Quale grande amore! 4ª Domenica di Pasqua (B)

Quale amore!

Se ci rendessimo conto di quale genere di Amore siamo destinatari da parte di Dio, non potremmo far altro che scioglierci in lacrime. Lasciamoci amare!

Omelia per domenica 21 aprile 2024

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Letture: At 4,8-12; Sal 117 (118); 1Gv 3,1-2; Gv 10,11-18

Come ogni anno, la quarta di Pasqua è la Domenica del Buon Pastore e la Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni.

Chiamati a contemplare

Anche oggi, perciò, siamo invitati a contemplare questa figura stupenda nella quale Gesù si identifica per descrivere in modo concreto chi è Lui per noi e chi siamo noi per Lui.

L’invito a questa contemplazione ci viene dall’inizio della seconda lettura, in cui l’apostolo Giovanni ci dice:

vedete quale grande amore ci ha dato il Padre.

È un imperativo

Il verbo «vedete» è all’imperativo, perciò non ci troviamo di fronte a una domanda o a un invito facoltativo, ma a una richiesta pressante.

Per di più, «vedere», nell’evangelista Giovanni è il verbo del «credere»; quindi, ci sta esortando a credere con convinzione.

Rendetevi conto!

Anche l’espressione «quale grande» è una parafrasi per tradurre un unico vocabolo che in greco significa «di quale tipo o qualità».

Perciò, potremmo riscrivere così la frase di san Giovanni:

«Rendetevi conto e prendete atto di quale genere di amore siete destinatari da parte di Dio, e regolate in conseguenza la vostra fiducia in Lui!»

Siamo chiamati a contemplare le tante sfaccettature di un Amore immenso per accrescere e fortificare il nostro legame affettivo e di fiducia nei confronti di Dio.

Di quale Amore si tratta?

Per questo è importante saggiare tutte le qualità di questo Amore, come quando si assapora con calma un vino o un piatto prelibato per poterne scoprire e apprezzare tutte le caratteristiche.

Ovviamente, se volessimo elencare tutte le sfaccettature di questo Amore non finiremmo mai, perché esso è infinito come Colui da cui proviene, ma i testi della Scrittura che abbiamo la gioia di ascoltare e meditare in questa domenica ci aiutano a tratteggiarne alcune caratteristiche salienti.

Amore di Padre

Anzitutto è l’Amore di un padre (o una madre) per il figlio; infatti, Giovanni prosegue la frase della sua lettera dicendo:

quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!

Dio ci ama come Suoi figli, perché lo siamo, per davvero.

Un genitore, poi, ama così tanto i Suoi figli da volere che essi diventino come Lui:

quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.

Amore che dà la vita

Venendo al testo del vangelo, l’Amore di Dio per noi si configura come il dono della vita:

«Il buon pastore dà la propria vita per le pecore».

L’espressione «dare la vita» ha molteplici sfumature: la prima è senz’altro quella del sacrificio di sé, che abbiamo contemplato nella Pasqua ed è anticipato qui dall’immagine del pastore che mette a rischio la propria vita di fronte al lupo che vuole rapire le pecore.

L’altra sfumatura è il donare la vita nel senso del trasmetterla (come fa una madre che mette al mondo un figlio, lo nutre e lo cresce), concetto che è espresso nel versetto precedente al brano che ascoltiamo oggi:

io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza (cfr Gv 10,10).

Amore che conosce

L’altra qualità di questo Amore è la conoscenza profonda e reciproca:

«conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre»

Nel linguaggio biblico la conoscenza non si limita a un riconoscere la fisionomia o altre caratteristiche esteriori di una persona, ma indica un rapporto di comunione intima e profonda.

Gesù ci sta dicendo che ci conosce (e perciò ci ama) in un modo così unico e speciale che può essere paragonato solo all’intimità misteriosa dell’Amore che corre tra Lui, il Padre e lo Spirito Santo.

Amore di appartenenza

Questa conoscenza così intima si stabilisce perché tra il pastore e le pecore c’è un legame di appartenenza (a differenza del mercenario, che svolge un lavoro semplicemente per riceverne un salario e non gli importa delle pecore).

L’appartenenza di cui parla Gesù non è un possesso, ma esattamente il rapporto che c’è tra un genitore e i suoi figli, che instaura un amore e una cura totale verso le creature che gli sono affidate come il tesoro più prezioso.

Quale spreco!

Come dicevo poco fa, sarebbe impossibile tratteggiare tutte le sfaccettature dell’Amore di Dio per noi, ma già le poche che abbiamo contemplato oggi ci fanno prendere coscienza di quanto esso sia smisurato e di quanto poco lo meriteremmo (e, di fatto, non lo meritiamo, perché l’Amore di Dio è totalmente gratuito).

A constatare di quale Amore Dio ci rende destinatari a fronte della nostra inettitudine, verrebbe da rispondere come i discepoli di fronte al gesto dell’unzione di Betania:

«Perché questo spreco?» (cfr Mt 26,6-13).

Lasciamoci amare!

Invece io preferisco sciogliermi in lacrime di commozione e lasciarmi amare, perché – dopo aver più volte rifiutato l’Amore di Dio nella presunzione di essere chissà chi (come Pietro durante la lavanda dei piedi) – ho capito che l’unica strada che ho per salvarmi è lasciare che Lui mi ami così come sono, con le mie povertà e i miei peccati.


Fratelli, sappiamoci amati; lasciamoci amare!