Dio ferisce e fascia la piaga

Dio ferisce e fascia la piaga.

Dio ci corregge con amore: ci “ferisce” coi Suoi rimproveri, ma immediatamente versa sulle nostre ferite medicine di compassione e tenerezza. Impariamo da Lui.

Omelia per sabato 9 dicembre 2023

Letture: Is 30,19-21.23-26; Sal 146 (147); Mt 9,35-10,1.6-8

C’è un’affermazione che sembra quasi contraddittoria nel testo di Isaia che ascoltiamo come prima lettura oggi:

Anche se il Signore ti darà il pane dell’afflizione
e l’acqua della tribolazione,
non si terrà più nascosto il tuo maestro…
i tuoi orecchi sentiranno questa parola dietro di te:

«Questa è la strada, percorretela»,
caso mai andiate a destra o a sinistra.

Nessuna contraddizione

In realtà non vi è contraddizione tra il pane dell’afflizione e la promessa con cui si apre il brano:

Popolo di Sion, che abiti a Gerusalemme,
tu non dovrai più piangere.

Non c’è contraddizione perché – in quanto padre buono – Dio non può rinunciare a rimproverare i Suoi figli, ma lo fa in modo compassionevole, prendendosi subito cura delle loro debolezze.

Dio è così: ti corregge per il tuo bene, ma non ti lascia allo sbando causato dal tuo peccato e dalla prostrazione conseguente al Suo rimprovero.

Fermezza e compassione

La Scrittura è piena di testi simili: il primo è quello della Genesi in cui, dopo che Adamo ed Eva hanno peccato e si sono scoperti nudi, Dio confeziona per loro dei vestiti (cfr Gen 3,21).

Li ha appena rimproverati e messi di fronte alle conseguenze del loro peccato (cfr Gen 3,16-19), ma questo non ferma la Sua compassione e la Sua attenzione amorevole verso di loro.

Dio ferisce e fascia la piaga

L’espressione sintetica più bella per esprimere questo binomio di fermezza e compassione presenti in Dio si trova nel libro di Giobbe:

beato l’uomo che è corretto da Dio:
non sdegnare la correzione dell’Onnipotente,
perché egli ferisce e fascia la piaga,
colpisce e la sua mano risana
(Gb 5,17-18).

È qualcosa che dovrebbero imparare i genitori e tutti coloro che hanno responsabilità educative: è un equilibrio sottile e difficile, ma l’unico che permette di aiutare le persone a crescere.

Noi siamo bravissimi a correggere in modo veemente, ma poco avvezzi a “fasciare le ferite” che abbiamo causato coi nostri modi. Ancora una volta, abbiamo bisogno di imparare dal nostro Maestro che, come dice il Salmo Responsoriale,

Risana i cuori affranti
e fascia le loro ferite.

Come il buon samaritano

Come il buon Samaritano, Gesù fascia le nostre ferite

Il modello di questa consolazione capace di “fasciare le ferite” è quello che Gesù stesso ha descritto nella parabola del buon samaritano (cfr Lc 10,30-35) che, non a caso, è stata ripresa da un bellissimo Prefazio nel Messale Romano:1

Ancora oggi, [Cristo] come buon samaritano,
si fa prossimo a ogni uomo,
piagato nel corpo e nello spirito, 
e versa sulle sue ferite
l’olio della consolazione
e il vino della speranza.

Ovviamente, le ferite del poveretto incappato nei briganti (che rappresenta tutta l’umanità) non sono state inferte da Dio (come quelle di cui parlavamo all’inizio riguardo alla Sua correzione), ma è esemplare la dolcezza del samaritano, che Gesù ha usato per descrivere la stessa tenerezza di Dio nel fasciare le nostre piaghe.

È la compassione di Gesù che ci racconta anche il vangelo di oggi, di fronte alle folle stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore.

  1. Cfr Messale Romano, Rito della Messa con il popolo, Prefazio Comune VIII. ↩︎