Tutti a tavola! 22ª Domenica del Tempo Ordinario (C)

Tutti a tavola!

Se staremo ultimi e con gli ultimi, se inviteremo alla nostra tavola «poveri, storpi, zoppi, ciechi», saremo nel posto giusto, pronti per essere serviti da Dio.

Omelia per domenica 28 agosto 2022

Letture: Sir 3,17-20.28-29; Sal 67 (68); Eb 12,18-19.22-24; Lc 14,1.7-14

La tavola, la mensa, è uno dei luoghi più frequentati da Gesù: è il luogo privilegiato per incontrare gente di tutti i ceti sociali, ma in particolare quelli più malvisti.

Non a caso, uno dei rimproveri che gli venivano fatti era:

«Ecco un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori!» (cfr Lc 7,33-34)

La tavola al centro della Scrittura

In tutta la Bibbia, il termine “tavola” torna ben 102 volte, ma – anche solo nel vangelo di Luca – la parola compare dieci volte, e le situazioni che si svolgono attorno ad una mensa sono molte di più.

La prima (che – appunto – non è citata esplicitamente) è quella della casa di Pietro, a Cafarnao, dove la suocera di Simone viene liberata dalla febbre e subito si alza in piedi a servire Gesù e i discepoli (cfr Lc 4,38-39).

La seconda è proprio quella di un pubblicano, Matteo:

Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa. C’era una folla numerosa di pubblicani e di altra gente, che erano con loro a tavola (Lc 5,29).

La cosa manda su tutte le furie i “benpensanti” dell’epoca:

I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: «Come mai mangiate e bevete insieme ai pubblicani e ai peccatori?» (Lc 5,30)

Ma è proprio perché Gesù non guarda in faccia a nessuno che siede indifferentemente a tavola con i pubblicani e con i farisei, ai quali non perde l’occasione di offrire i Suoi insegnamenti.

La tavola dell’insegnamento

Il primo è Simone il fariseo, nella cui casa avviene la scena della peccatrice che bagna di lacrime i piedi di Gesù, li asciuga coi suoi capelli, li bacia e li cosparge di profumo (cfr Lc 7,36-50), e il Maestro dà un prezioso insegnamento sul rapporto tra perdono e amore.

Il secondo è lo “sfortunato” fariseo nella cui casa Gesù sfodera tutte le sue più dure invettive e i più tonanti «Guai!» contro l’ipocrisia di scribi, farisei e dottori della legge (cfr Lc 11,37-54).

Il terzo è appunto il protagonista del vangelo odierno, nella cui dimora avviene anzitutto la guarigione dell’idropico in giorno di sabato (cfr Lc 14,1-6), e poi i due preziosissimi insegnamenti sull’umiltà e la carità.

Osservato osservatore

È interessante l’annotazione iniziale dell’evangelista:

Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo…

Come spesso accade nella vita pubblica di Gesù, i capi religiosi del tempo lo interrogano e lo invitano con l’unico intento di metterlo alla prova, di “fargli le pulci”, di metterlo sotto il microscopio; ma qui l’osservato diventa osservatore:

Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti.

Gesù non era solo un grande osservatore contemplativo della natura, dal cui mondo traeva le Sue più affascinanti parabole, ma anche attento scrutatore delle situazioni umane.

In Gesù Dio si mostra attento alla vita degli uomini, alle “pieghe” del quotidiano, e in quelle si inserisce e si incarna, con l’intento di portare la novità del Vangelo:

«Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto…»

Consigli di vita… nuova

Come ho avuto modo di dire già nella riflessione di tre anni fa, quelli di Gesù «non sono consigli di Galateo, di bon ton o – peggio ancora – dei suggerimenti “furbi” su come nascondersi dietro una falsa modestia per ottenere lodi, pregio e notorietà».

A Gesù sta a cuore che gli uomini conoscano e capiscano il cuore e la “logica” di Dio, che dall’altezza del Suo Regno si è fatto ultimo e servo per venire incontro agli uomini e poterli incontrare tutti, dai più poveri in su.

Quella che Gesù raccomanda non è una vita ipocrita, fatta di false (e interessate) modestie, ma la vita nuova del Vangelo!

Il banchetto celeste

Ecco perché nella riflessione di quest’anno ho messo al centro la tavola, perché essa è il “luogo del cuore” di Gesù.

È la tavola dell’amicizia e dell’intimità nella casa di Marta, Maria e Lazzaro a Betania (cfr Lc 10,38-42 e Gv 12,1-11); ma è soprattutto quella tanto desiderata dell’Ultima Cena coi Suoi discepoli:

Quando venne l’ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui, e disse loro: «Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, perché io vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio» (Lc 22,14-16).

È proprio questa dichiarazione nel Cenacolo che ci fa capire l’intento vero del sedersi così spesso a tavola di Gesù: la prefigurazione del banchetto celeste, immagine che attraversa tutta quanta la Scrittura.

Lo si intuisce bene nelle parabole, come quella che abbiamo ascoltato all’inizio di agosto:

Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli (cfr Lc 12,35-38).

Ognuno al suo posto

È questo accenno al padrone che «fa mettere a tavola i suoi servi» a spiegare il motivo del primo richiamo di Gesù nel vangelo di oggi («Quando sei invitato… non metterti al primo posto»).

Non bisogna scegliere i posti (magari anche sgomitando), non solo per questione di umiltà, ma perché il nostro posto l’ha già assegnato il padrone, ed è sempre un posto di riguardo.

Qualsiasi posto noi cerchiamo di sceglierci da soli, pensando di fare i furbi, o di meritarcelo a tutti i costi e più di ogni altro, non è il posto che il padrone ha pensato per noi; proprio come si sentirono rispondere i due discepoli Giacomo e Giovanni:

«…sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato» (cfr Mt 20,20-38).

L’ultimo posto è già occupato

Essendosi fatto Dio per primo l’ultimo e il servo di tutti in Gesù, non ci sarà mai il rischio di sentirci umiliati e messi all’ultimo posto, perché l’ultimo posto è già occupato da Lui, e lo sarà sempre!

Non dobbiamo aver paura di stare “in fondo alla fila”, perché dietro a noi si metterà sempre il Signore, per farci sentire come Lui, e più grandi di Lui.

Questo è il senso del «chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».

Se staremo ultimi e con gli ultimi, se inviteremo alla nostra tavola «poveri, storpi, zoppi, ciechi», saremo sicuri di essere nel posto giusto, e pronti per essere fatti sedere e serviti dal Re:

«Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi» (Mt 25,34-36).