Vivere come se…

Vivere come se...
Omelia per mercoledì 11 settembre 2024

Paolo ci insegna a vivere ogni cosa relativizzandola al nostro destino eterno. Purtroppo, troppi “cristiani” vivono come se non ci fosse un aldilà.

Letture: 1Cor 7,25-31; Sal 44 (45); Lc 6,20-26

Continuiamo a ricevere istruzioni pratiche sulla vita cristiana attraverso la lettura e la meditazione della Prima Lettera ai Corinzi che il Lezionario ci sta proponendo da alcuni giorni.

Il corpo è un dono

Dopo aver trattato il tema piuttosto scottante dell’immoralità dell’incesto (v. il testo che abbiamo affrontato l’altro ieri), l’apostolo istruisce i cristiani di Corinto su un altro tema di morarle sessuale: il rispetto del proprio corpo.

Paolo invita tutti a evitare l’impurità, ricordando che il corpo è un dono che abbiamo ricevuto da Dio ed è tempio dello Spirito Santo, perciò va onorato e rispettato: è un testo che il Lezionario non ci propone e che vi invito a leggere e meditare da soli (cfr 1Cor 6,12-20).

Matrimonio e divorzio

La prima metà del settimo capitolo (anche questa saltata dal Lezionario), invece, tratta i temi riguardanti la vita matrimoniale, la separazione e i matrimoni misti.1

Sono argomenti delicati, che vanno spiegati adeguatamente in sede di colloquio spirituale da un sacerdote o in una seria catechesi per gli adulti, perciò, oltre a leggerli per conto proprio, invito chiunque avesse dubbi a rivolgersi al suo padre spirituale o al sacerdote della sua Parrocchia.

Cambiare dentro

Altro brano non riportato dal Lezionario sono i versetti 17-24 del settimo capitolo, nei quali Paolo invita a non approfittare dell’essere diventati cristiani per forzare altri “cambiamenti” importanti nella vita (fa l’esempio della circoncisione e della schiavitù), ribadendo che ciò che conta è anzitutto l’osservanza dei comandamenti di Dio: è importante cambiare dentro, in profondità, nel cuore.

Verginità e celibato

Venendo finalmente al testo che ascoltiamo nella Liturgia di oggi, il tema trattato è quello della verginità e del celibato.

Mentre nei versetti precedenti Paolo si faceva diretto interprete dei comandi del Signore (cfr vv. 10 e 17) su queste tematiche fa leva sulla sua autorità apostolica, il suo spirito evangelico e il suo affetto di padre:

riguardo alle vergini, non ho alcun comando dal Signore, ma do un consiglio, come uno che ha ottenuto misericordia dal Signore e merita fiducia. Penso dunque che sia bene…

[coloro che si sposano] avranno tribolazioni nella loro vita, e io vorrei risparmiarvele.

Perché il tempo corre

La preferenza della verginità e del celibato rispetto al matrimonio scaturisce dalla prospettiva escatologica:2 la storia non è più un lento scorrere senza fine, ma un “precipitare” verso il traguardo del nuovo mondo:

il tempo si è fatto breve.

Le vicende che viviamo si dileguano velocemente, come un attore che passa sul palcoscenico:

passa infatti la figura di questo mondo!3

Tutto è relativo

L’incarnazione di Dio in Cristo Gesù (e la Sua imminente venuta finale) ha reso il presente completamente relativo al futuro e, perciò, la realtà di oggi e i suoi valori sono tutti privati di un valore assoluto, che appartiene solo al nuovo mondo che verrà.

La prospettiva escatologica esercita un processo di relativizzazione di ogni valore e situazione del presente.

Non è una fuga dal mondo

Quello di Paolo, però, non è un ripiegamento egoista su se stessi, e neppure un calcolo meschino sulla brevità della vita (come una sorta di “scappatoia” per non avere fastidi), ma un meraviglioso elogio del celibato consacrato e della verginità, eco della tradizione cristiana primitiva.

Ma un mistero d’amore

Si tratta, invece, di un mistero d’amore: la consacrazione verginale della vita e la sua unità sono segno della fine dei tempi e tensione radicale verso Dio.

La vocazione al celibato e alla verginità viene direttamente da Dio: sono un mistero ecclesiale che lega direttamente a Cristo coloro che vi sono chiamati, nel corpo e nello spirito.

L’appartenenza a Cristo implica una rottura, poiché determina una scelta: il vergine entra nello spazio del dono totale e definitivo di sé a Dio e ai fratelli, nella pienezza e intimità dello Spirito e nella totale e radicale disponibilità per tutti i compiti che Dio vorrà affidargli.

L’intimità con Cristo diventa, così, comunione, e alimenta una fede capace di trasportare le montagne.

Come se…

Ora, molti di noi che leggiamo questa pagina hanno già intrapreso la propria vocazione, al celibato o alla vita matrimoniale, ma il ricordo che siamo tutti in cammino verso il Regno dei Cieli, ci fa accogliere come preziose le ultime parole dell’apostolo:

d’ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l’avessero; quelli che piangono, come se non piangessero; quelli che gioiscono, come se non gioissero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano i beni del mondo, come se non li usassero pienamente.

Non si tratta di “far finta” di non essere sposati, o tristi, o gioiosi o ricchi… ma di vivere ogni relazione e ogni possesso in modo “relativo”, cioè, mettendo tutto in una sana relazione di dipendenza al nostro essere destinati all’eternità, ricordandoci che rimarrà solo ciò che è eterno:

«Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno» (cfr Mc 13,24-37).

Quanti cristiani, invece, vivono come se non ci fosse un aldilà!

  1. Cfr 1Cor 7,1-16. ↩︎
  2. È una lettura apocalittica della storia: si veda quanto dicevamo a fine agosto, commentando la Seconda Lettera ai Tessalonicesi. ↩︎
  3. La vecchia traduzione CEI 1974 era «passa la scena di questo mondo»: il termine greco σχῆμα ha molteplici significati, ma tutti si riferiscono chiaramente all’apparenza esteriore. ↩︎