Imparare a gioire. 3ª Domenica di Avvento (B)
La gioia è un sentimento spontaneo, ma imparare a gioire si può. Ce lo insegna la Scrittura attraverso la gioia di Maria, dei Profeti e i consigli di san Paolo.
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La gioia è un sentimento spontaneo, ma imparare a gioire si può. Ce lo insegna la Scrittura attraverso la gioia di Maria, dei Profeti e i consigli di san Paolo.
Il profeta, oltre ad aiutare il popolo a riconoscere le proprie infedeltà, sa infondere coraggio nella salvezza che viene da Dio quando ci si pente sinceramente.
Capire la Parola di Dio non è una questione intellettuale: significa farla entrare come “cibo” nel cuore perché dia forza all’azione, specialmente nella carità.
Come tutti, siamo sempre in cerca del bello e del bene, perché ci fanno sperimentare la felicità. Ma quasi mai li cechiamo nel “posto” giusto, ovvero: in Dio.
La gioia vera è la ricompensa del Padre, che Egli fa scaturire nel segreto del nostro cuore, luogo intimo di incontro con Lui e tempio della Sua presenza.
L’atteggiamento dei pastori dopo l’annuncio dell’angelo è l’invito che la Liturgia fa a ciascuno di noi: occorre «andare senza indugio» a incontrare il Signore.
Solo l’anima a cui il Signore si è degnato di fare grandi cose può magnificarlo con lode degna. dal Commento su san Luca di san Beda il Venerabile (Magnificat).
La Scrittura ha la pretesa di insegnarci la “ricetta” della felicità, e lo fa senza chiedere in cambio null’altro che di fidarci di Dio e di essere costanti.
«Abbiamo trovato il Messia». Dalle Omelie sul vangelo di Giovanni di san Giovanni Crisostomo (in occasione della festa di sant’Andrea apostolo)
Se accogliamo l’invito di Gesù a portare il “giogo” assieme a Lui la nostra vita sarà un partorire nella gioia, altrimenti sarà solo «partorire vento» e dolore.