Il tempo che ci vuole. 1ª Domenica di Quaresima (B)

Il tempo di cottura

Solo Dio conosce il tempo necessario alla nostra maturazione spirituale. Non dobbiamo avere fretta, ma esercitare la perseveranza nella prova.

Omelia per domenica 18 febbraio 2024

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Letture: Gen 9,8-15; Sal 24 (25); 1Pt 3,18-22; Mc 1,12-15

Quando prendiamo in mano una confezione di spaghetti per buttarli nell’acqua bollente, la prima cosa che controlliamo è il tempo di cottura (e a volte diventiamo matti per trovarlo, perché è scritto in piccolo, chissà dove).

Il tempo che ci vuole

So che può sembrare un paragone stupido, ma il Tempo di Quaresima, in modo simbolico, serve a farci capire che tutte le cose nella nostra vita richiedono di attendere un tempo più o meno lungo, e che – se non lo si fa – succede come per la pasta: se non osservi perfettamente il tempo di cottura, la mangi cruda (o scotta).

Vale per la pasta, per la torta, per l’arrosto e per qualsiasi altra pietanza che vogliamo cucinare: se si sbaglia il tempo di cottura è un disastro, non solo per il palato, ma spesso anche per la salute.

Ogni cosa richiede un adeguato tempo di preparazione: la maturazione dei frutti della terra, la gestazione di tutte le specie del mondo animale (uomo compreso), il diventare ed essere considerati adulti, etc. …

Non attendere il tempo prefissato e necessario causa grossi problemi, e spesso è fatale: provate a chiederlo a una donna che ha avuto un parto prematuro.

Il simbolo di una vita

Come dicevo, la Quaresima è un tempo simbolico, che rappresenta il cammino di una vita intera: non è sufficiente in sé (magari bastassero quaranta giorni per ottenere dei “cristiani ben cotti”!)

Già tre anni fa spiegavo che quaranta è un numero simbolico, evocativo di tante esperienze nella Storia della Salvezza: non è una quantità numerica, ma indica, piuttosto, una lunga attesa, una lunga prova, un tempo sufficiente e necessario per vedere le opere di Dio, un tempo entro il quale occorre decidersi e assumere le proprie responsabilità senza ulteriori rinvii.

È il tempo delle decisioni mature.

Saper attendere

Ecco perché anche Gesù – pur essendo il Figlio di Dio – ha vissuto questo tempo di prova, in vista del difficile ministero che lo attendeva. Ma, anche per Lui, non sono certo bastati quei quaranta giorni di deserto: ci sono voluti, anzitutto, i trent’anni di vita ordinaria e quotidiana a Nazaret, di cui i Vangeli nemmeno ci parlano.

Quegli anni sono serviti, tutti, non uno di meno, e sono stati importanti e fondamentali: Dio non ha avuto fretta di «bruciare le tappe».

L’impazienza, nella vita, è una cattiva consigliera, e anche Gesù protestò con Sua madre che sembrava volerlo spingere a iniziare il Suo ministero prima del tempo (cfr Gv 2,3-4).

Queste considerazioni ci invitano a vivere questo Tempo (e tutta la nostra vita) con pazienza, senza fretta, giorno dopo giorno, ben sapendo che niente si improvvisa e si ottiene in quattro e quattr’otto. Dobbiamo imparare ad attendere e rimanere fermi nei nostri propositi con pazienza e perseveranza (cfr Lc 21,19).

Ogni giorno è una prova

Infine, vi chiedo la pazienza di una piccola analisi testuale di confronto tra la versione di Marco (che risolve tutto in un versetto) e quelle particolareggiate di Matteo e Luca.

Tradotto letteralmente dal greco, Marco scrive:

[Gesù] era nel deserto quaranta giorni, tentato da Satana; ed era con le fiere, e gli angeli lo servivano.

I verbi sono all’imperfetto, definito dagli antichi un “passato non compiuto”: indica un’azione in corso di svolgimento oppure un’azione ripetuta o durativa.

A differenza di Matteo e Luca, che si concentrano su ciò che avviene dopo che i quaranta giorni sono passati (ovvero le tre tentazioni descritte in modo particolareggiato),1 Marco sembra voler richiamare la nostra attenzione proprio su quei quaranta giorni, dicendoci che Gesù li ha vissuti tutti e quaranta in “compagnia” del demonio e delle sue tentazioni, e che quei giorni sono ancora in atto.

Ed è davvero così: anche ogni giorno della nostra vita – non solo la Quaresima – è il tempo del deserto, della tentazione, della prova; ma è anche il tempo nel quale il Signore non ci lascia soli a fronteggiare il demonio, stando al nostro fianco.

Solo Dio sa

È il tempo che ci vuole, e non dobbiamo avere fretta: solo Dio, infatti, sa quando il nostro cammino sarà compiuto e potremo essere “maturi” per l’incontro con Lui (cfr Mc 13,32; At 1,7).

Coraggio, allora: continuiamo il nostro deserto quaresimale, per imparare dal Signore la pazienza e la perseveranza necessarie a crescere nella vita di tutti i giorni, non solo verso la Pasqua liturgica, ma verso quella eterna.

  1. «E avendo digiunato quaranta giorni e quaranta notti, infine ebbe fame. E avvicinandosi il tentatore…» (cfr Mt 4,2-3a);
    «E non mangiò nulla in quei giorni, e quando essi furono terminati, ebbe fame. Ora gli disse il diavolo…» (cfr Lc 4,2b-3a). ↩︎