Perle ai porci

Perle ai porci
Omelia per martedì 25 giugno 2024

Non dobbiamo cercare di capire chi sono i cani e i porci, ma ricordarci che le perle che abbiamo in mano sono i doni gradi di Dio, che vanno custoditi!

Letture: 2Re 19,9-11.14-21.31-35.36; Sal 47 (48); Mt 7,6.12-14

Due anni fa ho commentato soprattutto la Prima Lettura, e vi consiglio di rileggere anche quella riflessione perché parlava del tema della guerra e della pace, che oggi è ancor più drammatico.

Cani e porci?

Quest’anno mi fermo sul breve brano di vangelo e – in particolare – sulla prima affermazione di Gesù:

«Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci».

Sono espressioni molto forti che hanno bisogno di un necessario chiarimento, perché – prese alla lettera – possono essere facilmente fraintese e usate a sproposito.

Chiarimento necessario

Gesù non ci sta assolutamente invitando a considerare qualcuno come un cane o un maiale: le Sue sono sempre immagini paraboliche tratte dalla vita quotidiana che rimandano ad altro di più profondo.

La conferma la si trova alla riga successiva, quando enuncia la regola d’oro: a nessuno di noi piacerebbe essere considerato un cane o un maiale, perciò non considereremo i nostri fratelli come cani o porci.

Occhio alle perle!

L’accostamento «cose sante»«cani» e «perle»«porci» è un modo forte per ricordarci che siamo depositari di un tesoro immenso che non va sprecato e dilapidato.

Al centro dell’attenzione, perciò, non ci sono i cani e i porci, ma le cose sante e le perle: ricordiamo bene che la perla preziosa è una delle immagini usate da Gesù per indicare il Regno dei Cieli (cfr Mt 13,45-46).

Se la perla è il Regno di Dio, una volta trovato, questo va tutelato, protetto, custodito come il bene più prezioso!

Custodire e custodirci

L’ammonimento, perciò, è a non lasciare incustodito il tesoro che ci portiamo nel cuore (lo Spirito Santo), facendoci entrare altro che lo possa inquinare o rovinare: siamo invitati a mettere uno “sbarramento” ai nostri occhi, alle nostre orecchie e a tutti i “canali” attraverso i quali qualcuno potrebbe entrare nel nostro intimo a derubarci di questo tesoro o deturparlo.

Allo stesso modo, Gesù ci invita a non barattare il tesoro con niente e nessuno, a non metterlo su alcuna “bancarella”: mi intristisce e mi scandalizza quando alcuni preti o istituzioni cristiane sembrano “esporre la loro merce” buttando il Vangelo o la preziosità delle proprie ricchezze spirituali in mezzo alle “bancarelle” del “mercato globale”…

Diavolo e acqua santa

Non mi riferisco solo a chi ridicolizza i Sacramenti e le celebrazioni trasformandoli in teatrini, spettacoli che attraggano il consenso e il plauso anche della gente che non va mai in chiesa, ma anche a chi scende a compromessi e accetta commistioni assurde tra sacro e profano (tipo “appiccicare” la celebrazione della Messa alla festa degli Alpini celebrandola sotto il tendone dove si svolge la sagra mangereccia, su uno degli stessi tavoli dove prima e dopo ci stanno cotechini e polenta), pensando che “mettere il cappello del prete” sulle cose laiche basti a rendere santa o “cristiana” una qualsiasi attività o iniziativa.

Discernimento necessario

Poi ci lamentiamo se la gente di oggi non sa più distinguere ciò che vale da ciò che è effimero… ma se siamo noi i primi a mettere sullo stesso piano la grazia di Dio e gli affari!

Il discernimento lo dobbiamo fare anzitutto noi, che abbiamo ricevuto doni immensi dal Signore, perle veraci, non bigiotteria!

È questa la «porta stretta» di cui parla Gesù: è troppo facile cercare di far passare per accoglienza e accondiscendenza il rinunciare al necessario discernimento «perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano».