Vino nuovo che spacca gli otri vecchi

Omelia per sabato 5 luglio 2025
Dobbiamo avere il coraggio di versare il vino nuovo e dirompente della Parola per spaccare con decisione le dinamiche perverse del passato.
Letture: Gen 27,1-5.15-29; Sal 134 (135); Mt 9,14-17
Sui primi due versetti del vangelo di oggi ho già fatto una riflessione a inizio marzo, nel venerdì dopo le Ceneri, in cui spiegavo che senso abbia digiunare per noi cristiani, dato che lo Sposo – Cristo Risorto – è sempre con noi.1
La fatica di bere il vino nuovo
Oggi faccio solo un piccolo commento alla frase programmatica di Gesù che chiude il brano:
«Non si versa vino nuovo in otri vecchi… Ma si versa vino nuovo in otri nuovi».
È un chiaro invito a lasciarci rinnovare interiormente dal Vangelo, ad abbandonare quelle melliflue abitudini rassicuranti che ci “drogano”, come spiega Gesù nella versione di Luca:
«Nessuno poi che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: “Il vecchio è gradevole!”» (cfr Lc 5,37-39).2
Quanto è difficile staccarci da quel maledetto «sono abituato così… si è sempre fatto così»! Nonostante siamo ben consci di aver fatto un sacco di errori nel passato, questo sembra sempre più “rassicurante”.
Oltretutto, non ci rendiamo conto che, con la nostra ostinazione a non lasciare mai la strada vecchia per la nuova, mandiamo tutto alla malora, compreso il Vangelo:
«il vino si spande, gli otri vecchi si spaccano e vanno perduti».
Siamo otri vecchi
A me pare che oggi il nostro mondo (inteso come Europa e Stati Uniti, quelli “che contano” – o credono di contare – insomma) è una formidabile rappresentazione degli otri vecchi: le uniche novità che sembra inseguire sono quelle della tecnologia, mentre, per il resto, è un continuo ritornare al passato, ai vecchi errori e alle strade storte già più volte percorse.
Vale per le scelte politiche, sociali ed economiche (soprattutto da parte di quei governi che si dichiarano spudoratamente “conservatori”): basti pensare ai passi indietro su uno sviluppo più attento all’ecologia, ma soprattutto ai recenti discorsi farneticanti sul riarmo… tutte cose già viste dopo la rivoluzione industriale e prima dei due conflitti mondiali!
Appendini da sacrestia
Vale anche per la vita religiosa, purtroppo: quanti rigurgiti di tradizionalismo si sono agitati durante il papato di Francesco?
Quanti, in occasione del Conclave, hanno sperato in un “ritorno al passato” (nemmeno a Benedetto XVI, ma addirittura al Concilio di Trento!)?
Quanti preti giovani si rifugiano in sacrestia a indossare paramenti e broccati ormai ammuffiti anziché correre per le strade del mondo ad annunciare la novità di Cristo?
Spacchiamo gli otri vecchi!
Oltre a richiamare la necessità a convertire anzitutto il nostro cuore perché si disponga in modo totalmente libero ad accogliere la novità del Vangelo, questa parabola, a mio avviso, ci chiama ad essere impertinenti “versatori” di vino nuovo nei vecchi otri del mondo in cui viviamo.
Provocatoriamente, credo che anche noi, come i Profeti, come il Battista e come Gesù, dobbiamo avere il coraggio di versare il vino nuovo e dirompente della Parola per spaccare con decisione le dinamiche perverse dell’ostinazione a ritornare sui propri passi, pur sapendo che sono sbagliati.
Credo che il difetto più grande dei cristiani di oggi sia proprio quello di essere tranquilli sorseggiatori di liquoroso vino da meditazione anziché fastidiosi e aspri predicatori della novità portata da Cristo.
Invece, come ci insegna l’apostolo Paolo, dovremmo annunciare la Parola, insistere al momento opportuno e non opportuno, ammonire, rimproverare, esortare… (cfr 2Tim 4,2).
- Cfr Digiuno sì o no? Omelia per venerdì 7 marzo 2025. ⤴
- Il “vino nuovo” offerto da Gesù (ovvero la Legge portata a compimento: cfr Mt 5,17-20) non è gradito a quelli che hanno bevuto il “vino vecchio” della Legge di Mosè. Questa annotazione, solo lucana, forse riflette l’esperienza dell’evangelista, discepolo di san Paolo, che conosce le difficoltà della missione presso i Giudei (cfr At 13). ⤴