Una donna… 3ª Domenica di Quaresima (A)

Una donna

La donna samaritana rappresenta tutta l’umanità, ma la sua storia è occasione per imparare da Gesù a guardare ogni essere umano nella sua dignità di persona.

Omelia per domenica 12 marzo 2023

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Letture: Es 17,3-7; Sal 94 (95); Rm 5,1-2.5-8; Gv 4,5-42

Con la terza domenica di Quaresima, il ciclo liturgico “A” ci introduce nel cammino di preparazione al Battesimo che gli adulti facevano fin dall’antichità delle prime comunità cristiane.

Un percorso antico

Si interrompe, perciò, la lettura di Matteo e ci vengono regalate tre pagine stupende di san Giovanni: la Samaritana, il cieco nato e Lazzaro.

Questo percorso catecumenale è così antico e importante per la storia della Chiesa, che la Liturgia consente di leggere ogni anno questi tre passi di vangelo anziché quelli proposti dai cicli “B” e “C” (il rito ambrosiano ha optato per questa soluzione).

Una lettura diversa

Ho già cercato di sottolineare gli aspetti catechistici nell’omelia di tre anni fa, alla quale rimando per una spiegazione più in linea col percorso battesimale.

Quest’anno, invece, visto che sto preparando l’omelia nell’8 marzo, Giornata internazionale della donna, mi sento di dare una lettura più antropologica.

Scusatemi il “parolone”: era solo per dire che vorrei partire da questa pagina stupenda per dire due parole cristiane sul tema della donna.

Simbolo ma anche figura vera

Come sottolineano tutti gli esegeti, la Samaritana è una figura simbolica che riassume in sé tutta l’umanità, ma non possiamo certo pensare che l’evangelista Giovanni si sia inventato di sana pianta questo incontro per farci una catechesi a tema.

Non c’era bisogno di inventare nulla, perché del rapporto privilegiato che Gesù ha avuto con le donne nel corso del Suo ministero pubblico, abbiamo testimonianza evidente in tutti i vangeli, in particolare quello di Luca.

Gesù e le donne

L’apertura di Gesù verso il mondo femminile era di scandalo al suo tempo, in una società grettamente maschilista e patriarcale: non solo perché Lui – non sposato e attorniato da un gruppo di uomini – aveva al seguito anche diverse donne (cfr Lc 8,1-3), ma soprattutto perché diverse di queste avevano un passato (o un presente) piuttosto discutibile (cfr Lc 7,36-39).

Era una scelta che lasciava stupiti non solo i maschi e la “gente per bene”, ma le donne stesse, come testimonia la reazione della protagonista della pagina odierna:

«Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?»

Essere donna, in quel contesto, era un “muro”, un ostacolo invalicabile, perfino per un semplice scambio di battute…

La donna oggi

Anche la nostra società che si definisce democratica e crede di aver raggiunto livelli accettabili di garanzie dei diritti e delle pari opportunità per tutti, deve miseramente riconoscere il pesante strascico culturale che si porta dietro quando si rapporta alla donna.

E non mi riferisco solo agli evidenti squilibri sociali (che si manifestano nel bisogno di garantire delle “quote rosa” nelle liste elettorali e nel mondo dell’impresa, o di stabilire leggi che garantiscano un pari trattamento salariale e di riconoscimento del merito), ma ad alcuni “meccanismi” più profondi e psicologici che albergano nella coscienza civile (e non solo dei maschi).

Definizioni come “sesso debole” (o più romanticamente “gentil sesso”) sono solo alcuni dei modi di dire che lasciano chiaramente intendere come la donna sia considerata come una minus habens, un “qualcosa di meno” rispetto all’uomo.

Tutti i moderni tentativi di esprimere il dovere di rispettare la donna non fanno altro che sottolineare grottescamente la situazione di pesante marginalizzazione psicologica, fisica, sociale e culturale in cui il mondo femminile è relegato, e hanno lo stesso effetto imbarazzante di quando si guarda un diversamente abile pensando (o dicendo) «poverino».

La donna come la vede Dio

Perciò oggi (tra le tante che il vangelo ci ha trasmesso) propongo di leggere questa pagina per imparare lo sguardo e l’atteggiamento di Gesù verso la donna e farlo nostro.

Oltre a superare gli ostacoli dell’epoca a cui facevo riferimento poco fa, dobbiamo tener conto del fatto che Gesù aveva una conoscenza spirituale e morale di questa donna: sapeva già che si trattava di una persona dalle esperienze coniugali piuttosto travagliate, eppure non sente il bisogno di nessun preambolo o “precauzione” per “attaccare bottone”.

Faccia a faccia

«Dammi da bere».

Iniziando la discussione con un comando (il verbo è all’imperativo), Gesù sembra porsi nella posizione di dominio tipica dell’epoca, ma il seguito della conversazione mostra che la richiesta a bruciapelo era solo un modo per mettersi sullo stesso piano, per costruire un dialogo franco e sincero, faccia a faccia.

Gesù, il Maestro, ritiene questa donna degna di sostenere un dialogo alla pari con Lui, su argomenti che coprono tutti gli ambiti della vita: famigliare, sociale, culturale e religiosa.

Nient’altro che una persona

In lei Gesù non vede una femmina, ma solo una creatura, una figlia di Dio, e – in quanto tale – un essere amato dal Padre Celeste.

Non c’è bisogno di particolari attenzioni e condizioni per rivolgersi a lei: la Samaritana è anzitutto una persona (nel senso più alto del termine), un’immagine del Dio vivente, e lo è per natura, non “per gentile concessione”.

Niente toglie questa dignità

Nemmeno la storia personale (così travagliata) di questa donna è un ostacolo, anzi: per Gesù diventa il pretesto per far emergere la profonda dignità che si manifesta nella sua sincerità:

«Hai detto bene… hai detto il vero».

Gesù la loda per la sua trasparenza e sincerità, e a questo cuore così sincero e schietto decide di rivelare la verità di Dio, anzitutto aiutandolo a smascherare le false convinzioni della religiosità:

«Credimi, donna… Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità».

Un appellativo immenso

“Donna” è un appellativo immenso sulla bocca di Gesù in Giovanni: lo troviamo all’inizio e alla fine del vangelo per rivolgersi a Maria, Sua madre (cfr Gv 2,4 e Gv 19,26).

Lo ritroveremo quando congeda l’adultera che gli scribi e i farisei gli avevano portato per emettere un giudizio (cfr Gv 8,10) e, infine, per rivolgersi alla Maddalena il mattino di Pasqua (cfr Gv 20,15).

Dio si rivela a chi Lo cerca

Di fronte all’apertura dell’animo di questa donna, che dice di attendere il Messia, Gesù arriva addirittura a rivelarsi come il Cristo:

Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».

È qualcosa di straordinario, che non aveva fatto nemmeno coi suoi discepoli!

L’opzione preferenziale

Insomma: quelli che per noi sono degli ostacoli, per Dio diventano delle vie preferenziali per entrare in contatto: non è un caso che la Sua “discesa in campo” prenda il via con l’andare a bussare alla porta di una ragazzina sconosciuta di un paese insignificante: Maria di Nazareth.

Il “vantaggio” dell’essere credenti

Io non so se e quando nelle nostre moderne società occidentali arriveremo mai a considerare la donna per quello che è e che merita, ma credo che noi cristiani abbiamo una carta vincente, un “asso nella manica”: il sapere che siamo tutti uguali in dignità davanti a Dio, in ragione del nostro Battesimo.

Per imparare a rispettare la donna come ha fatto e insegnato Gesù non abbiamo bisogno di inventarci leggi speciali, un nuovo galateo, attenzioni o riguardi specifici… non abbiamo altro ragionamento da fare che quello ribadito dall’apostolo Paolo ai Galati:

Tutti voi infatti siete figli di Dio mediante la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è Giudeo né Greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù (Gal 3,26-29).