Coscienza e verità. 5ª Domenica di Pasqua (B)
L’unico modo per «avere la coscienza in pace» è rimanere nella Verità, ovvero: non interrompere il legame e il rapporto intimo con Dio.
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L’unico modo per «avere la coscienza in pace» è rimanere nella Verità, ovvero: non interrompere il legame e il rapporto intimo con Dio.
Quando nelle preghiere dei fedeli diciamo «Ascoltaci, Signore», diventiamo la voce e la supplica di tutti i giusti perseguitati.
Il vero digiuno è cercare la giustizia a tutti i costi, gridando la verità, senza paura di essere profeti scomodi. Non c’è pace senza giustizia e verità!
Amare non a parole ma con i fatti e nella verità significa anzitutto uscire dalla nostra indifferenza che ci rende insensibili e distratti verso i fratelli.
Chi dice di essere cristiano ma fa tutto il contrario di quel che Cristo ha fatto e insegnato dovrebbe chiedersi se non è il caso di cambiare nome, e religione.
Se ci diciamo cristiani non possiamo tacere! Siamo bugiardi ogni volta che, di fronte alle tragedie e alle ingiustizie del mondo, diciamo «cosa ci posso fare?».
Pace e giustizia vanno “a braccetto”: non ci potrà essere pace senza ripristinare la giustizia. La giustizia, però, non si fa con la violenza, ma nella verità.
Davanti alle tragedie un cristiano non può essere indifferente o partigiano, dividere il mondo tra “noi” e gli “altri”, perché «siamo membra gli uni degli altri».
Gesù ci invita a cogliere ogni occasione per una catechesi, un annuncio schietto di cosa voglia dire vivere da cristiani nel mondo, e ci insegna come farlo.
Nella confessione non ci sono parole o argomenti “tabu”, ma è bene non dimenticare mai lo scopo di questo sacramento e viverlo al meglio.