Indossiamo le armi della luce. 1ª Domenica di Avvento (A)
Non si può attendere qualcosa in cui non si crede più. Se vogliamo davvero la pace, dobbiamo riconvertire «le lance in falci» e «indossare le armi della luce».
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Non si può attendere qualcosa in cui non si crede più. Se vogliamo davvero la pace, dobbiamo riconvertire «le lance in falci» e «indossare le armi della luce».
Il 2 novembre per noi credenti non è giorno di nostalgico ricordo, ma di reciproco invito alla speranza che non delude: quella in Cristo, che ha vinto la morte.
Esser pronti come ci chiede il Signore non è avere paura che torni di soppiatto per coglierci in fallo, ma non vedere l’ora che arrivi per fare festa con noi!
Se accogliamo l’invito di Gesù a portare il “giogo” assieme a Lui la nostra vita sarà un partorire nella gioia, altrimenti sarà solo «partorire vento» e dolore.
Gesù Risorto non è salito in cielo, ma è disceso definitivamente e in modo totalmente nuovo sulla terra, riempiendola per sempre della Sua presenza.
La luce che buca le tenebre del nostro cuore è la notizia gioiosa che Dio si è fatto uomo e nostro figlio, per farci tornare nuovamente ad essere Suoi figli
Ai nostri giorni si dice spesso che «c’è poco da stare allegri», invece la Liturgia ci invita alla gioia e alla letizia. Ci sarà un motivo…
Davanti ad ogni segno, anche il più “catastrofico”, Cristo ci invita a non irrigidirci, ma ad imparare la tenerezza che fa germogliare la speranza e la fede
Il frutto è maturo! Non è più tempo di dormire ora, ma «di svegliarsi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti»
Ci sono segni semplici e straordinari allo stesso tempo, che rendono presente il Maestro, perché è Lui a compierli attraverso le mani di chi crede