Basta con l’auto-esclusione! Solennità di Tutti Santi

Autoesclusione

Siamo tutti chiamati alla santità, nessuno escluso. Dobbiamo smetterla di pensare che i Santi siano una speciale “casta” alla quale dobbiamo guardare da lontano

Omelia per martedì 1° novembre 2022

Letture: Ap 7,2-4.9-14; Sal 23 (24); 1Gv 3,1-3; Mt 5,1-12

Ogni volta che leggo il brano proposto come prima lettura di oggi mi viene in mente la furbizia con la quale liquido i Testimoni di Geova che mi fermano nel tentativo di fare di me un loro proselito (pur vedendo chiaramente che sono un sacerdote).

Sì, perché – per chiudere alla svelta la questione – chiedo: «ma voi non affermate che in paradiso ci andranno solo in centoquarantaquattromila? E come fate a mettervi d’accordo, dato che siete quasi nove milioni? Fate a cazzotti? Sgomitate?»

Non ho tempo (e non è il caso) di aprire qui un approfondimento sugli errori dottrinali dei Testimoni di Geova (qualcosa potete trovare su Aleteia.org), ma la suggestione mi è utile per aprire questa breve riflessione.

Tutti segnati, nessuno escluso!

Centoquarantaquattromila è un numero simbolico: rappresenta le dodici tribù di Israele (l’antico popolo dell’Alleanza) moltiplicato per il numero degli apostoli, moltiplicato per mille (simbolo dell’eternità e della totalità).

È la moltitudine dei fedeli di Cristo, popolo di Dio, nuovo Israele. In soldoni: Dio vuole segnare tutti col Suo sigillo, non un numero definito e prestabilito.

La nostra fede afferma che il Signore non ha dei “prescelti”, ma ci vuole tutti con Lui, proprio tutti, nessuno escluso:

Dio, nostro salvatore vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità (cfr 1Tm 2,3-4)

Non a caso, la pagina dell’Apocalisse continua specificando che i Santi provengono da tutte le genti della terra, e sono

una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani.

Un errore anche nostro

Credere che i Santi siano una specie di “setta” o una congrega dei “perfetti”, di pochi prescelti, non è un errore solo dei Testimoni di Geova o di altre sette religiose: è spesso una convinzione anche di noi cattolici.

Infatti – come dicevo nella riflessione di tre anni fa – facciamo sempre lo sbaglio di mettere la Madonna e i Santi in una bella nicchia illuminata, da guardare dal basso verso l’alto.

A questa cosa ha senz’altro contribuito una certa letteratura agiografica, spesso condita di racconti leggendari che rasentavano la favolistica, dipingendo i Santi come dei superman dotati di poteri e virtù straordinarie che normalmente sono negate ai “comuni mortali”.

Un errore voluto

Ma anche dopo aver recuperato una visione più realistica attraverso lo studio critico dei documenti, rimane in noi la tentazione di continuare a dipingere i Santi come modelli irraggiungibili.

E mi pare che questa ostinazione non sia più dovuta a un errore di sguardo e valutazione, ma una sorta di “errore voluto”, o meglio: una vera e propria volontà di auto-esclusione.

Non sono i Santi ad essere irraggiungibili: siamo noi a non volerli raggiungere!

Intendo dire che – anche se oggi abbiamo tutti gli strumenti per capire che vivere da santi è alla portata di tutti – preferiamo ostinarci ad affermare che noi non siamo e non saremo mai nel numero degli eletti, anzi: ci sta bene non esserlo.

Primi in tutto fuorché nella santità

Ci piace essere i “primi della classe” in tutto, fuorché nella santità: primi nella ricchezza, primi nello sport, primi nella fama… ma non nel cammino di fede.

Quando si tratta di vita spirituale, ci accontentiamo del minimo indispensabile, perché è più facile vivere nella mediocrità, no? Tanto non c’è nessuno che ci giudica come credenti: né la moda, né la società, né i social media.

E se per caso i preti ci ricordano che siamo sotto lo sguardo di Dio Padre, e che Lui desidera per noi il meglio, ci lamentiamo nella stessa maniera dei figli quando si sentono oppressi e vessati dai genitori che vorrebbero per loro un futuro di successo e li immaginano medici, avvocati, scienziati…

Nel Padre Nostro diciamo ogni giorno al Signore «sia fatta la tua volontà», ma quando scopriamo che la Sua volontà è il nostro essere santi, allora rispondiamo «tutto ma non questo!»

Anche a Dio diciamo: «lasciami vivere la mia vita in santa pace, come voglio io!»

Il triste baratto

Oppure ci pariamo dietro le scuse che tanto il Signore è buono, comprensivo, misericordioso… e quindi anche Lui si dovrebbe “accontentare” delle piccole e poche cose che facciamo per dovere e abitudine.

Nel nostro essere cristiani ci accontentiamo di essere figli di un dio minore e – di conseguenza – figli di “serie B”.

Pur di non fare rinunce e sacrifici, di evitare «la grande tribolazione» (di cui parla la prima lettura), siamo ben disposti a farci millenni di Purgatorio.

Non ci credete? Mi è capitato di ascoltare la confessione di un signore che – sostanzialmente – chiedeva a Dio di fare una sorta di “baratto”, pur di poter continuare a soddisfare alcuni vizi di cui riteneva di avere assoluto bisogno!

Questo atteggiamento mi ricorda tanto quello del figliol prodigo, che – pur di potersi divertire fino all’esaurimento dei suoi averi – era disposto a rinunciare al suo essere figlio:

«andrò da mio padre e gli dirò: Padre… non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati» (cfr Lc 15,18).

Il primo passo verso la Santità

Alla fine di questa riflessione dal gusto un po’ amaro, ci rendiamo conto che il primo passo che dobbiamo compiere (e siamo invitati a compiere) è una vera conversione dalla mediocrità all’eccellenza, dal guardare il nostro ombelico al volgere lo sguardo al Cielo, ricordandoci che non siamo destinati a rimanere per sempre su questa terra, ma siamo attesi in Paradiso:

Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra (Col 3,1-2).

Dobbiamo smetterla di auto-escluderci dal numero degli eletti, di “chiamarci fuori” dal “gioco” della santità, e farci venire la voglia di vivere da santi.

Lo scopo delle feste dei Santi

È questo lo scopo del celebrare i Santi nella Liturgia, come ci ricorda san Bernardo in uno dei suoi celebri discorsi:

A che serve dunque la nostra lode ai santi… e questa stessa nostra solennità?

I santi non hanno bisogno dei nostri onori e nulla viene a loro dal nostro culto. È chiaro che, quando ne veneriamo la memoria, facciamo i nostri interessi, non i loro.

Non siamo chiamati a fare salamelecchi e sbrodolate celebrazioni di cui loro non hanno alcun bisogno, ma a guardarli come esempi da seguire e invito a destarci dalla nostra sonnolenza spirituale. Continua – infatti – san Bernardo:

Ci attende la primitiva comunità dei cristiani, e noi ce ne disinteresseremo?

I santi desiderano di averci con loro e noi ce ne mostreremo indifferenti?

I giusti ci aspettano, e noi non ce ne prenderemo cura?

No, fratelli, destiamoci dalla nostra deplorevole apatia. Risorgiamo con Cristo, ricerchiamo le cose di lassù, quelle gustiamo.

Una santità quotidiana

Per vivere da santi non immaginiamo di doverci mettere a fare cose eroiche: prima di tutto cerchiamo di farci venire la voglia di essere santi, come tanti nella storia hanno fatto, e ripetiamoci come un mantra

«Voglio farmi santo!»

Così hanno fatto ragazzini come Domenico Savio e Carlo Acutis, ma anche tanti altri.

Una volta che avremo instillato in noi questo desiderio in modo sincero saremo già sulla buona strada per intraprendere il cammino della santità nelle cose più quotidiane. Lo riassumo con le poche parole che san Giovanni Bosco consigliò a Domenico Savio quando questi gli manifestò il suo desiderio di farsi santo:

Ti voglio regalare la formula della santità. Stai attento…

Primo: allegria. Ciò che ti turba e ti toglie la gioia non viene dal Signore…

Secondo: doveri di studio e di attenzione a scuola, impegno nello studio, impegno nella preghiera. Tutto questo non farlo per ambizione, per sentirti lodare, ma per amore del Signore e per diventare un uomo…

Terzo: far del bene agli altri. Aiuta i tuoi compagni sempre, anche se ti costa sacrificio. La santità è tutta qui.