Cosa dire in confessione (e cosa no)

Cosa dire in confessione

Nella confessione non ci sono parole o argomenti “tabu”, ma è bene non dimenticare mai lo scopo di questo sacramento e viverlo al meglio.

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Ogni tanto tra confessori ci si confida (sempre conservando il massimo riserbo) e si condividono esperienze fatte nel ministero.

A volte si scherza, trasformando in battute simpatiche gli episodi più strani, come, ad esempio, quando don Achille riferisce di quelle persone che iniziano la confessione dicendo «vado a messa tutte le domeniche, dico le preghiere, prego il Rosario…» e lui le interrompe scherzosamente con un «guardi che questi non sono mica peccati!»

Cosa non dire mai

Se l’aneddoto in sé fa ridere, la domanda è seria: cosa si deve dire in confessione? E cosa no?

A questo dedico l’ottava “puntata” della nostra rubrica.

Mai parlare degli altri

Una regola ferrea ve la consegno subito: nel sacramento della Riconciliazione non si deve mai parlare degli altri (per elencarne le colpe o i difetti, per criticarli o per fare confronti).

Il sacramento della Penitenza è un incontro a tu per tu, tra noi e Dio. Gli altri, semmai, sono da citare in quanto oggetto delle nostre offese o per ringraziare il Signore della loro presenza.

Mai accusare Dio

In secondo luogo, ricordiamoci che siamo creature davanti al Creatore, figli prodighi davanti al Padre buono e misericordioso.

Se questo è vero sempre, lo è ancor di più nel confessionale: non è il luogo in cui metterci a giudicare il Padreterno o a dettargli regole su come dovrebbero cambiare il Vangelo e i Sacramenti. In questo “tribunale”, il Giudice giusto e clemente è Lui, e noi siamo gli imputati.

Vi sembrerà scontato, ma mi sono capitate persone prepotenti, col dente avvelenato non solo verso il Papa, i Vescovi e i sacerdoti, ma anche verso Dio, con una violenza verbale e di animo che mi ha spaventato e addolorato.

In confessionale si entra “col capo chino”, con atteggiamento di profonda umiltà, ricordando che il pentimento è il primo degli atti necessari richiesti al fedele perché la confessione sia valida e porti frutto.

Mai entrare nei particolari

Un’altra cosa da non dire in confessione sono i dettagli dei peccati riguardanti l’intimità sessuale, per evitare di mettere a disagio penitente e confessore, oltrepassando il necessario pudore. Una volta chiariti l’ambito e i soggetti coinvolti nel peccato ci si ferma lì.

Cosa dire in confessione, e come

Vediamo allora cosa si può e si deve dire quando ci si confessa, per vivere un momento di vera conversione e rinnovamento spirituale.

Per “confessione” noi intendiamo sempre e solo la “lista della spesa” delle nostre mancanze, ma il vocabolo latino confessio ha molteplici sfaccettature: “ammissione”, “riconoscimento”, “dimostrazione”, “professione di fede”… elencare i propri peccati è solo uno dei momenti del Sacramento della Riconciliazione: in realtà, il rito è molto più ricco e articolato.

Alla luce della Parola

Anzitutto, il n° 17 delle Premesse al Rito della Penitenza prevede che

il sacerdote, o anche il penitente stesso, legga, secondo l’opportunità, un testo della Sacra Scrittura…

È infatti la parola di Dio che illumina il fedele a conoscere i suoi peccati, lo chiama alla conversione e gl’infonde fiducia nella misericordia di Dio.

Quanto spesso si tralascia questo punto fondamentale! Non solo durante la confessione, ma soprattutto nella vita quotidiana di un cristiano.

Se manca il confronto con la Parola di Dio, si finisce per confessare peccati “inesistenti” o considerare cose da nulla delle colpe molto gravi, perché ci si confronta col “mondo” anziché con la Verità che è Cristo. Questo è il motivo dello smarrimento del senso del peccato, come argomentavo nella quarta puntata della nostra rubrica.

Il colloquio penitenziale

Il Cardinal Martini, diversi anni fa, suggeriva di vivere la Riconciliazione applicando il metodo del colloquio penitenziale, cioè un dialogo col sacerdote seguendo un triplice movimento:

  1. confessio laudis,
  2. confessio vitae,
  3. confessio fidei.

Prima di tutto ringraziare

La confessione di lode risponde alla domanda: «dall’ultima confessione, quali sono le cose per cui sento di dover maggiormente ringraziare Dio? Quelle cose nelle quali sento che Dio mi è stato particolarmente vicino, in cui ho sentito il suo aiuto, la sua presenza?»

Cominciare col ringraziamento e la lode mette la nostra vita nel giusto orizzonte, di riconoscenza e debito verso Dio.

Raccontare la vita

La confessione della vita è il momento dell’ammissione dei propri peccati. Ovviamente è giusto e sempre valido esaminarsi secondo i Dieci Comandamenti, come ci hanno insegnato da piccoli, ma in questo momento ci si potrebbe chiedere: «dall’ultima confessione cos’è che, soprattutto davanti a Dio, non vorrei che fosse stato? Che cosa mi pesa?»

Una lista di peccati ci potrà anche essere (specialmente se si tratta di cose gravi e precise), ma qui si tratta soprattutto di mettere davanti a Dio le situazioni che abbiamo vissuto e che ci pesano, da cui vorremmo essere sgravati (un’antipatia da cui non riusciamo a liberarci e non sappiamo se c’è stata o meno una colpa da parte nostra; una certa fatica nell’amare, nel perdonare, nel servire gli altri).

Dire la fede

La confessione (o professione) della fede, infine, è la preparazione immediata a ricevere il Suo perdono. È proclamare davanti a Dio: «Signore, io conosco la mia debolezza, ma so che Tu sei più forte. Credo nella Tua potenza sulla mia vita, nella Tua capacità a salvarmi così come sono adesso. Affido la mia peccaminosità a Te, rischiando tutto, la metto nelle Tue mani e non ne ho più paura».

Accogliere la Buona Novella

Questo metodo ci aiuta a vivere l’esperienza di salvezza con fiducia e con gioia, come il momento in cui Dio entra nella nostra vita e ci dà la Buona Notizia: «va’ in pace, mi sono preso carico io dei tuoi peccati, della tua peccaminosità, del tuo peso, della tua fatica, della tua poca fede, delle tue interiori sofferenze, dei tuoi crucci. Li ho presi tutti su di me, me li sono caricati perché tu ne sia libero».