Non c’è trucco, non c’è inganno

Nessun inganno

Non è un inganno quello di Rebecca verso Isacco, ma il tentativo scaltro di orientare le cose secondo la volontà di Dio. Noi per cosa usiamo la nostra furbizia?

Omelia per sabato 8 luglio 2023

Letture: Gen 27,1-5.15-29; Sal 134 (135); Mt 9,14-17

Dal capitolo 24 di Genesi, il Lezionario salta a piè pari direttamente al capitolo 27: dal matrimonio di Isacco e Rebecca ci troviamo già con Isacco «vecchio e con gli occhi così indeboliti che non ci vedeva più», pronto a “passare il testimone”.

Taglia e cuci

Purtroppo, da oggi in poi, la lettura delle storie dei patriarchi viene tagliuzzata e “rammendata” alla bell’e meglio per cercare di portarci di corsa verso il racconto dell’Esodo.

E così, dopo aver seguito quasi passo passo le vicende di Abramo, sono del tutto ignorate quelle di Isacco, e anche le storie future di Giacobbe saranno solo accennate.

Letture sotto l’ombrellone

Perciò, ancora una volta, se avete del tempo libero quest’estate, vi suggerisco (anzi, vi supplico) di prendere in mano la Genesi e andare a leggere da soli le pagine saltate dalla Liturgia.

Non leggetele, però, come dei raccontini mitici, ma sempre come storie vere di uomini che hanno lasciato a Dio la possibilità di entrare nella loro vita e che hanno saputo rileggere le vicende della propria esistenza come visitate e guidate dalla mano sapiente del Signore.

Leggere con sapienza

Un valido aiuto alla lettura potrebbe essere quello di scegliere una buona edizione della Bibbia, con delle note minimali ma sufficientemente chiare, che aiutino a orientarsi nei passaggi più difficili e controversi.

Da parte mia, anche se un po’ costosa, vi consiglio la Bibbia di Gerusalemme (non è pubblicità-progresso: è quella che ho usato io nei miei studi teologici e che consulto tuttora).

Veniamo ora al brano odierno.

Circonvenzione d’incapace?

Letto così, di corsa, letteralmente e fuori dal suo contesto, non parrebbe altro che il racconto di una furbata bell’e buona architettata da una madre umanamente più affezionata al figlio minore (cfr Gen 25,28).

Travestimenti, menzogne, imbrogli, circonvenzione di incapace (e chi più ne ha, più ne metta)… e l’inganno è servito!

Ma quello che – letto così – sembra solo un’astuzia e cattiveria umana, in realtà è lo strano modo di realizzarsi del disegno di Dio.

Se vi ho chiesto di leggere anche le pagine che mancano c’è un motivo…

Tutto previsto

A metà del capitolo 25, infatti, così è narrata la nascita di Esaù e Giacobbe:

…Rebecca divenne incinta. Ora i figli si urtavano nel suo seno ed ella esclamò: «Se è così, che cosa mi sta accadendo?». Andò a consultare il Signore. Il Signore le rispose:

«Due nazioni sono nel tuo seno
e due popoli dal tuo grembo si divideranno;
un popolo sarà più forte dell’altro
e il maggiore servirà il più piccolo».

Quando poi si compì per lei il tempo di partorire… Uscì il primo, rossiccio e tutto come un mantello di pelo, e fu chiamato Esaù. Subito dopo, uscì il fratello e teneva in mano il calcagno di Esaù; fu chiamato Giacobbe (cfr Gen 25,19-26).

Insomma: non solo Dio sapeva già tutto (come è ovvio che sia), ma ne aveva informato pure Rebecca.

Non c’è inganno

Una delle spiegazioni del nome Giacobbe è legata al fatto che questi teneva il calcagno del fratello; invece, secondo Gen 27,36 e Os 12,4, fu chiamato così perché soppiantò il fratello.

Il riferimento è ad un altro “inganno” che Giacobbe avrebbe perpetrato ai danni di Esaù: quello del famoso piatto di lenticchie (cfr Gen 25,29-34).

Ma il testo di Genesi è chiaro nel dare la colpa a Esaù, per aver barattato, snobbato e svenuto un diritto così importante in cambio di un piatto di minestra:

A tal punto Esaù aveva disprezzato la primogenitura.

Nel brano odierno, tra l’altro, in gioco non c’è più la primogenitura (una questione di soldi, importanza e potere), ma la benedizione divina.

Dio sceglie i piccoli

Nessun inganno, quindi, ma tutto secondo i piani di Dio: scegliere di benedire il secondo fratello al posto del primo.

È la “regola generale” di Dio in tutta la Storia della Salvezza: privilegiare sempre i più piccoli, i meno appariscenti, invertire le classifiche e le scale di valori umane.

Scaltri come “serpenti”

Quanto alla furbizia e all’inganno di Rebecca che dire? Non avrebbe potuto semplicemente dire al marito Isacco quello che Dio aveva in mente?

Probabilmente ci avrà pure provato, ma Isacco avrà reagito con il solito «non se ne parla! Da che mondo è mondo si è sempre fatto così!», come i parenti di Elisabetta, madre del Battista:

«Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome» (cfr Lc 1,57-66).

L’unico modo di fare la volontà di Dio, perciò rimaneva un furbo inganno. Ma è una furbizia “santa” perché Rebecca stava cercando di attuare il disegno di Dio, e non pensava anzitutto a questioni di soldi e potere.

Cosa dice Gesù nella parabola dell’amministratore disonesto?

«I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce» (cfr Lc 16,1-9).

E quando invierà i Suoi discepoli in missione raccomanderà loro:

«siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe» (cfr Mt 10,16).

Furbi quando serve

Se siamo sinceri dobbiamo ammettere che noi, invece, facciamo l’esatto contrario: nella nostra vita ogni imbroglio e inganno sono buoni per cercare i nostri interessi, ma quando si tratta di “architettare” vie di santità alla ricerca della volontà di Dio siamo (o facciamo finta di essere) dei perfetti cretini.