli affetti, le amicizie, gli amori?

Se tutto andasse perduto con la nostra morte sarebbe una tragedia immane, e non avrebbe senso vivere, né faticare, né sperare!

È sempre stato così

Ma – da che mondo è mondo, purtroppo, – è sempre stato così: l’uomo vive “alla giornata”, senza preoccuparsi dell’aldilà, e non si preoccupa (né si rende conto) del fatto che il Regno di Dio si sta avvicinando (cfr Mc 1,14-15).

È Gesù stesso a rimarcarlo (nel brano di Matteo parallelo a quello che abbiamo ascoltato oggi in Luca):

«come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti…» (cfr Mt 24,38-39).

Ma una vita “dopo” c’è, ci attende: ce l’ha assicurato Gesù:

«Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi» (cfr Gv 14,1-3).

Incutere paura non serve a nulla

Di fronte ad un mondo “anestetizzato” e distratto, la Chiesa del passato ha usato spesso l’arma della paura, cercando di spaventare l’umanità con minacce di dannazione eterna (a discapito del messaggio di misericordia del Vangelo).

L’ha fatto – magari anche in buona fede – interpretando in modo un po’ troppo letterale i versetti che abbiamo ascoltato oggi:

«se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».

Quella di Gesù – però – è una similitudine, un paragone: non intende assolutamente dipingere Dio come un ladro che viene con cattive intenzioni, con lo scopo di toglierci ciò che abbiamo di più prezioso (magari anche la vita)!

Non è con la paura che si guadagna il rispetto (l’ho ribadito qualche giorno fa in una riflessione feriale)! Volete che Dio non lo sappia? Lui che ci ama alla follia eppure ci lascia liberi di abbandonarlo ogni volta?

Sarebbe bene che alcuni “nostalgici” della Chiesa tradizionale (o tradizionalista) se ne facessero una ragione: non è minacciando a destra o sinistra, indicando il diavolo dietro ogni angolo e portando in tasca l’immaginetta di San Michele Arcangelo che si recupera l’umanità perduta.

Dio vuole sconfiggere le nostre paure

Lo «state pronti» di Gesù non è una minaccia, uno spauracchio, ma un consiglio, ed è da leggere come prosecuzione delle parole che aprono il brano evangelico ascoltato oggi:

«Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno».

Non solo Dio non ci vuole far paura («non temere»), ma – anzi – vuole sconfiggere e lenire le nostre paure, attraverso la dolcezza («piccolo gregge») e la rassicurazione di una promessa già compiuta («al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno»).

Tutto il brano (compreso l’esempio del ladro) è da leggere in quest’ottica.

Non sono minacce: sono consigli su come fare la propria parte per attuare definitivamente la promessa di Dio (che Dio ha già mantenuto da parte Sua).

Perciò ci “svela i trucchi”

Proprio perché ci vuole così bene, proprio perché vuole che “vinciamo la gara”, il Signore ci spiega in anticipo tutti i “trucchi” del “gioco”, come fa un sapiente navigatore di rally per il suo pilota, per informarlo in largo anticipo sulle curve e le asperità del tracciato che sta percorrendo.

È bello leggere la parabola dei servi vigilanti in parallelo con la versione di Marco, che aggiunge molte indicazioni temporali in più, quasi a voler essere ancor più dettagliato (vi metto le due versioni affiancate per una lettura sinottica):

Luca (12,35-38)Marco (13,33-36)
Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito.
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!
Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati

Il Signore non solo non vuole «coglierci in fallo» (come il ladro), ma – anzi – : Gli sta a cuore trovarci non addormentati, ma svegli, pronti ad accoglierlo.

E questo non per farsi servire, ma per poterci servire Lui stesso dopo averci fatti sedere a tavola! (cfr Mt 20,28)

Ma come si fa ad essere pronti sempre?

Ma come si fa a farsi trovare pronti ad ogni ora come i servi descritti nel vangelo? Ovviamente non possiamo restare svegli 24/24h per tutta la vita! È umanamente impossibile.

Anche qui ci troviamo di fronte a una metafora: la vigilanza indicata da Gesù non è fisica, ma spirituale.

E allora? Dobbiamo stare raccolti in preghiera per tutto il tempo in cui siamo coscienti? Dobbiamo ritirarci tutti in un monastero e attendere la fine del mondo in stato di clausura? Non è la vocazione di tutti!

Le persone che vivono “nel mondo” devono attuare la vigilanza in un altro modo, perché rischierebbero di buttare e sprecare la loro vita (e la loro vocazione) se pensassero di vivere “da monaci” anche se non lo sono. Ascoltiamo in proposito l’apostolo Paolo che rimprovera certi “avventisti”:

Sentiamo infatti che alcuni fra voi vivono una vita disordinata, senza fare nulla e sempre in agitazione. A questi tali, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, ordiniamo di guadagnarsi il pane lavorando con tranquillità (2Ts 3,11-12).

C’erano al tempo di Paolo (e ci sono anche oggi) persone convinte che – siccome la parusìa era imminente – tanto valeva fermare tutto e mettersi in attesa frenetica (e farneticante) della fine del mondo.

Al lavoro: ciascuno al suo posto

Di chiaro e attuabile in modo concreto, nella parabola dei servi vigilanti, c’è l’atteggiamento operoso, «ciascuno attento al suo compito», come specifica Marco.

Ecco svelato il segreto della vita cristiana: operosa e allo stesso tempo vigilante.

Vivere da credenti significa continuare a fare il proprio lavoro quotidiano, ma “alla presenza del Signore”, nella certezza che vivere bene la propria vocazione è il modo più concreto e più semplice di farsi trovare sempre pronti, sempre “sul pezzo”.

Mi piace il consiglio che mi ha dato un mio vecchio parroco su come rispondere al Vescovo in caso di chiamata per una nuova destinazione: «due orette per fare le valige e sono operativo». Dovrebbe essere il modo per rispondere anche alla chiamata del Signore, no?

Pronti e operativi, qui ed ora

Cos’altro chiede il Signore a una madre di famiglia se non di essere una mamma premurosa, una moglie amorevole e una brava e instancabile lavoratrice (sia che lavori in casa, sia che sia impegnata in un’attività lavorativa)?

Cos’altro chiede ad un medico oltre a svolgere al meglio la sua preziosa professione, salvando vite? E magari facendolo con umanità e tenerezza (oltre che per portare a casa lo stipendio)?

Cos’altro chiede a me – sacerdote – se non di svolgere bene il mio ministero, nella dedizione alla gente che mi ha affidato?

Per essere un santo prete non devo necessariamente andare in Stazione a Bergamo a sostituire il buon don Fausto Resmini (che è insostituibile)! È sufficiente che io ami tutti i fratelli come li ama Gesù, qui ed ora, non sognando di andare in Missione o chissà dove!

Tutt’al più, a me – sacerdote – chiede di ricordare sempre che «A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più», ma su questo, permettere che mediti io in silenzio nel mio intimo.

La morte non ci fa paura

Se vivremo così, pronti e operativi ogni giorno, ciascuno al suo posto, la venuta del Signore e la Sua chiamata non saranno una sorpresa (o, peggio, un dispetto), ma una festa!

Sì, perché saremo pronti in ogni istante: pronti ad andare dove Lui ci aspetta da sempre.

Con questo modo di vivere la vita il cristiano non teme più nemmeno la morte, ma – anzi – vive portando nel cuore la nostalgia, il desiderio di una festa senza fine, quella che il Signore è andato a preparare, e che inizierà proprio il giorno del Suo ritorno:

«Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli».