Cristiani DOCG. Martedì della 4ª settimana di Pasqua
Perché «ad Antiòchia per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani»? Oggi meritiamo ancora quel nome? Ce ne sono ancora le condizioni necessarie?
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Perché «ad Antiòchia per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani»? Oggi meritiamo ancora quel nome? Ce ne sono ancora le condizioni necessarie?
Con la Chiesa di oggi Gesù deve proprio cacciare fuori le Sue pecore (e anche i Suoi pastori), perché non hanno un granché voglia di uscire in missione.
Come possiamo aspettarci che la gioia del Vangelo si diffonda se la teniamo nascosta? La Chiesa deve uscire subito ad annunciare «Abbiamo trovato il Messia!»
«Non dire: “Sono giovane”» è un rimprovero per ciascuno di noi: di considerare la nostra storia contando solo sulle nostre forze, e mai sulla grazia di Dio.
Non c’è bisogno di preparare alcun discorso se si è nella verità, perché Dio è sempre dalla nostra parte, e parla Lui a nostra difesa, perfino contro Se stesso!
Cristo ha vinto il male del mondo in quanto Agnello: dando la vita con Amore. Così dobbiamo essere noi in quanto veri agnelli, e non lupi travestiti da pecore.
Perché l’annuncio del Regno di Dio sia credibile, bisogna andare «a due a due», nell’amore reciproco, e spogliarsi di tutto il superfluo che ci appesantisce.
Il Battista sa e accetta di non essere altro se non «voce di uno che grida»: si annienta davanti alla Parola di cui è profeta, e questo lo rende ciò che è.
Dire “addio” non è abbandonare una persona a se stessa, ma riconsegnarla, restituirla a Dio, aiutandolo così a ricomporre il Suo “tesoro”.
Dio ci invita a non avere paura, a passare dalla paura degli uomini e della morte alla paura di perdere Lui. Ci insegna – cioè – il santo Timor di Dio.