Incomprensibile è la volontà di Dio o la nostra “fede”?

Incomprensibile volontà di Dio: il sacrificio di Isacco

Spesso diciamo che la volontà di Dio è incomprensibile. Ma siamo proprio sicuri che quella che chiamiamo Sua volontà non siano nostre idee distorte su di Lui?

Commento alle letture di giovedì 6 luglio 2023

Letture: Gen 22,1-19; Sal 114 (115); Mt 9,1-8

Credo non esista una pagina più drammatica e incomprensibile di questa in tutto l’Antico Testamento.

Se già ieri ci siamo sentiti solidali con Abramo nel provare dolore per la richiesta della moglie Sara di scacciare Agar e Ismaele, come ci sentiremo oggi, percorrendo con lui il doloroso cammino verso il luogo del sacrificio di Isacco?

Nei panni di Abramo si trema

Fare la “composizione di luogo” su questa pagina crea sgomento a chiunque, anche ai grandi pensatori e letterati, anzi: forse soprattutto a loro (come accennavo mercoledì scorso, è proprio su questo testo che il grande filosofo cristiano Søren Kierkegaard scrisse Timore e tremore, una delle sue principali opere).

È un testo che ci stringe un nodo in gola, specialmente il passaggio in cui Isacco si rivolge al padre domandando:

«Padre mio! …Ecco qui il fuoco e la legna, ma dov’è l’agnello per l’olocausto?»

Oltre allo sgomento e al tremore, però, una pagina come questa rischia di far sorgere interrogativi che mettono a dura prova la nostra fede e incrinano l’immagine di un Dio misericordioso e pietoso… perciò è il caso di approfondire il senso di questo racconto.

Cerchiamo di capire

La storia di Abramo si colloca in un contesto preciso, segnato da forme di religiosità pagana: i popoli della terra di Canaan in cui stava per insediarsi praticavano sacrifici umani (è un fatto largamente attestato).

Le divinità cananee, ai loro “sudditi” chiedevano in sacrificio i figli!

La cosa ci fa orrore, e ci scandalizza il fatto che il nostro Patriarca possa aver anche solo “sfiorato” col pensiero quella possibilità, considerando il suo rapporto con Dio.

In questo frangente, Abramo è chiamato a scoprire che il suo Dio, Jawhé, è totalmente diverso dalle divinità dei Cananei.

E noi, con Abramo, siamo chiamati a scoprire il vero volto di Dio, quello che ci ha rivelato Gesù Cristo.

Il vero volto di Dio

Chi ha scritto questo testo ha preso l’occasione dei tormenti interiori di Abramo per rivelarci il vero volto di Dio e spiegare il significato del sacrificio di riscatto che ritroveremo nel libro dell’Esodo (là motivato con l’uccisione dei primogeniti degli Egiziani e la salvezza di quelli degli Ebrei: cfr Es 13,1-2.8.11-16).

Ma, anche se sostituito dal riscatto tramite una vittima animale, per noi rimane incomprensibile un Dio che per la Sua benevolenza ci chiede in cambio qualcosa, e in anticipo.

Si tratta comunque della vita di essere innocenti, per quanto animali e non esseri umani (non apro la spinosa questione delle polemiche animaliste che insorgono ogni anno a Pasqua per la tradizione del consumare carne di agnello).

Incomprensibile, ma non più di tanto

Giudichiamo incomprensibile il Dio dell’Antico Testamento ma – se ci pensiamo bene – questa idea (seppur con le dovute trasposizioni metaforiche) è ancora latente in una religiosità idolatrica e pagana che si annida nel nostro profondo.

Quante volte ragioniamo come se il nostro rapporto con Dio sia un “dare-avere”?

«Ho pregato tanto, ho partecipato a tutte le Messe, ho fatto un sacco di carità… e per una volta che chiedo io qualcosa al Signore, Lui non mi ascolta!»

Quanti “cristiani devoti” dell’era moderna interpretano l’idea di “sacrificio” come un prezzo da pagare a un “dio” sempre “assetato di sangue” e della nostra felicità?

Quante volte – allargando le braccia – diciamo «sia fatta la Sua volontà!», intendendo sempre che la volontà di Dio sarebbe la nostra sofferenza?

E quante persone – allontanatesi da questa orribile e incomprensibile immagine di Dio – scelgono di “sacrificare” a ben peggiori idoli moderni (lavoro, successo, fama) la possibilità di fare famiglia e avere figli (oppure rifiutano con l’aborto quelli che potrebbero nascere)?

Parola di Dio scritta da uomini

Tornando al nostro brano, ricordo ancora una volta – come faccio sempre – che la Bibbia (in particolare l’Antico Testamento) è Parola di Dio scritta da uomini che – seppur ispirati – hanno solo intravisto la Verità attraverso il velo delle proprie fragilità umane (cfr 2Cor 3,7-18).

Perciò, il dialogo iniziale tra Dio e Abramo, in realtà, non è altro che il monologo interiore di ogni “uomo di fede” che si chiede:

«ora cosa devo dare in cambio al Signore per quello che mi ha dato?»

La fede è un cammino

Per Abramo (e per noi) c’è bisogno di un cammino di tre giorni e di “salire in alto” per cominciare a intravvedere il vero volto di Dio e capire la Sua volontà; un cammino aperto comunque alla speranza e all’impossibile:

Abramo rispose: «Dio stesso si provvederà l’agnello per l’olocausto, figlio mio!»

Come dice la Lettera agli Ebrei:

Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe anche come simbolo (Eb 11,19).

Così, la parte finale del racconto rappresenta il momento in cui Dio riesce finalmente a squarciare il cuore di Abramo e a fargli sentire la Sua vera voce:

«Abramo, Abramo! …Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito».

Dio si rivela per quello che è veramente: per questo, Abramo chiama «il Signore si fa vedere» il monte in cui ha conosciuto il vero volto di Dio.

Dio non ha bisogno di metterci alla prova

Dio conosce già tutto: passato, presente e futuro, e soprattutto legge nel nostro cuore la sincerità della nostra fede in Lui.

Non aveva bisogno di mettere alla prova la fede di Abramo e non ha bisogno di saggiare la nostra.

Dio non ci chiede prove di lealtà o sacrifici; e soprattutto non è un dispettoso che prima ti fa un regalo (il figlio nato miracolosamente in vecchiaia) e poi te lo richiede indietro!

Dio non chiede nulla: solo dà

Dio non fa come noi, che applichiamo in ogni cosa la legge del do ut des: Dio dona gratuitamente, e dona Se stesso.

E – se proprio c’è da sacrificare un figlio – non chiede il tuo, ma sacrifica il Suo, come ci ricorda l’apostolo Paolo:

«Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui?» (cfr Rm 8,31-32)

Allegoria di Cristo

È Cristo l’Agnello che Dio ha provveduto per l’olocausto: è l’altare, la vittima e il sacerdote che ha reso inutili tutti i sacrifici, avendo offerto Se stesso come vittima una volta per tutte (cfr Rm 6,10; Eb 7,27; Eb 10,1-22).

I Padri della Chiesa ci aiutano a rileggere questa pagina come allegoria della vicenda di Gesù: in Isacco caricato della legna per il sacrificio, siamo invitati a vedere Cristo, caricato della croce, che sale al Calvario per offrire se stesso a Dio in sacrificio di soave odore (cfr Ef 5,2).

Scendere dal monte rinnovati

Abramo era salito al monte convinto che Dio pretendesse qualcosa da lui, e invece ne discende con un dono, una promessa… non più solo un figlio, ma un’intera discendenza:

«Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare…»

Anche noi dobbiamo “scendere dal monte” dell’incontro con Dio con una nuova consapevolezza: il Signore non vuole nessuna vita, nessun sacrificio; Dio non ci chiede nessuna prova di fede, nessun prezzo da pagare.

Smettiamola di chiamare “volontà di Dio” le croci che dobbiamo portare, le sofferenze della nostra vita!

Quelle fanno parte della nostra natura di creature, segnata dalla fragilità e dalla povertà di cui siamo rivestiti, ma non è Dio a mandare sventure.

Anzi: incarnandosi in Gesù, Dio è venuto a rivestire la nostra stessa fragilità e si è fatto solidale con noi per dimostrarci tutto il Suo Amore e assicurarci che non siamo soli a salire il Calvario.

Qual è la volontà di Dio?

Gesù ci ha detto chiaramente qual è la volontà del Padre Suo:

«questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (Gv 6,39-40).

Se abbiamo conosciuto Cristo dovremmo aver conosciuto anche il vero volto di Dio (cfr Gv 14,9), e non possiamo più dire che la volontà di Dio è incomprensibile.

Tutt’al più, incomprensibile è che noi siamo ancora così “pagani” da covare nel cuore un’immagine di Dio più simile a quella che avevano i cananei che non a quella conosciuta dal nostro Padre Abramo e rivelataci pienamente in Gesù!