Comprendere la Parola di Dio è nutrirsene
Capire la Parola di Dio non è una questione intellettuale: significa farla entrare come “cibo” nel cuore perché dia forza all’azione, specialmente nella carità.
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Capire la Parola di Dio non è una questione intellettuale: significa farla entrare come “cibo” nel cuore perché dia forza all’azione, specialmente nella carità.
Se vogliamo cristiani (e quindi attrattivi nella fede), dobbiamo girarci “dal verso giusto”, quello dell’Amore accogliente di Cristo per ogni uomo.
Oggi dobbiamo ricostruire il tempio che è la Chiesa di persone e non aver paura di sgravarci di tante strutture (anche chiese) che non rappresentano più nulla.
Fede e religiosità non sono la stessa cosa: spesso si rischia di ridurre il proprio essere cristiani a dei gesti che rasentano la superstizione. Stiamo attenti.
Gridare verso il Signore può essere segno di affidamento, ma anche lamento inutile e sintomo di poca fiducia in Lui. Noi quando gridiamo al Signore?
Perché devo raccontare i miei peccati a un prete, che è un uomo e un peccatore come me? Non posso chiedere perdono direttamente a Dio? Chi l’ha prescritto?
Se l’occhio è luminoso e puntato verso il Regno dei Cieli, non si cade nell’errore della vanagloria, ma si diventa capaci di vantarsi di ciò che è dono di Dio.
Nel difendere il proprio ministero di apostolo, Paolo illustra le altissime qualità dell’apostolato: amore smisurato per la Chiesa e fedeltà assoluta al Vangelo.
La missione dello Spirito Santo è operare senza posa la santificazione della Chiesa. Egli, per mezzo dei sacramenti e dei ministeri, santifica il popolo di Dio, lo guida e lo adorna di virtù.
Perché «ad Antiòchia per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani»? Oggi meritiamo ancora quel nome? Ce ne sono ancora le condizioni necessarie?