Misericordia et misera
Solo imparando lo sguardo “dal basso” di Gesù, lo sguardo di misericordia, impareremo a vedere la verità di ogni persona al di là dei suoi errori.
Omelia per lunedì 18 marzo 2024
Letture: Dn 13,1-9.15-17.19-30.33-62; Sal 22 (23); Gv 8,1-11
Il Vangelo di oggi è il primo testo commentato da papa Francesco dopo la sua elezione, durante l’Angelus della domenica 17 marzo 2013:
Colpisce l’atteggiamento di Gesù: non sentiamo parole di disprezzo, non sentiamo parole di condanna, ma soltanto parole di amore, di misericordia… «Neanche io ti condanno: va e d’ora in poi non peccare più!». Eh!, fratelli e sorelle, il volto di Dio è quello di un padre misericordioso, che sempre ha pazienza… Quella è la sua misericordia. Sempre ha pazienza, pazienza con noi, ci comprende, ci attende, non si stanca di perdonarci se sappiamo tornare a lui con il cuore contrito.
Queste parole possono essere ritenute il programma del suo ministero come Vescovo di Roma e successore di Pietro.
Programma pastorale: misericordia
Ritroveremo, infatti, questo vangelo come immagine iniziale della Lettera Apostolica Misericordia et misera scritta a conclusione del Giubileo straordinario della Misericordia:
Misericordia et misera sono le due parole che sant’Agostino utilizza per raccontare l’incontro tra Gesù e l’adultera.1 Non poteva trovare espressione più bella e coerente di questa per far comprendere il mistero dell’amore di Dio quando viene incontro al peccatore: «Rimasero soltanto loro due: la misera e la misericordia». Quanta pietà e giustizia divina in questo racconto! Il suo insegnamento viene a illuminare la conclusione del Giubileo Straordinario della Misericordia, mentre indica il cammino che siamo chiamati a percorrere nel futuro.
Due donne
Le letture di oggi ci raccontano due storie simili nella sostanza, ma opposte nella forma:
- nella prima, una donna ingiustamente accusata viene giustamente assolta;
- nella seconda, un’altra donna, giustamente accusata, viene “ingiustamente” assolta dalla misericordia del Signore Gesù.
Sembrano due storie totalmente opposte e dissimili, ma hanno molti tratti in comune.
Uno sguardo malato
In comune c’è lo sguardo “malato” e malizioso di chi guarda queste donne:
- i due anziani pervertiti della prima lettura dipingono la vita di Susanna usando menzogne per sfogare la propria rabbia e delusione e – in un certo qual modo – liberarsi dal senso di colpa della loro perversione inconcludente;
- gli scribi e i farisei guardano con disprezzo l’adultera, accreditandosi una presunta superiorità morale di fronte a un peccato ritenuto più grande dei propri.
È uno sguardo di accusa che non lascia scampo.
Lo sguardo luminoso
Ma la complessità del mistero di ogni persona, che è sempre più grande del suo peccato e della sua colpa, richiede uno sguardo innocente e misericordioso, illuminato dallo Spirito Santo.
ed ecco che – in comune in queste due storie – c’è anche lo sguardo di Daniele e di Gesù:
- il giovanetto Daniele richiama al dovere di andare più in profondità e di non fermarsi alle apparenze nel giudicare i fratelli («Avete condannato a morte una figlia di Israele senza indagare né appurare la verità»);
- il Maestro Gesù, prima ancora di guardare con pietà e misericordia l’adultera, invita i suoi accusatori a guardare con più verità dentro al proprio cuore («Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei»).
Dal basso verso l’alto
Tornado all’immagine di sant’Agostino (ripresa da Papa Francesco), la capacità di un simile sguardo da parte di Gesù nasce dall’abitudine a non guardare mai le persone dall’alto verso il basso, ma dal basso verso l’alto.
È l’attitudine che il Verbo di Dio ha maturato nella Sua scelta di incarnarsi nella nostra fragile umanità:
pur essendo nella condizione di Dio…
svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini (cfr Fil 2,5-11).
Per questo, di fronte al dolore di una donna, sa compiere quel gesto che i suoi accusatori sembrano aver dimenticato: la pietà, la comprensione, la misericordia. Questo il significato del suo chinarsi per terra e non guardare in viso l’adultera.
La dignità dell’uomo
Persino quando il peccato e la trasgressione sono veri (come nel caso della donna del Vangelo), Dio ci invita a non dimenticare che la «verità» di una persona rimane eccedente e ben più grande del suo errore tanto da meritare sempre una possibilità per ristabilire la propria integrità.
Il Signore ci invita a guardare ogni uomo, coi Suoi occhi di infinita misericordia, che distinguono il peccato dal peccatore.2
- Agostino d’Ippona, In Evangelium Ioannis tractatus centum viginti quatuor, trattato XXXIII, nº 5. ↩︎
- Così si esprimeva Giovanni XXIII al n. 83 dell’Enciclica Pacem in Terris: «Non si dovrà mai confondere l’errore con l’errante, anche quando si tratta di errore o di conoscenza inadeguata della verità in campo morale religioso. L’errante è sempre ed anzitutto un essere umano e conserva, in ogni caso, la sua dignità di persona; e va sempre considerato e trattato come si conviene a tanta dignità». ↩︎