Soltanto abbi fede. 13ª Domenica del Tempo Ordinario (B)

aver fede è metterci nelle mani di Dio
Omelia per domenica 30 giugno 2024

Dio ci chiede “solo” di avere fede. E vi pare poco?! Avere fede è andare oltre ogni evidente certezza, oltre il dolore, oltre la morte. Come è possibile?

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Letture: Sap 1,13-15. 2,23-24; Sal 29 (30); 2Cor 8,7.9.13-15; Mc 5,21-43

Dolore innocente, sofferenza infinita, morte ingiusta: nel brano di vangelo odierno ci sono tutti gli ingredienti per mettere Dio con le spalle al muro, e tutti i Suoi “fans” assieme a Lui; eppure la Parola continua a ripetere:

Dio non ha creato la morte
e non gode per la rovina dei viventi.

Chi è stato?

E allora da dove viene tutto il male che avvelena il mondo? È il grande quesito che ha dato origine alla Teodicea:

Se Dio esiste, da dove viene il male? E se non esiste, da dove viene il bene?

La Scrittura dice che la morte è entrata nel mondo per l’invidia del diavolo.

Bene, buono a sapersi, e adesso? Ora che sappiamo chi è il colpevole abbiamo risolto qualcosa?

Assolutamente no! Come quando si mette in galera un assassino: anche se «giustizia è stata fatta», il morto non ritorna in vita.

E poi non ci basta nemmeno ad “assolvere” Dio, perché – anche se non è Lui a mandare la sofferenza e la morte – il Suo essere buono e onnipotente lo tengono “in scacco”, dato che non fa nulla per evitarcele.

Dio non è indifferente

Ma è proprio qui che entra in gioco il messaggio evangelico: Gesù è venuto a mostrarci concretamente e attivamente che Dio non se ne sta inerte e indifferente di fronte alla nostra sofferenza: quando ci gettiamo ai Suoi piedi come Giàiro e lo supplichiamo, Egli viene con noi.

E quando cerchiamo in qualche modo di toccarlo per essere guariti e salvati dai nostri mali, Lui non si sottrae, ma cerca il nostro sguardo per dirci di persona, come all’emorroissa:

«Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».

La fede che viene prima

Ma per incontrare questo Dio che non se ne sta indifferente occorre fede, una fede che viene prima, non dopo.

A un primo sguardo, sia Giàiro che l’emorroissa potrebbero sembrarci due persone disperate, alla ricerca di una soluzione, la prima anche un po’ superstiziosa… ma Gesù – che legge nel cuore dell’uomo – ci fa capire che, invece, sono persone di fede.

Alla donna, infatti, dice: «Figlia, la tua fede ti ha salvata», e a Giàiro chiede di continuare ad aver fede nonostante l’abbia raggiunto la notizia più tragica di tutte: la morte di sua figlia.

Dobbiamo solo aver fede

Ma, se davanti a una malattia c’è la speranza, anche solo remota, di poter guarire, com’è possibile continuare ad aver fede dopo che la morte ha posto il sigillo e la parola “fine” su ogni cosa?

Mi viene in mente l’episodio del re Davide, che digiunava e piangeva per impetrare la guarigione del figlio ma, una volta morto, si lavò e profumò, rispondendo ai suoi servi esterrefatti:

«perché digiunare? Potrei forse farlo ritornare? Andrò io da lui, ma lui non tornerà da me!» (cfr 2Sam 12,13-23)

Di fronte alla morte, come è possibile assecondare l’invito di Gesù a Giàiro «non temere, soltanto abbi fede!»? Come se fosse semplice!

Sperare contro ogni speranza

Ma avere fede è proprio questo: credere prima che le cose vadano come speriamo, fidandoci di Cristo che ci dice «Io sono la risurrezione e la vita»,1 rimanendo saldi nella speranza contro ogni speranza,2 come Abramo: Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti (cfr Eb 11,17-19).

Avere fede è sperare in ciò che non vediamo attendendolo con perseveranza, come dice l’apostolo Paolo; infatti ciò che si spera, se è visto, non è più oggetto di speranza (cfr Rm 8,24-25).

Come dice l’autore della Lettera agli Ebrei, la fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede (cfr Eb 11,1-2).

La prima cosa da chiedere

Non è facile credere, metterci nelle mani di Dio prima di avere una qualsiasi rassicurazione.

Noi non siamo ancora al livello di Giàiro e dell’emorroissa: prima di rivolgerci a Gesù per chiedergli aiuto nella prova e nel dolore, abbiamo bisogno di domandargli il dono della fede.

Per questo, come il padre del ragazzo epilettico, gli diciamo «aiuta la mia incredulità!»;3 come i discepoli gli chiediamo «Accresci in noi la fede!».4

L’unico degno di fiducia

In un mondo basato solo sulle evidenze materiali si fa la figura degli stupidi a credere, ma poi – alla prova dei fatti – chi riesce a rimanere saldo nel momento del dolore, della sofferenza e della morte, come la casa fondata sulla roccia,5 è solamente chi ha riposto la propria speranza in Dio, perché solo Lui è degno di fiducia.

Come Paolo, diciamo anche noi «so in chi ho posto la mia fede» (cfr 2Tm 1,12).

  1. Cfr Gv 11,25-26. ↩︎
  2. Cfr Rm 4,16-22. ↩︎
  3. Cfr Mc 9,24. ↩︎
  4. Cfr Lc 17,5-6. ↩︎
  5. Cfr Mt 7,24-27. ↩︎