La “conversione” di Dio
La conversione non è qualcosa che riguardi Dio (dato che Egli non può nemmeno concepire il male), ma il Suo ritirare le minacce è una scuola anche per noi.
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La conversione non è qualcosa che riguardi Dio (dato che Egli non può nemmeno concepire il male), ma il Suo ritirare le minacce è una scuola anche per noi.
Staccarsi dalle proprie radici è sempre difficile, ma è imprescindibile per imparare a relativizzare ciò che è caduco e riconoscere come assoluto solo Dio.
La Veglia Pasquale completa il cammino quaresimale alla riscoperta del nostro battesimo: siamo stati battezzati, cioè sepolti in Cristo, per risorgere con Lui.
Se siamo come Giuda la notte resterà notte, ma se facciamo come Nicodemo, andando da Gesù, veniamo verso la luce: la nostra notte risplenderà della luce di Dio.
Dio vuole che anche il titolo della nostra vita sia «Vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio». Che lo sia, e che il contenuto vi corrisponda, dipende da noi.
È vero: «l’abito non fa il monaco», ma se cambiar d’abito vuol dire «rivestirsi di Cristo» allora cambiare abito è essenziale, e anche cambiare abitudini.
I nostri discorsi si intreccino con Gesù (Parola fatta carne) e la nostra casa sia luogo di una “Eucaristia domestica” dove ci si spezza e ci si fa Dono.
Il cristiano non può dire «non ce la faccio, sono fatto così»: renderebbe vana la Croce di Cristo e la Sua Grazia!