Sentirsi chiamati in causa. Natività del Battista
Omelia per lunedì 24 giugno 2024
L’insegnamento di Giovanni XXIII nella scelta del proprio nome ci invita a sentirci chiamati in causa personalmente di fronte ai nostri Patroni.
Letture: Is 49,1-6; Sal 138 (139); At 13,22-26; Lc 1,57-66.80 (messa del giorno)
Ed eccoci ancora una volta a celebrare la Natività di san Giovanni Battista, Patrono di Sotto il Monte.
Le puntate precedenti
L’anno scorso – prendendo spunto dalla Letture della vigilia (e in particolare il testo della Seconda Lettura) – avevo proposto la riflessione sul Battista come uno di quei profeti che «scrutarono le Scritture».
Due anni fa – commentando le letture della Messa del giorno – mi sono soffermato sul significato del nome “Giovanni”, e sul fatto che ci chiamiamo tutti così di primo nome, in quanto tutti dobbiamo ricordare di essere «dono di Dio».
Mi chiamerò Giovanni
Quest’anno, rimanendo sulla suggestione del nome Giovanni, mi è venuta in mente la risposta del nostro Angelo Giuseppe Roncalli quel 28 ottobre 1958 quando – alla domanda del cardinale decano Eugenio Tisserant «Come vuoi essere chiamato?» – rispose:
Vocabor Joannes, mi chiamerò Giovanni.
Questo nome ci è dolce perché nome di nostro padre, ci è soave perché titolare dell’umile parrocchia in cui ricevemmo il battesimo…
(Discorso di Papa Giovani XXIII, con il quale accetta il supremo mandato)
I Giovanni chiamati in causa nel motivare la sua scelta furono tanti,1 ma il primo santo ad essere nominato – in quanto Patrono di Sotto il Monte – è proprio il Battista.
Chiamati in causa in prima persona
Credo sia un insegnamento molto semplice ma fondamentale: quando mettiamo la nostra vita davanti al disegno di Dio e cerchiamo di interpretarla attraverso la Storia della Salvezza e l’esempio dei Santi, è importante sentirci chiamati in causa in prima persona, e non guardare tutto dall’esterno, come semplici spettatori.
Scegliere il nome di un illustre predecessore e farlo diventare il motivo della propria missione non è una cosa da niente: è prendere sul serio la propria vita come vocazione a collaborare alla costruzione del Regno di Dio.
Leggere il proprio nome in filigrana
Il testo della Prima Lettura (che abbiamo ascoltato anche durante la Settimana Santa) è il Secondo Canto del Servo di Jahvè, e da sempre la Tradizione cristiana ha identificato questo personaggio misterioso col Messia, Cristo Gesù…
Ma è bello provare a mettersi nei panni del Battista (che – come dicevo l’anno scorso – scrutava le Scritture per intravvedere nei testi profetici le tracce della propria missione), per rileggere quel cantico come riferito proprio a sé:
il Signore dal seno materno mi ha chiamato,
fino dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome.
La Parola parla di me
Giovanni Battista (come tutti i santi) ha capito che la Parola di Dio parlava anche di lui.
Giovanni XXIII ha capito che per mettere il sigillo su questa certezza, vale la pena scegliere con coraggio un nome grande della Storia della Salvezza e farlo proprio.
Molti di noi portano il nome di un santo, scelto dai nostri genitori il giorno del Battesimo… che vogliamo farne?
Lo dico ancora una volta: è inutile avere un Patrono se poi lo si guarda da lontano, convinti che non abbiamo nulla a che fare con lui.
- Il nome di suo padre, il nome di tanti predecessori sedutisi sulla cattedra di san Pietro, il nome del quarto evangelista, e anche il primo nome dell’Evangelista Marco, che gli era molto caro, essendo stato fino ad allora Patriarca di Venezia. ↩︎