Io so che il mio redentore è vivo
In mezzo alle sofferenze innocenti che fanno piangere il mondo, noi cristiani siamo chiamati alla nonviolenza, affidandoci solamente a Cristo Redentore.
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In mezzo alle sofferenze innocenti che fanno piangere il mondo, noi cristiani siamo chiamati alla nonviolenza, affidandoci solamente a Cristo Redentore.
I «perché?» di Giobbe sono il condensato del grido dell’innocente. Lamenti, domande e proteste, se rivolti con fiducia a Dio, sono preghiera autentica.
Se si vuole essere discepoli del Cristo c’è solo una strada: rinnegare se stessi e accogliere la Croce ogni giorno: prendere o lasciare.
Gli apostoli e i missionari del Vangelo, oltre ad essere umili servitori perseguitati, devono essere padri amorevoli per ogni discepolo di Cristo.
La sapienza della Croce illumina le tenebre del dolore dal di dentro: Dio non spiega la sofferenza, ma la prende su di Sé, e così la annienta.
Dio chiede a Ezechiele di non fare il lutto per la morte della moglie per far riflettere il popolo sull’indifferenza che regna sovrana tra gli uomini.
Ciascuno di noi è stato segnato col “tau”, con la “firma” di Dio, il giorno del Battesimo: cerchiamo di fare in modo che questo segno non si cancelli.
Portare nel proprio corpo la morte di Gesù non significa fare le vittime, ma vivere in tutto e per tutto come Cristo, fino al dono totale di sé.
Il Signore ci dice «venite a me», perché ci vuole consolare e rinfrancare, e si offre di portare i pesi assieme a noi, come nostro “coniuge”.
Dio ha dato agli uomini il potere di rimettere i peccati, e non solo ai sacerdoti nel ministero della riconciliazione, ma a tutti, gli uni verso gli altri, ma…