Coscienza e verità. 5ª Domenica di Pasqua (B)
L’unico modo per «avere la coscienza in pace» è rimanere nella Verità, ovvero: non interrompere il legame e il rapporto intimo con Dio.
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L’unico modo per «avere la coscienza in pace» è rimanere nella Verità, ovvero: non interrompere il legame e il rapporto intimo con Dio.
Se Dio non pone limiti o barriere alla Sua misericordia e al Suo Amore, dovremmo forse imporli noi? Eppure quante volte è accaduto e accade!
Solo imparando lo sguardo “dal basso” di Gesù, lo sguardo di misericordia, impareremo a vedere la verità di ogni persona al di là dei suoi errori.
Dalla supplica di Azaria possiamo imparare che se possiamo rivolgerci con fiducia a Dio è solo per amore del Suo nome e per la Sua fedeltà.
La Confessione non è un tribunale di condanna, ma di misericordia! Il confessore, come medico, deve guarire e come giudice deve assolvere.
Perché la nostra coscienza si convinca della grandezza della misericordia di Dio dobbiamo ripeterci spesso: «Dio è più grande del nostro peccato!»
La vergogna collettiva è il sentimento che potrebbe aiutare noi cristiani a recuperare il senso del dovere evangelico di essere «lievito nella pasta».
Conversione è allontanarsi dal male e dal peccato, ma noi siamo più inclini ad allontanarci dalla strada buona, perché ci costa fatica rimanerle fedeli.
Il segno di Giona non sono i tre giorni passati dal profeta nel ventre del pesce, ma l’infinita misericordia di Dio che avverte e perdona i peccatori.
La lacerazione del mantello del profeta Achia è la vivida rappresentazione di ciò che succede all’umanità quando perde il suo riferimento unico a Dio.