Non è giusto che lasciamo da parte la Parola di Dio

Non è giusto che i preti non possa più fare i preti

Non è giusto, oggi come al tempo degli apostoli, che i sacerdoti lascino da parte il ministero della Parola e dei Sacramenti per correre dietro ad altro.

Omelia per sabato 13 aprile 2023

Letture: At 6,1-7; Sal 32 (33); Gv 6,16-21

Quello della Prima Lettura di oggi è uno dei testi che cito più spesso quando ci si trova tra sacerdoti a disquisire sulla situazione ecclesiale contemporanea.

Perdita di lungimiranza

Lo cito per indicare il coraggio e la lungimiranza della Chiesa delle origini nel sapersi adattare alle esigenze della pastorale contingente e dei problemi concreti.

Un coraggio e una lungimiranza che la Chiesa ha perso quasi subito, irrigidendosi nei suoi schemi e nella sua paura di “perdere il controllo” della situazione.

Che si fa?

I credenti aumentano, la Comunità si allarga, le esigenze si moltiplicano, i Dodici non riescono più a stare dietro a tutto… che si fa? Si rinuncia allo specifico del ministero apostolico? Assolutamente no:

i Dodici… dissero: «Non è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio per servire alle mense».

E così si istituiscono nuovi ministeri specifici e li si affidano a «uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza».

La coperta troppo corta

Giusto l’altro ieri ci siamo trovati coi preti della Comunità Ecclesiale Territoriale 8 (dell’Isola bergamasca) a discutere su una bozza di documento che la Diocesi di Bergamo (come le altre Diocesi Lombarde) ha stilato reagendo al Motu proprio Antiquum Ministerium di Papa Francesco e alla possibilità-opportunità di procedere con l’istituzione dei nuovi ministeri dell’accolito, del lettore e del catechista.

L’impressione che ne ho avuto? La Chiesa attuale (almeno quella italiana, e – peggio ancora – quella bergamasca) non ci crede:

«mah… vediamo… è una proposta… bisogna valutare…»

Si preferisce continuare a “tirare la coperta” scoprendo i piedi o la testa, e a “spalmare” su un numero sempre minore di sacerdoti un numero ingestibile di parrocchie, strutture, incarichi amministrativi etc.

Il prete non fa più il prete!

Il risultato? Il prete non può più fare il prete!

Non ha più tempo per fermarsi a parlare con la gente, per andare nelle case a incontrare le famiglie, negli ospedali per visitare gli ammalati, in confessionale per ascoltare i penitenti…

Deve correre dietro a scartoffie e adempimenti burocratici, né più né meno che come un amministratore di una società per azioni!

Non è giusto!

Ma non è giusto, oggi come al tempo degli apostoli, che i sacerdoti lascino da parte il ministero della Parola e dei Sacramenti per correre dietro ad altro.

Molti (come me) hanno detto «basta, non è giusto! Voglio vivere il ministero di sacerdote», e hanno chiesto al Vescovo di poter essere sollevati dall’incombenza amministrativa che ti cade sulla testa quando sei Parroco.

Qualcuno resiste

Molti stringono i denti per obbedienza e si ammalano, fisicamente e spiritualmente (quanti burn out tra i preti ultimamente…).

Altri (pochi, per fortuna) ci sguazzano, perché gli piace “avere le mani in pasta” e vivere il sacerdozio come una sorta di business o occasione per esercitare potere e prestigio…

Delle due categorie che “resistono”, mi spiace tanto per i primi (perché so cosa provano), ma mi fanno pena e scandalo i secondi, perché non riesco proprio a capirli.

Per cosa prego

Io continuo a far risuonare dentro di me la parola dei Dodici: «Non è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio», e prego che la Chiesa trovi il coraggio per dare una virata decisa all’andazzo attuale.

Prego perché si converta e si liberi di tutto ciò che non ha nulla a che fare col servizio della carità secondo il Vangelo.

Prego perché – in ciò che deve per forza mantenere e amministrare – abbia il coraggio di fidarsi dei laici e istituire ministeri specifici per consentire a tutti i sacerdoti di vivere appieno il loro ministero specifico.