Comprendere le Scritture. Domenica di Pasqua

Comprendere le Scritture

Le Scritture non sono un libro esoterico da decifrare, ma lo sguardo di fede sul mondo per intravvedere il progetto di Dio sulla vita e sulla storia.

Omelia per domenica 31 marzo 2024

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Letture: At 10,34a.37-43; Sal 117 (118); Col 3,1-4; Gv 20,1-9

C’è un’annotazione in comune nei due vangeli che la Liturgia del giorno di Pasqua ci propone di ascoltare, sia nel testo di Giovanni che si ascolta il mattino, sia in quello di Luca che si può leggere la sera: il rapporto con le Scritture.

La spiegazione sta nelle Scritture

Il brano di Giovanni termina annotando:

non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

Nel brano di Luca, invece, Gesù dice ai due discepoli diretti a Emmaus:

«Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.

Più avanti, quando Gesù riappare nel Cenacolo subito dopo il ritorno dei due di Emmaus, dice:

«Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi» (Lc 24,44).

E l’evangelista annota:

Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture (Lc 24,45).

Sembrerebbe che il mistero della Risurrezione trovi la sua spiegazione proprio dentro le Scritture.

La Bibbia non è un libro esoterico

Il primo dubbio che voglio chiarire e fugare (perché vi sarà sicuramente venuto in mente) è che le Scritture bibliche siano una sorta di scritto esoterico contenente messaggi subliminali difficili da scoprire, nascosti dietro simboli o doppi sensi.

Non è così!

Certamente la Bibbia non è una raccolta di storielle di facile comprensione: è l’insieme di diversi scritti, frutto di un lungo processo di redazione, composizione e rimaneggiamento durato secoli, ma la sua lettura e comprensione non equivale a decifrare un codice misterioso.

«Comprendere le scritture» significa imparare a leggere la propria vita e la storia del mondo da un punto di vista diverso da tutti gli altri: si tratta del “punto di vista” della fede.

Lo sguardo della fede

Galileo, quando fu invitato a ritrattare le sue teorie sull’universo, rispose che le Scritture hanno l’intento

«d’insegnarci come si vadia al cielo, e non come vadia il cielo».1

Intendeva chiarire che la Bibbia non è un manuale di astronomia, di cosmologia o altre scienze umane, ma un libro ispirato dallo Spirito Santo, che ci aiuta a leggere la storia dal punto di vista di Dio.

Søren Kierkegaard (ispirandosi probabilmente a san Gregorio Magno) diceva che le Scritture sono «la lettera d’amore di Dio a noi».

In esse, gli autori sacri ci mostrano la sottile trama che unisce tutti i punti apparentemente oscuri e incomprensibili ad un semplice sguardo umano, razionale o scientifico: è la Provvidenza di Dio, che guida ogni avvenimento verso un disegno di Bene e di Amore.

Da Adamo ed Eva

Questo è il motivo per il quale la Liturgia della solenne Veglia Pasquale ci chiede di sederci ad ascoltare con pazienza l’intera Storia della Salvezza, così da ripercorre le vicende dell’uomo e del mondo con uno sguardo di fede, fin dalle origini dell’universo.

A titolo di esempio, rimanendo a quanto diceva Galileo, la Prima Lettura (il racconto della Creazione) non ha l’intenzione di contrapporsi alla teoria del Big Bang (che – peraltro – arrivò secoli e secoli dopo), ma di mostrarci come fin da prima che il mondo esistesse, Dio è capace di trarre le cose dal nulla, che in Lui vi è una potenza creatrice e uno Spirito di Bene,2 un desiderio di spargere bellezza e condividerla con gli altri.

Nulla è impossibile a Dio

Le Scritture ci dicono che quello che all’uomo sembra impossibile non lo è per Dio.

A Dio non è impossibile creare dal nulla un universo stupendo, con la sola potenza della Sua Parola.

La Seconda Lettura della Veglia (il sacrificio di Isacco) ci dice che a Dio non è impossibile restituire alla vita i morti; così pensava Abramo secondo l’autore della Lettera agli Ebrei:

Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco… Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti (cfr Eb 11,17-19).

La Terza Lettura della Veglia Pasquale vuole mostrare che a Dio non è impossibile aprire una via di fuga in mezzo alle acque, proprio là dove gli Israeliti pensavano di essere finiti in un vicolo cieco, col faraone alle spalle e il Mar Rosso di fronte (cfr Es 14,9-14).

Memoriale delle opere di Dio

Sostanzialmente, il Risorto – «spiegando le Scritture» – fa ripercorrere ai Suoi discepoli le grandi opere di Dio, che – fin dall’origine del mondo – è all’opera per trarre la vita dalla morte, il bene dal male, la salvezza dal peccato dell’uomo: la Sua Passione, Morte e Risurrezione non sono altro che il compimento di quest’opera incessante di Dio.

È quello che ci invita a fare la Liturgia ogni anno, anzi: ogni domenica, ogni giorno, quando celebriamo l’Eucaristia.

E non è un semplice ricordo, un racconto nostalgico dei bei tempi che furono, ma la memoria viva, il memoriale che rende nuovamente attuali le meraviglie operate dal Signore in un determinato momento storico.

Le nostre Scritture

A noi può sembrare estranea la storia di Israele, ma la Storia della Salvezza non si è conclusa con l’ultima pagina della Bibbia: di giorno in giorno si sono aggiunte e continuano ad aggiungersi le pagine della vita di quegli uomini – di tutti i luoghi e di tutti i tempi – che hanno saputo e sanno riconoscere la presenza del Risorto nella loro vita.

Siamo sinceri: quante risurrezioni vere e proprie sono già avvenute nella nostra vita! Torniamo con la mente a quelle, sapendo riconoscere che – pur passando attraverso la sofferenza e la morte – il Signore ci ha fatti risorgere a vita nuova.

Anche noi allora – come i due di Emmaus – potremo dire:

«Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?» (cfr Lc 24,32)

E partiremo senza indugio per riunirci nel Cenacolo e dire tutti assieme:

«Davvero il Signore è risorto!» (cfr Lc 24,33-34).

  1. Galileo, a proposito dei suoi avversari che ritenevano erronea la teoria copernicana perché contrastante con la Scrittura, scriveva nella Lettera A Madama Cristina di Lorena Granduchessa di Toscana che occorre prima di tutto saper interpretare il sacro testo: dopo aver riportato un’ampia citazione del De Genesi ad litteram di Sant’Agostino circa l’intento dello Spirito Santo nell’ispirare la Bibbia – che culmina nella affermazione: «Spiritus Dei noluisse ista docere homines nulli saluti profutura» («lo Spirito di Dio non volle insegnare agli uomini cose che nulla avrebbero giovato alla salvezza») – scrive: «intesi da persona ecclesiastica costituita in eminentissimo grado, l’intenzione dello Spirito Santo essere d’insegnarci come si vadia al cielo, e non come vadia il cielo». È opinione corrente che sia Cesare Baronio il personaggio da cui Galileo lascia intendere di aver udito direttamente l’espressione citata (leggi l’articolo completo di Edoardo Cerrato). ↩︎
  2. Cfr Sap 7,22-30. ↩︎