Volere è potere. Martedì della 4ª settimana di Quaresima

Non volere guarire

Il detto «volere è potere» è quanto mai vero: solo se vogliamo guarire dal peccato l’Amore di Dio può agire in noi, altrimenti pure Lui ha le mani legate.

Omelia per martedì 21 marzo 2023

Letture: Ez 47,1-9.12; Sal 45 (46); Gv 5,1-16

C’è un aforisma di Annibal Caro che potrebbe fare da riassunto e commento alla pagina evangelica di oggi:

Tutti vorrebbero guarire dai mali del corpo, ma non possono. Tutti potrebbero guarire dai mali dell’anima, ma non vogliono.

Un’ovvietà non così ovvia

Sì, perché quella di Gesù all’infermo che giaceva presso la piscina di Betzatà sembra una domanda retorica, se non una presa in giro.

Che senso avrebbe chiedere ad un malato cronico grave se gli piacerebbe guarire?

Sembrerebbe un’ovvietà… eppure non è così.

Se scaviamo a fondo nel nostro cuore ci rendiamo conto che la condizione di malattia e infermità ci pesa (tanto che non riusciamo a sopportare più di una settimana di semplice raffreddore o influenza stagionale), ma – sotto sotto – a volte ci fa anche un po’ comodo.

Lo star male che ci piace

L’indisposizione fisica, per quanto ci impedisca di svolgere tutte le nostre mansioni più ordinarie, a volte diventa una sorta di scusante per sottrarci a impegni, attività, incontri e occasioni che proprio non sopportiamo.

Quante volte ci sarà capitato di dire: «mi spiace, ma sto poco bene, e non me la sento di venire alla cena che avevamo organizzato per stasera…»

Magari stavamo veramente maluccio, ma – in quel caso – la cosa non ci è dispiaciuta affatto, perché abbiamo preferito le due lineette di febbre e il leggero mal di testa ad una serata noiosa alla quale proprio non volevamo andare.

Quando si ammala lo spirito

Questo è solo un esempio dei più quotidiani, ma – dopo l’esperienza della pandemia – posso assicurare che mi capita spesso di ascoltare in confessione la confidenza di persone che ammettono di essersi “ammalate dentro”, di sentire un costante “desiderio di isolamento”, che non hanno più tanta voglia di uscire, di incontrare gente, di stare con gli altri.

È un sentimento così forte da far desiderare che la situazione pandemica non migliori, o che arrivi un’altra situazione di emergenza che costringa tutti quanti a starsene ognuno a casa sua!

Insomma: se non si ha una “scusa” personale per potersene stare in disparte in “santa pace”, la si desidera, per sé o addirittura per tutti!

Per farsi compatire

A volte ci si crogiola nelle proprie malattie (vere o presunte) anche per altri motivi: per esempio per attirare l’attenzione o l’interessamento degli altri.

Può sembrare una cosa meschina, ma – vista l’indifferenza totale nella quale siamo immersi – a volte è l’unico modo di “obbligare” gli altri ad accorgersi di noi, a fare quello che dovrebbero fare normalmente e a prescindere dallo stato di infermità.

Mi riferisco ai tanti anziani che vengono lasciati soli dai figli, che non li ritengono degni nemmeno di un colpo di telefono al giorno per vedere come stanno e mostrare loro riconoscenza e affetto.

La cosa però è spesso un boomerang, perché le persone sono diventate così egoiste da non lasciarsi smuovere nemmeno da un’evidente situazione di bisogno, e così la sofferenza di tanti ammalati lasciati soli aumenta ancora di più.

Una scusa bella e buona

Ma la situazione peggiore del nostro “starci bene” con la malattia, si manifesta in modo ancora più subdolo dal punto di vista spirituale e morale.

Gesù congeda il paralitico guarito con questo ammonimento:

«Ecco: sei guarito! Non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio».

C’è qualcosa di peggio dell’essere rimasto per trentotto anni infermo ad attendere la guarigione? Sì: il fatto di considerare ormai ineluttabile e definitivo lo stato in cui ci troviamo, e non solo a livello fisico, ma – soprattutto – a livello spirituale.

Quante volte mi capita di sentire persone in confessione che – riferendosi ad un vizio o peccato ricorrente – dicono: «ormai sono così, non ci posso fare niente».

Ecco: questa non solo è una scusa bella e buona, ma qualcosa di veramente pericoloso, perché se non ne usciamo leghiamo letteralmente le mani a Dio!

Volere è potere

Per guarire bisogna volerlo: non bastano le medicine.

Vale in ambito biologico (per le malattie fisiche), ma ancor di più in ambito spirituale: se non vogliamo uscire dal nostro stato di infermità morale, nemmeno la potenza della misericordia divina può guarirci il cuore!

Ecco perché il detto «volere è potere» è quanto mai vero; solo se vogliamo guarire dal peccato possiamo lasciar agire l’Amore di Dio in noi, altrimenti nemmeno l’onnipotenza divina può nulla, dato che il Signore non verrà mai meno alla promessa che ci ha fatto nel crearci a Sua immagine: quella di lasciarci liberi.

Capite perché la domanda di Gesù al paralitico è davvero sensata? E perché l’aforisma di Annibal Caro che ho citato all’inizio è davvero ficcante nel sintetizzare il discorso che ho fatto?

Facciamoci un esame di coscienza: noi vogliamo guarire o ci fa comodo restare così come siamo, nella nostra mediocrità?