Un giorno benedetto e sacro
Il lavoro nobilita l’uomo solo se l’uomo può fermarsi a contemplare il frutto delle proprie fatiche. Per questo Dio ha benedetto il giorno del riposo.
Omelia per mercoledì 1° maggio 2024
Letture: Gen 1,26-2,3 (oppure Col 3,14-15.17.23-24); Sal 89 (90); Mt 13,54-58
La ricorrenza liturgica di san Giuseppe lavoratore fu istituita da Pio XII nel 1955, nel contesto della Festa dei Lavoratori, celebrata quasi universalmente il 1° maggio: è chiaro, perciò, l’invito a riflettere cristianamente sul tema del lavoro.
Nella riflessione dell’anno scorso, ho attinto soprattutto ai testi del Magistero; quest’anno vorrei partire dalla Parola di Dio.
Il settimo giorno
Le Letture del Lezionario per questa memoria sono proprie, e la prima (tra le due che possiamo scegliere) è tratta dal primo capitolo del Libro della Genesi; alla fine del brano, l’autore sacro annota:
Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto. Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli aveva fatto creando.
Il settimo giorno è citato per ben tre volte:
- come giorno del perfezionamento e compimento della Creazione,
- come giorno della cessazione di ogni attività da parte di Dio,
- come giorno benedetto e consacrato.
Imitare il Creatore
Non è solo la descrizione di quello che fece Dio, ma l’invito implicito a prenderlo come esempio da imitare, proprio perché Dio creò l’uomo a Sua immagine e somiglianza e lo invitò a portare avanti l’opera della Sua Creazione.
La cosa diventa del tutto esplicita nel Libro dell’Esodo, quando Dio consegna a Mosè le Dieci grandi Parole, la terza delle quali suona così:
«Ricòrdati del giorno del sabato per santificarlo. Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro… Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno del sabato e lo ha consacrato» (cfr Es 20,8-11).
Lavoro e riposo
Il messaggio della Scrittura è che non ci può essere un lavoro degno di questo nome se non ci si dà il tempo necessario per fermarsi a riposare.
Anche l’uomo ha bisogno di fermarsi e contemplare quanto ha fatto con tutto l’impegno profuso nella sua attività, come il Creatore:
Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona.
Mi piace immaginare Dio che si mette le mani sui fianchi, si guarda attorno e dice: «caspita! che bravo sono stato! Ora mi merito proprio un po’ di riposo».
Liberi, non alienati
Altrimenti il lavoro diventa alienante, altro che nobilitare l’uomo!
Se non si stabiliscono orari sostenibili1 e un ritmo settimanale e annuale che preveda dei giorni di riposo, il lavoro non è più mezzo di sostentamento che rende l’uomo autonomo e orgoglioso di sé, ma solo schiavitù e sfruttamento da parte di chi non ha altri scopi e idoli oltre al profitto.
Auto-liberarsi
Questa liberazione – ahimè – non è solo da invocare, reclamare e difendere per chi non può far altro che sottostare a dinamiche di sfruttamento (come gli immigrati o i nostri giovani), ma deve essere attuata anzitutto anche da chi può scegliere in autonomia quanto e quando lavorare.
Non è raro, infatti, in un mondo regolato solamente da logiche di mercato, trovare persone che sacrificano sull’altare del rendimento non solo il riposo, ma anche gli affetti, le persone più care e la propria libertà.
Dio ha dovuto addirittura “comandare” il riposo e fissarlo come legge sacra, perché – da che mondo è mondo – l’uomo segue solo la legge del profitto:
«Ascoltate questo…
voi che dite: “Quando sarà passato il novilunio
e si potrà vendere il grano?
E il sabato, perché si possa smerciare il frumento…?”» (Am 8,4-6).
Per questi individui, non ci sono né orari, né ferie, né feste, perché «il tempo è denaro!»
- Fu questo il motivo scatenante delle prime lotte per i diritti dei lavoratori. ↩︎