Non sprecate parole. Imparare a pregare

Non sprecate parole
Commento alle letture di giovedì 16 giugno 2022

Le nostre preghiere spesso sono parole non solo sprecate, ma addirittura false, perché chiediamo a Dio cose che non vogliamo, e facciamo esattamente l’opposto.

Letture: Sir 48,1-14; Sal 96 (97); Mt 6,7-15

Il brano evangelico di oggi (una pericope inclusa a metà del brano ascoltato ieri, ma volutamente tagliata e tralasciata) inizia e termina con parole che è bene tenere a mente:

«Pregando, non sprecate parole come i pagani…»


«Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete…»

Sono parole da memorizzare e fissare bene nella mente e nel cuore: non solo perché sono parole di Gesù, ma soprattutto perché introducono e concludono il Padre Nostro, la preghiera che Nostro Signore ci ha insegnato e che ripetiamo più volte al giorno.

Parole pesanti

Oserei dire che se dimentichiamo quelle parole e non ne teniamo conto ogni volta che preghiamo il Padre Nostro stiamo probabilmente raccontando bugie e prendendo in giro il Signore.

Quante volte ci lamentiamo dicendo: «prego un sacco, ma il Signore non mi ascolta»?

Beh… forse perché non stiamo pregando veramente: non gli stiamo parlando sinceramente… Partiamo dalla conclusione del brano:

«Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe»

Gesù ci sta dicendo chiaramente che se non siamo disposti a perdonare le colpe dei nostri fratelli Dio non ci perdonerà le nostre…

C’è poco da girarci attorno: ogni volta che preghiamo il Padre Nostro con l’odio nel cuore per qualcuno, non stiamo pregando sinceramente, e non potremmo rivolgerci a Dio con quelle parole.

Sia fatta la… nostra volontà

Lo stesso discorso vale per tutte le richieste del Padre Nostro:

  • Possiamo dire «sia santificato il tuo nome» e poi bestemmiare, imprecare, parlare di Dio e di cose sacre invano, a vanvera?
  • Possiamo dire «venga il tuo regno», se in tutto quello che facciamo vogliamo essere noi i “re” e comandare, decidere, predisporre?
  • Possiamo dire «sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra» se ogni volta che un sacerdote prova a chiederci di vivere in modo cristiano ribattiamo con «qui il vangelo non c’entra!»?

In realtà – a parole – chiediamo un sacco di cose a Nostro Signore, ma – nella pratica – desideriamo e facciamo esattamente l’opposto!

Dovremmo riflettere prima di pregare: ci rendiamo conto che stiamo parlando con Dio e non con un assistente virtuale tipo Google Home, o Alexa o Siri?

Dio è una Persona, è nostro Padre! Voi andreste mai a chiedere un favore a vostro padre se l’aveste offeso pesantemente cinque minuti prima?!

Pregare è dialogare

Ecco perché importante non dimenticare il “prologo” del Padre Nostro:

«Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate».

Le nostre preghiere sono tutte parole sprecate, perché – come dicevo poco sopra – diciamo una cosa ma ne pensiamo, desideriamo e facciamo un’altra (esattamente l’opposto); perciò, non solo sono sprecate, ma anche false!

Pregare è fatto anche e soprattutto di ascolto, di silenzi, se no finiamo per fare la fine del fariseo fanfarone e presuntuoso della parabola (cfr Lc 18,9-14).

Parole di fuoco

In tal senso, penso che la prima lettura di oggi sia una buona introduzione al brano evangelico.

È un brano del libro sapienziale del Siracide, che riassume in pochi versetti le vicende dei profeti Elia ed Eliseo (le prime le abbiamo ascoltate nei giorni scorsi).

Di Elia il testo esordisce dicendo che «la sua parola bruciava come fiaccola». Questa affermazione non allude a dei “superpoteri” di cui il profeta era dotato, ma al fatto che ogni volta che apriva bocca il Signore lo ascoltava ed eseguiva quanto Gli chiedeva.

Questo non perché Dio fosse “asservito” ad Elia, ma perché quest’ultimo era davvero, in tutto e per tutto, e fino in fondo un “profeta“, ovvero uno che parlava sempre e solo a nome di Dio.

Infatti, il testo prosegue sottolineando spesso che la parola di Elia non era la sua, ma quella di Dio:

Per la parola del Signore chiuse il cielo
e così fece scendere per tre volte il fuoco…


Tu hai fatto sorgere un defunto dalla morte
e dagl’inferi, per la parola dell’Altissimo


Tu sul Sinai hai ascoltato parole di rimprovero,
sull’Oreb sentenze di condanna.

Pregare come i profeti

Per questo – se vogliamo pregare ed essere ascoltati – dobbiamo tutti diventare profeti.

Dobbiamo tutti mettere in pratica l’insegnamento di tanti Santi e Padri della Chiesa, che Dio ci ha fatto dono della parola per soli due motivi:

  1. parlare con Lui
  2. parlare di Lui.

Tutte le altre sono parole sprecate, e fuori luogo.