Il compimento delle Scritture. Domenica delle Palme (A)

Omelia per domenica 2 aprile 2023
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Letture: Is 50,4-7; Sal 21 (22); Fil 2,6-11; Mt 26,14- 27,66
Il nostro “catechista” in questo anno del Ciclo Liturgico “A” è Matteo. Questo evangelista ha uno sguardo particolare nel narrare i fatti della vicenda di Gesù: essendo un giudeo che si rivolge a una comunità di cristiani venuti dal giudaismo (e senza dubbio discutendo coi rabbini), si impegna in particolare a mostrare Gesù come il compimento delle Scritture.
Compimento e superamento
Nei punti cardine del suo vangelo cita l’Antico Testamento per provare che la Legge e i Profeti sono «adempiuti», ovvero: non solo realizzati nella loro attesa, ma anche portati a una perfezione che li corona e li supera.
Il Messia atteso
Lo fa per la persona di Gesù, confermando con testi della Scrittura
- la Sua discendenza davidica (Mt 1,1-17),
- la Sua nascita da una vergine a Betlemme (Mt 1,22s e Mt 2,5s),
- il Suo soggiorno in Egitto e il Suo stabilirsi a Cafarnao (Mt 4,13-16),
- il Suo ingresso messianico a Gerusalemme (Mt 21,4-16).
Il medico e Maestro
Lo fa anche per le Sue guarigioni miracolose (Mt 11,4-5) e il Suo insegnamento che «dà compimento» alla Legge attraverso un’interpretazione nuova e più interiore (Mt 5,17; Mt 5,21-48; Mt 19,3-9.16-21).
Il Servo obbediente
Matteo sottolinea che anche l’umiltà di Gesù e l’insuccesso apparente della Sua missione sono il compimento delle Scritture.
Diverse volte, infatti, Gesù si identifica nella mansuetudine compassionevole del Servo di Jahwè (Mt 12,16-21; Mt 8,16-17; Mt 12,7), figura profetica di un Messia mite, a cui Isaia dedica quattro poemi, di cui ascoltiamo alcuni versetti nella prima lettura di oggi (cfr Is 42; Is 49,1-6; Is 50,4-11; Is 52,13-15; 53).
È quanto contempleremo spesso in questa Settimana Santa.
Un compimento cercato e voluto
Quello che succede a Gesù, in particolare nel racconto della Passione che ascoltiamo oggi (e riascolteremo venerdì nella versione di Giovanni), non è una serie di eventi fortuiti o la conferma fatalistica che le cose sono andate come era prevedibile andassero a finire, ma l’orchestrazione di una grande “sinfonia” di cui il compositore è Dio e il direttore d’orchestra è Gesù stesso.
La vicenda di Gesù è il compimento delle Scritture non perché Lui accetti passivamente di subire quello che gli altri decidono per Lui, ma perché Egli stesso decide di portare a compimento ogni promessa del Padre Suo.
Lo capiamo benissimo da due passaggi in particolare:
1. il primo, quello in cui Gesù preannuncia l’abbandono da parte dei Suoi discepoli:
«Questa notte per tutti voi sarò motivo di scandalo. Sta scritto infatti: “Percuoterò il pastore e saranno disperse le pecore del gregge”…» (Mt 26,31: cfr Zc 13,7)
2. il secondo, quello in cui si oppone alla difesa violenta da parte dei Suoi:
«Rimetti la tua spada al suo posto… O credi che io non possa pregare il Padre mio, che metterebbe subito a mia disposizione più di dodici legioni di angeli? Ma allora come si compirebbero le Scritture, secondo le quali così deve avvenire?» (cfr Mt 26,51-54)
Gesù non è consegnato: si consegna
Il racconto della Passione secondo Matteo inizia col tradimento di Giuda: tutto, perciò, farebbe pensare a una congiura ordita da una “talpa”, da una “serpe allevata in seno”… Invece anche questo era previsto e voluto, come testimonia l’evangelista Giovanni nel racconto dell’ultima cena:
Soggiunse Gesù: «…voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri».
…E, intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda… Gli disse dunque Gesù: «Quello che vuoi fare, fallo presto» (cfr Gv 13,10-27).
Gesù non è consegnato, ma si consegna spontaneamente. È lui il padrone degli eventi; è Lui a fare dono della Sua vita, e così a portare a compimento le Scritture, ovvero la volontà di Dio Padre, proprio come aveva preannunziato nel discorso del Buon Pastore:
«Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio» (Gv 10,17s).
Gesù è il compimento
Gesù però non è solo un “esecutore” delle “istruzioni” imparate a memoria leggendo le Scritture; è Lui stesso la Parola eterna di Dio che si rende vera, presente, concreta, proprio come annuncia san Giovanni all’inizio del suo vangelo e della sua prima lettera:
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi (cfr Gv 1,1-3.14; cfr 1Gv 1,1-3).
E l’Incarnazione (questo diventare concreto della Parola eterna del Padre che è compimento delle Sue promesse) è frutto di un «sì», quello di Maria, ma prima ancora quello di Gesù stesso, come dice la lettera agli Ebrei citando il Salmo 40:
entrando nel mondo, Cristo dice: «Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà» (cfr Eb 10,5-7; cfr Sal 40,7-9).
Fare la volontà di Dio
È proprio questo desiderare e fare continuamente la volontà del Padre che troviamo al centro del racconto di Passione:
[Gesù] cadde faccia a terra e pregava, dicendo: …«Padre mio, se questo calice non può passare via senza che io lo beva, si compia la tua volontà» (cfr Mt 26,39-42).
Gesù è il compimento delle Scritture perché – consegnandosi liberamente alla Sua passione – compie in sé la volontà di Dio. Non si limita ad annunciare il Regno dei cieli, ma lo rende presente nel mondo, facendo la volontà del Padre.
Imitazione e sequela di Cristo
Quante volte, pregando il Padre Nostro, invochiamo Dio dicendo «venga il tuo Regno»… ma se lo desideriamo veramente, dobbiamo rendere vera l’invocazione successiva: «sia fatta la tua volontà».
Per farlo non c’è altra strada che quella tracciata da Gesù, come ricordavo già domenica scorsa citando la prima lettera di san Pietro apostolo:
Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme (1Pt 2,21).