Chi sono io? Chi è Dio?
Mosè si chiede «chi sono io?». Scoprirà la propria identità solo entrando in relazione con Dio e conoscendolo come il Dio dei suoi padri, che sarà con lui.
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Mosè si chiede «chi sono io?». Scoprirà la propria identità solo entrando in relazione con Dio e conoscendolo come il Dio dei suoi padri, che sarà con lui.
La domanda che Giuseppe rivolge ai fratelli dovrebbe essere il nostro esame di coscienza quotidiano, quando ci mettiamo al posto di Dio nel giudicare gli altri.
Giuseppe non fa come se nulla fosse accaduto: aiuta i suoi fratelli a riconoscere il male compiuto, ma anche a rileggere la vicenda dal punto di vista di Dio.
Le avversità della vita sono un’occasione per riconoscere sinceramente le nostre colpe, anche se non sono direttamente legate ad esse. Non perdiamo l’occasione.
Il segno della presenza di Dio nel mondo è il male che si trasforma in bene: miracolo che solo Lui sa operare (segno evidente e luminoso è la Croce di Cristo).
Dio ha premura di salvare la nostra vita, ma ha un’infinita pazienza verso i nostri tentennamenti, al contrario di quanto facciamo noi coi nostri fratelli.
L’Amore non è qualcosa che possiamo auto-produrre. L’Amore è da Dio, anzi: l’Amore è Dio, e per impararlo non possiamo far altro che lasciarci amare da Lui.
Pare che per essere missionari servano dei superpoteri, ma l’unico vero potere da acquisire è sentire nell’intimo la stessa compassione di Cristo per l’umanità.
Quando evochiamo l’ira di Dio dipingiamo un demone, non certo il Dio Padre che ci ha fatto conoscere Gesù e che lo Spirito Santo ci fa conoscere sempre meglio.
Gesù è il servo sofferente: «non grida e non alza il tono», non esagera… Sia questo anche il nostro atteggiamento, entrando nei giorni santi dietro a Gesù.