Non sacrifici, ma un cuore contrito
Il rinnovamento del culto richiesto dai Profeti consiste nel fare di se stessi un sacrificio: «uno spirito contrito, un cuore affranto è sacrificio a Dio».
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Il rinnovamento del culto richiesto dai Profeti consiste nel fare di se stessi un sacrificio: «uno spirito contrito, un cuore affranto è sacrificio a Dio».
La Confessione non è un tribunale di condanna, ma di misericordia! Il confessore, come medico, deve guarire e come giudice deve assolvere.
Conversione è allontanarsi dal male e dal peccato, ma noi siamo più inclini ad allontanarci dalla strada buona, perché ci costa fatica rimanerle fedeli.
La tentazione e il peccato dell’uomo è valutare ogni cosa col metodo del “contare”, voler dare un valore economico e venale a tutto, anche a ciò che è grazia.
È stupefacente l’immediatezza del perdono di Dio a fronte del pentimento di Davide, anzi, del suo semplice ammettere il proprio peccato. È qualcosa da meditare.
La conversione non è qualcosa che riguardi Dio (dato che Egli non può nemmeno concepire il male), ma il Suo ritirare le minacce è una scuola anche per noi.
Il profeta, oltre ad aiutare il popolo a riconoscere le proprie infedeltà, sa infondere coraggio nella salvezza che viene da Dio quando ci si pente sinceramente.
Riconoscerci tutti peccatori e invocare sinceramente il perdono di Dio ci fanno sperimentare immediatamente la Sua infinita misericordia e il Suo Amore.
Nella confessione non ci sono parole o argomenti “tabu”, ma è bene non dimenticare mai lo scopo di questo sacramento e viverlo al meglio.
Se essere incoerenti significa saper ammettere di aver sbagliato, saper ritornare sui propri passi, sapersi pentire… beh: è melgio essere incoerenti, no?