Discepolo, solo discepolo. Mercoledì Santo
Il discepolo è colui che prima di parlare ascolta attentamente: noi discepoli del Risorto dobbiamo ascoltarlo attentamente, soprattutto in questi giorni.
Omelia per mercoledì 27 marzo 2024
Letture: Is 50,4-9; Sal 68 (69); Mt 26,14-25
Oggi la Liturgia ci propone di riascoltare la stessa Prima Lettura della Domenica delle Palme, brano su cui mi sono già soffermato l’anno scorso per descrivere l’atteggiamento di obbedienza cieca del Servo di Jaweh (e di Gesù) come l’atto di libertà e di Amore più grande.
Obbedire è Amare
Fidarsi di qualcuno, amarlo, è anzitutto ascoltarlo con attenzione e prendere sul serio le sue parole… così sul serio da giocarsi la vita!
L’etimologia di “obbedienza”, infatti, è «prestare ascolto» tanto da «essere sottomesso».
Attento come un discepolo
Per questo, oggi approfondisco quella riflessione fissando la mia e la vostra attenzione sul primo versetto:
Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo,
perché io sappia indirizzare
una parola allo sfiduciato.
Ogni mattina fa attento il mio orecchio
perché io ascolti come i discepoli.
Il discepolo è l’allievo, colui che si mette in attento atteggiamento di ascolto, per imparare ogni insegnamento del suo maestro ed eseguire fedelmente quanto ha imparato.
Discepoli del Risorto
Noi cristiani siamo i discepoli del Risorto, e quindi dobbiamo metterci in ascolto della Sua Parola e fare quanto Egli ci dice.
Se la cosa è valida sempre, lo è soprattutto in questi giorni.
Prima di parlare ascolta
Sembra strano che – prima dell’orecchio (che riguarda l’ascolto) – il testo parli della «lingua da discepolo», no?
Come può un discepolo parlare (e addirittura «indirizzare una parola allo sfiduciato») se prima non ha appreso cosa dire?
Ovviamente è una disposizione letteraria (perché è sottinteso che il discepolo ha una lingua capace di parlare perché prima ha ascoltato e imparato), ma credo sia una provocazione grande, soprattutto per noi, che non sappiamo far altro che avere sempre la parola pronta per tutto e per tutti, senza mai darci il tempo per ascoltare, imparare, interiorizzare…
Noi ci crediamo subito “maestri di vita” in ogni occasione, tanto da esprimere giudizi e sparare sentenze in qualsiasi ambito, dal calcio, alla guerra, all’economia… senza capirci o saperne un accidente!
Il silenzio dell’umiltà
In questi giorni siamo invitati a imparare l’arte di essere discepoli, di ascoltare in silenzio e con umiltà, come Cristo, che
Maltrattato, si lasciò umiliare
e non aprì la sua bocca (cfr Is 53,7).
Lui che è il Maestro (e dunque non aveva nulla da imparare) si è fatto discepolo del dolore e della sofferenza per salvarci:
Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono (cfr Eb 5,7-10).
Cristo ci ha dato un esempio
Ogni discepolo non può far altro che imparare dalle parole e dall’esempio del suo maestro, e così è per noi.
Ce lo sentiremo ripetere nel vangelo di domani sera:
«Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi» (cfr Gv 13,12-15).